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giovedì 12 agosto 2010

Ciancimino abbandona Palermo



MAFIA. «Hanno vinto loro, io esco di scena». La lettera con un proiettile di kalashnikov e minacce nei confronti del figlio di Massimo Ciancimino, Vito Andrea di cinque anni, ha sortito il primo effetto.

«Hanno vinto loro, io esco di scena». La lettera con un proiettile di kalashnikov e minacce nei confronti del figlio di Massimo Ciancimino, Vito Andrea di cinque anni, ha sortito il primo effetto. Nella missiva, recapitata lunedì mattina nell’abitazione palermitana della famiglia Ciancimino, si leggeva: «Le colpe dei padri infami e traditori ricadranno sui figli. Lei e i suoi complici siete stati avvisati da troppo tempo. Lei e i suoi amici magistrati sarete la causa di tutto».

Da qui la decisione più estrema, dopo che in un primo momento Ciancimino jr aveva annunciato che non avrebbe risposto più ai magistrati. «È una vigliaccata, prendersela con un bambino di cinque anni – ha detto a caldo Massimo Ciancimino – Non renderò più interrogatori, chiederò anche il ritiro del mio libro (Don Vito, scritto con il bravo giornalista Francesco La Licata, uno dei massimi esperti di mafia in Italia)». Ora, il testimone di mafia ha gettato la spugna. E ieri ha lasciato Palermo con la famiglia: «D’ora in poi, starò in silenzio, così divento anche io un eroe, come quelli che vengono esaltati da qualcuno».

L’ultima uscita pubblica è stata il 5 agosto. Nel corso della rassegna Cortina Incontra, il figlio dell’ex sindaco di Palermo e affiliato di Cosa nostra Vito ha detto di conoscere il nome del “signor Franco”, l’uomo dei servizi segreti che avrebbe svolto un ruolo di collegamento tra Stato e mafia all’inizio degli anni Novanta.

«Conosco il suo nome e l’ho già riferito alla magistratura – ha detto Ciancimino -. Non tutto quello che viene scritto sui giornali – ha aggiunto – corrisponde al contenuto delle mie dichiarazioni. Io ho dato volto e nome a questo personaggio ed ora, in qualità di teste, sto lavorando con la magistratura per mettere a fuoco il personaggio».

Un lavoro interrotto in maniera brusca e traumatica. Nella stessa occasione, Ciancimino aveva raccontata della vergogna per il nome che porta: «La decisione principale per cui ho deciso di raccontare quanto so e di scrivere questo libro (sempre riferito a “Don Vito”) è di evitare che mio figlio provi un sentimento simile nei miei confronti».

DI : Vincenzo Mulè

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