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lunedì 21 marzo 2011

GUATEMALA: comunita' MAYA contro abusi ENEL


URGENTE DAL GUATEMALA SOLDATI IN ASSSETTO DI GUERRA CIRCONDANO E MINACCIANO LA COMUNITÁ MAYA DI SAN FELIPE CHENLA CHE STA PROTESTANDO CONTRO GLI ABUSI DELL'IMPRESA ITALIANA ENEL


QUESTO É UN ARTICOLO DI DUE PAGINE CHE RIASSUME QUANTO É SUCCESSO E GLI ULTIMI EVENTI. PREGO TUTTI DI DIFFONDERE QUESTA NOTIZIA IN ITALIA.... E CHIEDO CHI NE AVESSE LA POSSIBILITÁ DI FARE IN MODO CHE SI FACCIA UNA INVESTIGAZIONE DEI FATTI CHE STANNO SUCCEDENDO QUI, SOPRATTUTTO DEL LIVELLO E DEL TIPO DI RESPONSABILITÁ DELLE AUTORITÁ DIPLOMATICHE E DEGLI IMPRENDITORI ITALIANE.



OLTRE ALLE COMUNITÁ IXIL, VARIE PERSONE, IO COMPRESA, SONO IN PERICOLO IN QUESTO MOMENTO ED HANNO RICEVUTO MINACCE DIRETTE DAL GOVERNO DEL GUATEMALA ... MA SOPRATTUTTO DA FUNZIONARI DELL'ENEL E DELL'AMBASCIATA ITALIANA..... ANCHE SOLO PER FAR CONOSCERE LA SITUAZIONE...


RINGRAZIO FIN D'ORA PER LA VOSTRA SOLIDARIETÁ


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Oggi, venerdì 18 marzo nelle prime ore del pomeriggio 500 soldati vestiti in assetto di guerra con passamontagna e le forze antisommossa hanno occupato la comunità indigena maya ixil di San Felipe Chenla, municipio di Cotzal, Quiché, Guatemala, che dal 3 gennaio sta protestando contro la ENEL perché si oppongono alla costruzione della centrale idroelettrica di Palo Viejo all’interno della Finca San Francisco di proprietà del latifondista Pedro Broll. L’ENEL (Green Power) e l’ambasciata italiana si rifiutano di dialogare con la comunità di San Felipe Chenla. L’ambasciata italiana ed i dirigenti dell’ENEL si sono rifiutati di visitare la comunità ixiles nonostante abbiano ricevuto vari inviti, e al contrario hanno rivolto minacce e intimidazioni di vario tipo contro le comunità indigene locali e contro persone che promuovono il rispetto e difendono i diritti umani fondamentali ed i diritti collettivi dei popoli indigeni.

Come all’epoca del conflitto armato interno, durante il quale , soprattutto negli anni ottanta, tutto l’altipiano maya è stato messo in ginocchio, e che è stato teatro di massacri, torture, distruzione, assassinii da parte dello Stato, le comunità maya hanno visto arrivare oggi centinaia di soldati e sono terrorizzate.

Tre elicotteri civili e due militari hanno sorvolato per tutto il pomeriggio la comunità a bassa quota: le persone della comunità sono disperate perché l’esercito circonda la comunità, nascosti tra gli arbusti.

La popolazione si sta infuriando contro la polizia ed i soldati… ed il rischio è che la polizia ed i soldati commettano un massacro. Nel pomeriggio si sono riuniti gli abitanti di 32 comunitá del comune di Cotzal che hanno chiesto all’esercito di ritirarsi. Davanti a tutti loro i bambini e le bambine hanno difeso la loro comunità urlando all’esercito di ritirarsi. Secondo le testimonianze dei presenti, … alcuni soldati volevano lanciare contro i bambini il gas lacrimogeno, mentre altri hanno deciso che per il momento fosse meglio ritirarsi e continuare a circondare la comunità. Non si sa cosa succederà nelle prossime ore … soprattutto durante la notte. Pare che i soldati abbiano detto che devono eseguire un ordine di cattura contro il signor Concepción Canaj Gomez, che è il sindaco indigeno della comunità: se questo ordine di cattura venisse eseguito sarebbe un ulteriore violazione ai diritti dei popoli indigeni e il signor Canaj sarebbe un altro dei prigionieri politici del governo di Colom come i lider della comunità di San Juan Sacatepequez o il signor Ramiro Choc in Izabal.

