Le Carte Parlanti

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Mundimago

sabato 30 marzo 2013

Vincenzo Jannacci


In questo concerto, tenutosi per la RSI Radio Svizzera Italiana nel dicembre 1986, Jannacci presenta, con la consueta ironia, alcuni suoi classici in dialetto milanese che mescola alle novità di quel momento.

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 Enzo Jannacci - Medley: Vincenzina e la fabbrica, Io e te. Mario ED ALTRE

- Vincenzo Jannacci detto Enzo (Milano, 3 giugno 1935 – Milano, 29 marzo 2013) è stato un cantautore, cabarettista e attore italiano, tra i maggiori protagonisti della scena musicale italiana del dopoguerra.
Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori.
Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana, e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici.
È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni.


Speciale Che tempo Che Fa Jannacci


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Morto Enzo Jannacci

 una vita in “scarp del tennis” tra teatro e canzone

Il cantautore milanese è morto a 77 anni dopo una lunga malattia. Ha scritto canzoni di grande successo come "Vengo anch'io/no tu no" e testi sociali come "La fotografia" e "Se me lo dicevi prima", ma è stato soprattutto un artista poliedrico, mai banale, capace di destreggiarsi tra scrittura impegnata e cabaret


Era rimasto sospeso tra la medicina e la musica. Lui diceva, un po’ per scherzo e un po’ per davvero, che si dilettava soprattutto nella poetastrica. Sicuramente Enzo Jannacci, pugliese trapiantato a Milano, è stato un grande intellettuale, come diceva Dario Fo. E’ stato molto, probabilmente senza mai saperlo. Ci sono dei capolavori che ci hanno accompagnati per una vita, e non una o due, ma molte più generazioni. Perché Enzo era lì, inconsapevole e senza colpa, il giorno del primo bacio, c’era nelle vacanze e nei ritorni. Ci ha fatto compagnia nei momenti felici e di dolore, come questo, come tutti quelli che lo hanno amato smisuratamente e sapevano di quel male che se lo stava consumando. Dario Fo, pochi giorni fa al telefono, mi aveva detto: “Il male se lo sta consumando. Povero ragazzo”. E solo Fo poteva permettersi di chiamarlo ragazzo, perché Jannacci è stato maestro per molti (Cochi e Renato, Lino Toffolo, Diego Abatantuono, e in parte ci azzardiamo a dire che fu fratello minore, ma anche maggiore di Adriano Celentano e Giorgio Gaber) ma lui di maestro ne ha avuto uno solo, Dario Fo.
Se ne va una certa Milano, con Enzo, la Milano che non esiste più, chiusa tra il bar Jamaica, il Giambellino, Porta Lodovica e viale Monte Rosa, la Milano raccontata da Vittorio De Sica, ma anche da Mario Monicelli (Romanzo Popolare, con Ornella Muti e Ugo Tognazzi), quella Milano della Vita Agra di Luciano Bianciardi, che di Enzo fu amico e primo estimatore.
A raccontarlo, Jannacci, non basterebbe un libro. Perché relegarlo come ha fatto certa critica alla sua milanesità sarebbe ingiusto. E’ arrivato sempre primo, senza andare fuori tempo. Ha cantato in dialetto milanese, quando nessuno si sarebbe azzardato a farlo. Ha fatto lo stralunato in una tv che non permetteva sgarro a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta. Giocava con le parole, ma mica tanto. Perché raccontava quelle persone che nessuno aveva mai osato. Barboni, prostitute, gente di malavita. Raccontava Milano, anche, ma con un occhio su tutto il resto del Paese. Riascoltatevi “Sun chi”, firma sua e del maestro Dario. Racconta di quelli del Sud che arrivavano con la “piena”, e alla fine tutti abbiamo un nonno un parente che da quella piena del boom economico risorse per poi venirne soffocato. Era l’Italia, non era Milano.
Lo fece con la musica migliore e con grande leggerezza. “Solo Jannacci”, scrive Gianni Mura, “avrebbe potuto raccontare la storia di un soldato terrone e chiamarlo Nencini, un cognome toscano”. Ma a Jannacci veniva bene tutto. Alternava momenti di schizofrenia recitata a grande poesia. Basta pensare a Vincenzina e la fabbrica, scritta da lui e Beppe Viola, altro fratello maggiore e minore. Monicelli ne fece Romanzo Popolare, uno delle opere maggiori. E volle Jannacci e Viola a riscrivere i dialoghi in milanese.
Ci furono gli anni della Rai, ma soprattutto quelli del Derby dove crebbe una generazione di artisti e genialoidi. Giovane, ma Jannacci era già considerato il maestro. Faceva il direttore artistico di quel locale in viale Monte Rosa, dove si iniziava a vedere la Milano da bere, fatta da Craxi, Pillitteri, un ancora costruttore Silvio Berlusconi. Due o tre tavoli a fianco sedeva anche Francis Turatello, ammazzato qualche anno dopo nel carcere di Badu ‘e Carros, a Nuoro.
 Jannacci una sera si alzò e andò a lavorare con Barnard, il cardiochirurgo. Ma tornò indietro, perché un’ernia al disco gli impediva di stare troppe ore in piedi e operare. Era avviato a una carriera medica di grande livello (lavorò in Sudafrica e Negli Stati Uniti), ma tornò a casa. Prima in ospedale a consumare guardie, poi in ambulatorio a curare le stesse persone di cui la notte raccontava.
Lascia tanti orfani, lascia due maestri, Fo, appunto, e per certi versi Mina che, giovanissima, capì chi era Enzo e incise un indimenticabile “Mina canta Jannacci”. Non basta, non basta assolutamente, perché raccontare Jannacci rischia di farci esagerare per chi lo ha considerato più di un poetastro.



