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lunedì 4 febbraio 2013

Milano, Sentenza derivati


Sentenza derivati Milano, Comune
ingenuo, superficiale e dilettante


Nella sentenza sui derivati il Comune di Milano ( gestito dal sindaco Albertini) si è salvato perché ingenuo e superficiale. Concetti brutali, ma che emergono dalle motivazioni sulla sentenza che a fine dicembre ha condannato le quattro banche coinvolte nel processo sui prodotti di finanza strutturata, ovvero Depfa, Deutsche Bank, Jp Morgan e Ubs.

Il giudice Oscar Magi per definire il comportamento del Comune di Milano ha parlato di "ingenuità formidabile" e di "leggerezza imperdonabile". Non può dubitarsi, scrive Magi, che il Comune non si sia comportato in nessun momento dell'operazione poi conclusa come un operatore qualificato".

Affidare la creazione e la gestione del contratto di swap "alle stesse banche che gestivano come arranger il collocamento del bond è stata una ingenuità formidabile che, sebbene causata anche dall'interessato consiglio degli arranger medesimi, dimostra in modo assai chiaro quale fosse la capacità contrattuale del Comune e la chiarezza informativa dispiegata nella vicenda".
Il fatto che Palazzo Marino abbia accettato come corretto "un calcolo di convenienza economica fatto e rifatto sì da banche consulenti, ma anche controparti, è stata una leggerezza imperdonabile che, tuttavia, ex altera parte, non poteva essere letta se non come una incapacità contrattuale evidente" e conseguentemente, conclude il giudice nelle motivazioni "bisognosa di tutela e di chiarezza informativa e non di compiaciuto approfittamento".

Di Manuel Follis

 I fatti risalgono all’epoca in cui Gabriele Albertini 
 guidava la giunta di Palazzo Marino

Derivati Milano, sentenza:

 banche hanno "approfittato" di Comune



Le banche che hanno operato in derivati con il Comune di Milano non hanno rispettato le norme e i principi di corretta condotta finanziaria previsti a protezione del cliente, commettendo a suo danno il reato di truffa.
È quanto si legge nelle motivazioni della sentenza di condanna con cui lo scorso 19 dicembre si è chiuso il processo di primo grado sui contratti derivati stipulati da Palazzo Marino. Sentenza che ha visto la condanna di Deutsche Bank, Depfa, Jp Morgan e Ubs a una multa di un milione di euro ciascuna, alla confisca complessiva di oltre 89 milioni e a pene comprese fra i sei e gli otto mesi di carcere per nove funzionari bancari.
"Gli istituti bancari (...) non hanno rispettato le norme ed i principi Fsa previsti a protezione dei clienti che non siano classificabili come (...) controparti di mercato con uguale esperienza commerciale e finanziaria" scrive nelle motivazioni il giudice di Milano Oscar Magi.
Nella premessa si puntualizza comunque che "questo processo non è stato e non vuole essere un processo al sistema bancario nel suo complesso o agli strumenti derivati, ma solo al cattivo uso degli stessi in una circostanza storicamente determinata".
Il giudice Magi spiega che il Comune "non aveva, con tutta evidenza, una caratura finanziaria e commerciale" tale da poter essere definito 'operatore qualificato', aggiungendo che "le banche, quindi, avrebbero dovuto rendersi conto di tale situazione e non approfittarsene".
"Indubitabile" secondo il giudice che ha emesso la sentenza, l'esistenza di un "evidente conflitto di interessi" per le banche, che hanno giocato contemporaneamente il ruolo di consulente e controparte dell'amministrazione cittadina, evitando di dare adeguata informazione al cliente.

“Ingenuità formidabile del Comune”


“Ingenuità formidabile”, “leggerezza imperdonabile”: usa parola severe il giudice Oscar Magi per definire il comportamento del Comune di Milano nelle motivazioni alla sentenza di condanna per quattro banche estere nel processo sui derivati nel quale l’amministrazione meneghina si era costituita parte civile. I fatti risalgono all’epoca in cui Gabriele Albertini guidava la giunta di Palazzo Marino. “Non può dubitarsi – scrive il giudice – che il Comune non si sia comportato in nessun momento dell’operazione poi conclusa come un ‘operatore qualificato’”.
Secondo Magi “affidare la creazione e la gestione del contratto di swap alle stesse banche che gestivano come arrangers il collocamento è stata un’ingenuità formidabile che, sebbene causata anche dall’interessato consiglio degli arrangers medesimi, dimostra in modo assai chiaro quale fosse la capacità contrattuale del Comune e la chiarezza informativa dispiegata nella vicenda”. Inoltre, “accettare come corretto un calcolo di convenienza economica fatto e rifatto sì da banche consulenti ma anche controparti, è stata una leggerezza imperdonabile che, tuttavia, non poteva essere letta se non come un’incapacità contrattuale evidente e quindi bisognosa di tutela e chiarezza informativa e non di compiaciuto approfittamento”.
Il giudice Magi nelle prime pagine delle motivazioni della sentenza che il 19 dicembre scorso, ha portato alla condanna (in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa degli enti) di quattro istituti di credito e la condanna di nove tra manager o ex manager delle banche scrive: “Questo processo non è stato e non vuole essere un processo al sistema bancario nel suo complesso o agli strumenti derivati, ma solo al cattivo uso degli stessi in una circostanza storicamente determinata”.
Secondo il giudice gli imputati si sono “in qualche modo, sentiti ‘costretti’ ad agire nell’interesse patrimoniale dell’ente al fine di contribuire in modo rilevante alla formazione dei profitti conseguenti alle operazioni prospettate e poi concluse”. “Le loro condotte – si legge in un altro passaggio delle motivazioni con cui i quattro istituti sono stati condannati in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti per la condotta dei loro funzionari – in piena aderenza agli input forniti dai vertici preposti alla loro vigilanza e controllo, si sono sicuramente uniformate alle istruzioni ed alle prassi aziendali allora vigenti; esse si iscrivono nella complessiva strategia imprenditoriale concretamente assunta, sicché, nel caso in questione, e la persona giuridica attraverso i suoi organi e nella pienezza della immedesimazione con gli stessi, che risulta, in un certo senso, ispiratrice e complice dei comportamenti delittuosi tenuti e dunque responsabile di fatti che non si sono voluti vedere nella loro antigiuridicità e che, anzi, si e voluto compiere con assoluta consapevolezza e volontà”.

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