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lunedì 3 dicembre 2012

Polizia violenta e l’agente che commuove New York




Si chiama Lawrence, ha 25 anni e ha scoperto di essere diventato ufficialmente un eroe: da quando, in una gelida sera di novembre, si è chinato su un barbone che giaceva scalzo sul marciapiede di Times Square. «Serve qualcosa? Scarpe?». Risposta: no, grazie. Proprio alle spalle dell’homeless, un negozio di calzature. 


Lawrence entra, ordina un paio di calzettoni e dei comodi stivali. Sarebbero 100 dollari, ma la commessa intuisce le sue intenzioni e gli fa un bello sconto. Lawrence torna dal senzatetto, che ha i piedi nudi piagati dalle vesciche e, nel rivederlo, sembra incredulo: «Che Dio ti benedica, figliolo». A due passi, la scena è immortalata dallo scatto fotografico del cellulare di una turista, Jennifer Foster. E la foto fa il giro del mondo: 350.000 mila link su Facebook, 80.000 mila condivisioni e quasi 20.000 commenti di stima ed elogio. Perché Lawrence non è solo un bravo ragazzo: indossa anche l’uniforme del Dipartimento di polizia di New York.

“Miracolo sulla 34esima strada”, titolano giornali e agenzie, esaltando la generosità e l’umanità dell’agente Lawrence DePrimo, che si schermisce: «Niente di speciale, per carità: molti colleghi compiono ogni giorno gesti come il mio, e senza tanta pubblicità». Proteggere i cittadini: non è questo, infatti, il compito della polizia? Ma se l’agente newyorkese fa così notizia, è (anche) perché – negli ultimi anni, e in particolare negli ultimi mesi – non è certo per azioni come la sua che i poliziotti, dalla Grecia alla Spagna, sono finiti su tutti i giornali. L’Italia non fa eccezione: botte da orbi agli studenti anche il 14 novembre a Roma, con lacrimogeni sparati sulla folla dalle finestre del ministero di grazia e giustizia. «Ragazzini pestati in modo selvaggio», protesta la giovanissima Adele Marri nel silenzio imbarazzato dell’aula magna dell’università di Parma. Lo stesso capo della polizia, Antonio Manganelli, ammette che è giunta l’ora di dotare gli agenti di un codice indentificativo. Ma avverte: se le cose degenerano, a volte, è colpa innanzitutto della politica, che riduce il disagio sociale a una mera questione di ordine pubblico, col rischio di mandare allo sbaraglio i reparti antisommossa.



 


«Ormai ho paura della polizia», disse il filosofo Gianni Vattimo all’indomani della repressione delle manifestazioni No-Tav in valle di Susa all’inizio del 2012. Erano i giorni in cui i politici – totalmente latitanti – riapparvero improvvisamente davanti alle telecamere: evitarono come al solito di entrare nel merito delle proteste popolari e si affrettarono invece ad elogiare, in modo decisamente ipocrita, il giovane carabiniere provocato da un manifestante, che l’aveva chiamato “pecorella”. Le tensioni con le forze dell’ordine sono ormai quotidiane in Grecia, con la popolazione ridotta alla fame ed esasperata dai tagli selvaggi imposti dall’Unione Europea. Lo scrittore Dimitris Psarras arriva a denunciare apertamente la polizia ellenica: «Molti agenti – dichiara – ormai minacciano i manifestanti di girare i loro nomi e indirizzi agli squadristi di “Alba Dorata”». Il gruppo neonazista, secondo Psarras, godrebbe di molti appoggi tra gli agenti, «alcuni dei quali, in borghese», avrebbero addirittura partecipato a “spedizioni punitive” contro immigrati e manifestanti di sinistra.

Sconcertanti, poi, le ultime notizie provenienti dalla Spagna: durante i violenti scontri del 14 novembre a Barcellona, una manifestante – Ester Quintana – ha perso un occhio, colpita da una pallottola di gomma sparatale al volto. E addirittura otto agenti sono stati feriti dai loro colleghi, durante una pericolosa esercitazione a Linares, in Andalusia: secondo il sindacato unificato della polizia iberica, il Sup, un reparto avrebbe avuto ordine di sparare sui commilitoni, per testare la resistenza di caschi e scudi. Il capo dell’unità speciale antisommossa, accusa il sindacato, «ha dato disposizione di violare il protocollo e, invece che a terra, sparare direttamente agli scudi di protezione in modo che in futuro lo si faccia sui cittadini». Il risultato, scrive il “Fatto Quotidiano”, è stato documentato con una serie di fotografie inviate al ministero degli interni insieme alla denuncia: otto agenti feriti alle ginocchia, agli occhi e ai testicoli. Per l’associazione di categoria si tratta di «una follia che vuole imporre pratiche illegali e pericolose, che potrebbero non solo procurare gravi lesioni fisiche ai cittadini, ma anche disonorare l’intero corpo nazionale della polizia».

Fino a qualche mese fa, la mattanza del G8 di Genova – con la morte di Carlo Giuliani, la violenza cieca nelle strade, la “macelleria messicana” della scuola Diaz e le torture a Bolzaneto – era considerata un incredibile black out, una clamorosa “sospensione della democrazia”, di gravità inaudita ma pur sempre eccezionale e – secondo le autorevoli fonti consultate da Franco Fracassi nel libro-denuncia “G8 Gate”– accuratamente pianificata “molto più in alto” della polizia italiana, allora agli ordini di Gianni De Gennaro. Secondo il generale Fabio Mini, già comandante delle truppe Nato in Kosovo, la tecnica dello “swarming” adottata dai misteriosi black bloc (rapidissimi nel colpire e poi disperdersi) viene insegnata nelle scuole militari dell’Alleanza atlantica. «Qualcuno – sostiene Fracassi – ha guidato in modo preciso e infallibile i devastatori tra le strade di Genova, tenendoli sempre fuori dalla portata delle forze antisommossa». Secondo Wayne Madsen, agente “pentito” dell’intelligence statunitense, a Genova le cose “dovevano” andare in quel modo, perché le grandi multinazionali temevano sopra ogni altra cosa il movimento no-global, che andava a tutti i costi criminalizzato e stroncato.

Dieci anni dopo, ecco gli indignados rioccupare le piazze di mezzo mondo. Con una differenza sostanziale: ormai la globalizzazione ha gettato la maschera, e la profezia degli “eretici” del 2001 si è ormai pienamente avverata. L’intero Occidente soffre per la Grande Crisi, mentre una ristrettissima cupola finanziaria di miliardari si trincera nei palazzi, ordinando alla polizia di reprimere il dissenso. In sordina, Bruxelles addestra i reparti speciali di Eurogendfor, anomala milizia con poteri speciali: in base a un trattato completamente ignorato dai grandi media, la nuova “gendarmeria europea” è dotata dello status di polizia militare e – soprattutto – non è penalmente perseguibile da nessuna magistratura. Prima o poi arriveranno a «sparare sulla folla», come temono l’antropologa Ida Magli e lo stesso sindacato spagnolo di polizia? Chissà cosa ne pensa, in proposito, il giovane Lawrence DePrimo, il poliziotto che onora l’umanità e salva i vagabondi dal gelo di New York.

http://www.libreidee.org/2012/12/la-polizia-violenta-e-lagente-che-commuove-new-york/
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