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sabato 6 agosto 2011

PAREGGIO DI BILANCIO ED UNA SPECULAZIONE ALLEGRA , POVERA ITALIA

PAREGGIO DI BILANCIO ED

UNA SPECULAZIONE ALLEGRA

POVERA ITALIA


L’economia é, nelle memorabili parole di John Maynard Keynes, che se ne intendeva parecchio, una scienza lugubre. Qualche volta si interessa anche della produzione di ricchezza. Per lo più, obbliga a fare i conti con quello che non va: poco o nessun reddito, male prodotto e peggio distribuito; non virtuosa competizione sui mercati, ma collusioni e monopoli; crisi di produzione e di occupazione. Gli economisti sarebbero sempre obbligati a trattare con la scarsità delle risorse di ogni tipo e, qualora abbiano un cuore (qualcuno ne dubita), non riuscirebbero mai ad essere allegri. Se aggiungiamo che, stando ad un altro grande economista, Adam Smith, sarebbero le mani nascoste, magari aiutate da solidi valori morali, a portare ad un equilibrio vantaggioso per tutti, il quadro si fa inquietante. Le mani che si vedono in queste settimane stanno speculando e sembrano mirare a tutto meno che alla creazione di equilibri. Di solidi valori morali in giro sembrano essercene davvero pochi. “Enrichissez-vous”, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, é probabilmente lo slogan degli speculatori in un mondo globalizzato, ma la conseguenza per molti, qui mi interessano gli Stati, é l’impoverimento.

Tuttavia, per rimanere nelle frasi fatte, che hanno spesso profonde radici nella realtà effettuale, la speculazione non é l’altro volto di un destino cinico e baro. Al contrario, deve essere considerata una legittima componente di qualsiasi mercato competitivo, locale, nazionale, globale. Quando investono o disinvestono, gli speculatori scommettono e rischiano, in proprio. Se sbagliano, pagano, di persona. Se esistono, come dovrebbero, regole serie, gli speculatori vengono puniti nei casi in cui traggano vantaggi indebiti da alcuni fattori, come il notorio insider trading. Chi é marxista potrebbe cavarsela sostenendo che la speculazione a livello mondiale é davvero l’ultimo (o il più recente) stadio del capitalismo. I liberali, ma anche i socialisti, dovrebbero vedere in quello che sta succedendo, Italia compresa, la debolezza della politica. Lo dicono un po’ tutti, in particolare troppi politici interessati a stravolgere l’economia per loro scopi personali e/o di partito. Ed é più che evidente che gli speculatori si guardano bene dall’aggredire Stati politicamente solidi e forti, in grado di difendersi.

La mia posizione é che la debolezza della politica, in particolare, di quella italiana (ma la diagnosi può essere facilmente estesa), dipende da due fattori: uno strutturale e uno, in senso lato, culturale (ovvero, se si vuole, per rimanere in compagnia di Adam Smith, “sentimentale”). Il fattore strutturale é rappresentato dall’esistenza di un governo, quello in carica, che gode di una maggioranza numerica, ma non effettivamente e operativamente politica, vale a dire convintamente tesa al conseguimento di obiettivi chiari, non più negoziabili e non soggetti a deprimenti conflitti fra i ministri. Contro una compagine governativa solida e compatta la speculazione farebbe più di due conti prima di lanciarsi a testa bassa. L’elemento “sentimentale” é costituito dalla credibilità. È una moneta che non si stampa. E’ una poderosa risorsa. E’ qualcosa che ciascun governante é riuscito a costruirsi, con la volontà e con i comportamenti, nel corso del tempo, mostrando carattere, superando crisi, agendo in maniera impeccabile, conquistando prestigio in patria e all’estero.

Se e quando i mercati e gli speculatori non vedono né la stabilità politica e operativa dei governi né la credibilità al di sopra di ogni sospetto dei governanti, allora alzano la posta delle loro scommesse. Questa mi pare la situazione italiana attuale, rimediare alla quale, nelle condizioni date, richiede un vero e proprio colpo d’ala. Nel frattempo, gli speculatori si rallegrano. Almeno per un po’ la loro “economia” sarà tutt’altro che lugubre. Per la maggioranza di noi, però, il rischio incombentissimo é che la nostra situazione economica personale e nazionale diventi effettivamente e rapidamente fin troppo lugubre.

(Gianfranco Pasquino)


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