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martedì 1 febbraio 2011

Dieci passi nel Futuro


Jeremy Rifkin


Dieci passi nel Futuro


La terza rivoluzione industriale rende possibile una nuova Europa sociale nel ventunesimo secolo. Il sogno europeo è il fulcro della nuova Europa sociale.

La terza rivoluzione industriale rende possibile una nuova Europa sociale nel ventunesimo secolo. Il sogno europeo è il fulcro della nuova Europa sociale. La maggior parte degli europei sperano soprattutto in una nuova Europa sociale fondata sulla “qualità della vita”. Il sogno europeo sottolinea i diritti umani e sociali in un quadro di equilibrio tra modelli sociali e di mercato e con prospettive di cooperazione e di pace.

Il sogno di una Europa sociale è al momento minacciato dall’incremento dei prezzi del petrolio e del gas e dagli effetti del cambiamento climatico sulle comunità e sugli ecosistemi del continente.
Presupposto di tutto è la terza rivoluzione industriale senza la quale è impossibile una nuova Europa sociale. La terza rivoluzione industriale e la nuova Europa sociale garantiranno all’Europa cinquant’anni di integrazione.

È necessaria ora una chiara agenda politica che consenta alla Commissione Europea di proseguire la realizzazione del progetto europeo. La nuova Europa sociale poggia su dieci pilastri ciascuno dei quali ha come presupposto la terza rivoluzione industriale:
1) Un livello di vita sostenibile: l’incremento di lungo periodo dei prezzi del gas e del petrolio e i crescenti effetti del cambiamento climatico su settori commerciali che vanno dall’agricoltura al turismo, stanno gia’ producendo conseguenze pesanti sul livello di vita di milioni di europei. I prezzi dei prodotti alimentari sono in continua ascesa e lo stesso dicasi per i servizi e per i prodotti di largo consumo.
Negli anni a venire la situazione non può che peggiorare mettendo in pericolo il sogno di una nuova Europa sociale. I governi, il mondo finanziario e imprenditoriale e la società civile debbono mobilitarsi insieme per passare a nuove forme di energia.

2) L’effetto di moltiplicatore economico: la transizione verso la terza rivoluzione industriale comporterà una riconfigurazione globale delle infrastrutture europee con la creazione di milioni di posti di lavoro e di nuovi beni e servizi con un effetto di moltiplicatore economico che si farà sentire fino alle seconda metà del ventunesimo secolo. Saranno necessari massici investimenti nelle energie rinnovabili, dovremo ristrutturare milioni di edifici trasformandoli in vere e proprie centrali elettriche e impianti di produzione di energia e saremo costretti ad abbandonare la tecnologia obsoleta delle automobili alimentate dal motore a combustione interna.

3) Nuovi lavori e modelli imprenditoriali per il ventunesimo secolo : il rifacimento delle infrastrutture europee e l’ammodernamento dell’apparato industriale comporterà una massiccia operazione di riqualificazione dei lavoratori europei come già avvenne all’inizio della prima e della seconda rivoluzione industriale. La forza lavoro della terza rivoluzione industriale dovrà essere esperta di energie rinnovabili, di edilizia verde, di tecnologia dell’informazione, di nano-tecnologie, di chimica sostenibile, di gestione di griglie energetiche digitali, di mezzi di trasporto alimentati ad energia elettrica e idrogeno e di centinaia di altre tecnologie. Imprenditori e manager dovranno conoscere nuovi modelli di impresa, tra cui il commercio open-source e networked, la ricerca distribuita e collaborativa e le strategie di sviluppo, la logistica sostenibile a basso impiego di carbone e la gestione delle catene di approvvigionamento.

4) Migliorare la sicurezza energetica dell’Europa: la Ue ha cominciato ad occuparsi di sicurezza energetica con la creazione della Comunità Europea Carbone e Acciaio e l’introduzione del progetto Euratom. L’Europa dovrà creare un regime di energia rinnovabile autosufficiente e diffuso capillarmente che sia in grado di garantire l’indipendenza energetica. Un sistema integrato europeo consentirà a ciascun Paese della Ue di produrre l’energia di cui ha bisogno e di distribuire agli altri Paesi l’eccesso di produzione.

5) Realizzare l’Agenda di Lisbona e diventare l’economia più competitiva del mondo: l’industria europea dispone di un know-how scientifico, tecnologico e finanziario tale da aprire la strada alle energie rinnovabili, all’edilizia verde, all’economia fondata sull’idrogeno e da avviare il mondo verso una nuova era economica.
L’industria automobilistica, quella chimica, quella manifatturiera, quella informatica e delle comunicazioni, le industrie bancaria e assicurativa sono in grado di dare impulso alla terza rivoluzione industriale. Inoltre la Ue è il più grosso mercato mondiale per l’energia solare ed è leader mondiale nella produzione di energia eolica. Resta solo alla Ue il compito di creare un mercato unico e integrato dell’energia. Pur essendo potenzialmente il più grande mercato interno del mondo con i suoi 500 milioni di consumatori e altri 500 milioni di consumatori nelle zone associate che abbracciano il Mediterraneo e il Nord Africa, la Ue non ha ancora creato infrastrutture logistiche efficienti con una comune griglia di trasporti, di comunicazioni e di energia.