Intanto il governo ha diffuso un comunicato estremamente minaccioso dove afferma di aver istituito le necessarie commissioni di dialogo e che le azioni che stanno promovendo alcune organizzazioni “radicali” sono fuori legge e saranno punite: i loro dirigenti saranno arrestati. Questa criminalizzazione, che è iniziata fin dall’inizio del governo di Alvaro Colom e che è aumentata sempre di più include censura, minacce alle attività di chi difende i diritti umani e va contro a tutte le convenzioni internazionali in questa materia e alle raccomandazioni che proprio una settimana fa ha fatto il relatore per i diritti dei popoli indigeni Jaime Anaya. L’atteggiamento repressivo del governo contro la popolazione indigena e la militarizzazione delle comunità maya che lottano pacificamente per i propri diritti sono state ritenute inadeguate addirittura dall’ambasciatore statunitense McFarland (che recentemente ha visitato la regione ixil)

PERCHÉ SI È ARRIVATI A QUESTA SITUAZIONE: l’ENEL aveva ricevuto nei mesi passati il permesso di realizzare la centrale idroelettrica direttamente dal sindaco del municipio di Cotzal, José Chen, che in questo momento è latitante perché oltre ad aver gestito in maniera non trasparente i fondi donati dall’ENEL al Comune di Cotzal per la realizzazione di progetti sociali, questo signore ha un ordine di cattura per un caso di omicidio accaduto il 1 novembre del 2009. L’ENEL ed il sindaco di Cotzal non hanno rispettato le procedure previste dalla convenzione 169 dell’OIT (Organizzazione Internazionale del Lavoro) che indicano che PRIMA di iniziare questo tipo di attività in una zona a prevalenza indigena si DEVE realizzare un procedimento di CONSULTA, vale a dire dialogo, concertazione con le comunità indigene locali e non si può iniziare nessun progetto o firmare nessun contratto fino a quando non si è arrivati a un accordo con le comunità indigene.




Il governo del presidente Alvaro Colom, d’accordo con la ditta ENEL GREEN POWER e con l’ambasciata italiana promosso un dialogo che le comunità indigene hanno considerato illegittimo perché ha escluso vari settori della popolazione e varie comunità, ed ha contribuito a dividere tra loro le comunità (fatto questo condannato dal convenio 169 e dalla convenzione contro la discriminazione e il razzismo CERD).

Nel momento in cui la comunità di San Felipe Chenla ha iniziato, a partire dal 3 gennaio di quest’anno, 2011, una protesta pacifica, le autorità guatemalteche hanno utilizzato il pretesto di iniziare a cercare il signor Chen per occupare in tre occasioni la regione ixil utilizzando piú di 1000 soldati con il risultato di spaventare le comunità indigene che sono state in passato vittime impotenti dell’esercito del Guatemala.

Le comunità locali, amministrate secondo le usanze indigene maya da un consiglio di anziani (autorità indigene), hanno deciso di chiudere la strada che attraversa la loro comunità per impedire ai camion che stanno trasportando il materiale necessario per la costruzione delle istallazioni della centrale idroelettrica Palo Viejo passino fino a quando l’ENEL e l’ambasciatore italiano non parleranno con loro in maniera pacifica, e non si decideranno a rispettare la convenzione 169 dell’OIT (Organizzazione Mondiale del Lavoro). Questa protesta, che implica la chiusura di una strada pubblica, è fatta in ottemperanza all’articolo 45 della costituzione guatemalteca che prevede che la popolazione ha il diritto di resistere pacificamente quando lo stato agisce contro il suo interesse. Nonostante questo il governo del Guatemala sta criminalizzando questo tipo di proteste (che da sempre si svolgono in questa maniera in Guatemala … e che anzi il governo stesso appoggia, promuove e finanza quando gli conviene, trasportando con fondi pubblici, gruppi di popolazione povera affinché svolgano proteste nelle strade della capitale, che sono anch’esse strade pubbliche ).

L’ambasciata italiana ed i dirigenti dell’ENEL hanno auspicato l’intervento del governo per ristabilire “lo stato di diritto” e garantire i loro investimenti e da varie settimane avevano affermato che i responsabili di bloccare la strada e tutti coloro che li stavano appoggiando sarebbero stati perseguiti dalla legge e dall’esercito, secondo quanto aveva assicurato loro il presidente Colom.

Vale a dire che non solo il governo del Guatemala, ma anche il nostro paese, l’Italia, tutti noi, saremo responsabili di quanto è accaduto oggi e di quanto accadrà nei prossimi giorni nelle montagne del Quiché. Tutti i detenuti politici, i bambini e le donne, gli uomini, ancora una volta terrorizzati dalla violenza militare, tutte le persone ferite, picchiate o uccise nei prossimi giorni nelle montagne del Quiché saranno detenute, terrorizzate, ferite, picchiate o uccise per colpa nostra.


di Redazione IL PUNTO ROSSO a cura di ALESSANDRA VECCHI

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