6) Dare più potere alla gente e promuovere una rete europea: la terza rivoluzione europea porta ad una nuova Europa sociale nella quale il potere sarà più capillarmente diffuso in modo da incoraggiare nuovi livelli di collaborazione tra i suoi 500 milioni di cittadini. Nella nuova era, imprese, enti locali e proprietari di abitazioni diventeranno produttori oltre che consumatori di energia - stiamo parlando della cosiddetta “generazione distribuita”.
Così come nel decennio scorso la rivoluzione della “comunicazione distribuita” ha allargato le menti e ha democratizzato le comunicazioni, la terza rivoluzione industriale intende democratizzare l’energia. La democratizzazione dell’energia diventa un punto focale della nuova Europa sociale e l’accesso all’energia diventa un diritto fondamentale inalienabile dell’era della terza rivoluzione industriale. Nel ventesimo secolo abbiamo assistito all’allargamento della partecipazione politica e ad un più diffuso accesso all’istruzione e all’economia per milioni di europei. Nel ventunesimo secolo anche l’accesso all’energia diventerà un diritto sociale ed umano.

7) L’istruzione nel ventunesimo secolo: La prima e la seconda rivoluzione industriale furono accompagnate da profonde trasformazioni dei sistemi scolastici. Anche la terza rivoluzione industriale comporterà una radicale riforma della scuola per preparare le future generazioni a lavorare e vivere in un mondo post-carbone. Le scuole e le università dovranno insegnare prevalentemente informatica, bio e nano-tecnologie, scienze della terra, ecologia, teoria dei sistemi, modelli di apprendimento open-source e capitale sociale. Dovremo educare i nostri figli a pensare come cittadini globali e prepararli a passare dalla tradizionale geopolitica del ventesimo secolo alla politica della biosfera globale del ventunesimo secolo. L’istruzione riguarderà il compito di tutelare la salute della biosfera del pianeta e di promuovere gli ecosistemi regionali.

8) Una qualità della società della vita umana: nella nuova Europa sociale del ventunesimo secolo, l’opportunità economica del singolo diviene parte di una più ampia visione sociale che punta a creare una qualità della società della vita umana. I tradizionali indicatori economici del ventesimo secolo che sottolineano il prodotto interno lordo e il reddito pro capite saranno affiancati da indicatori altrettanto importanti sulla qualità della vita, sui diritti umani e sociali, sul livello di istruzione, sulla salute, sulla sicurezza delle comunità, su un giusto rapporto tra lavoro e tempo libero e sulla qualità dell’ambiente. Nella terza rivoluzione industriale motori della qualità della società della vita umana sono il potere distributivo e le comunità sostenibili.

9) Ripensare la globalizzazione dal basso: la transizione, che durerà mezzo secolo, dalla seconda alla terza rivoluzione industriale modificherà profondamente il processo di globalizzazione. A risentirne maggiormente saranno probabilmente i Paesi in via di sviluppo. Può sembrare incredibile ma oltre la metà degli abitanti del pianeta non ha mai fatto una telefonata e un terzo non dispone di corrente elettrica, la qual cosa funge da moltiplicatore della povertà. L’accesso all’energia garantisce maggiori opportunità economiche. Se milioni di individui e comunità diventassero produttori dell’energia che consumano, le conseguenze sarebbero enormi e cambierebbe anche la geografia del potere. Le comunità locali sarebbero meno soggette alla volontà di centri di potere lontani. Le comunità potrebbero produrre beni e servizi sul luogo e venderli in tutto il mondo. È questa l’essenza della politica dello sviluppo sostenibile e di una globalizzazione ripensata dal basso.

10) Il lascito dell’Europa, un pianeta sostenibile: nel 1960 il presidente Kennedy invitò la generazione americana del baby boom ad aiutarlo a portare un uomo sulla luna entro dieci anni e ad esplorare lo spazio. Nel ventunesimo secolo l’Europa deve svolgere un ruolo guida nella salvezza della biosfera sulla terra.
Per passare dalla seconda alla terza rivoluzione industriale è necessario un piano di transizione di lungo periodo e attentamente studiato. L’Unione Europea lo sa e si è impegnata a seguire un processo che poggia su due pilastri: 1) incrementare l’efficienza energetica e ridurre del 20% l’uso di carbone entro il 2020 e 2) centrare l’obiettivo del 20% di energie rinnovabili e posare le basi della terza rivoluzione industriale entro la prima metà del ventunesimo secolo.

Jeremy Rifkin è presidente della Foundation on Economic Trends con sede a Washington e insegna all’Università di Pennsylvania
(Traduzione di Carlo Biscotto)

di Jeremy Rifkin

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