di Emiliano Liuzzi


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giovedì 28 marzo 2013

Franco Battiato e le troie in giro per il Parlamento



MARCO TRAVAGLIO: Oggi sono Boldrini e Grasso a strillare come vergini violate contro Franco Battiato che ha avuto l’ardire di dichiarare: “Mi rallegro quando un essere non è così servo dei padroni, come queste troie in giro per il Parlamento che farebbero qualunque cosa, invece di aprirsi un casino”. Apriti cielo! Proteste unanimi da destra, centro e sinistra, mobilitazione generale, emergenza nazionale, manca soltanto la dichiarazione dello stato d’assedio con coprifuoco, cavalli di frisia e sacchi di sabbia alle finestre. Boldrini: “Respingo nel modo più fermo l’insulto alla dignità del Parlamento, stento a credere” ecc. Grasso: “Esprimeremo il nostro disagio al governatore della Sicilia per le frasi dell’assessore Battiato”.

 Sui cinquanta fra condannati, imputati e inquisiti che infestano il Parlamento, invece, nemmeno un monosillabo. Invece giù fiumi di parole e inchiostro contro il cantautore-assessore che osa chiamare troie le troie.

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mercoledì 27 marzo 2013

Aldrovandi: in strada con la foto del figlio morto



La madre di Federico Aldrovandi, il ragazzo massacrato e ucciso da 4 poliziotti. Poco fa è scesa in strada con la foto del figlio morto. 
Alle sue spalle L'ORRORE!!! 
QUELLO CHE E' SUCCESSO E' ABERRANTE!!! 

Se i poliziotti sono capaci di fare questo

La protesta degli agenti sotto l'ufficio della mamma di Aldrovandi. Lei scende in strada con la foto del figlio morto



"Ecco il gruppo Coisp che manifesta sotto il mio ufficio". Lo scrive su Facebook Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, il ragazzo ucciso da 4 agenti nel 2005. E uno dei sindacati di Polizia, la Coisp appunto, ha protestato in mattinata sotto il suo ufficio in solidarietà di Pontani, Forlani, Segatto e Pollastri, i poliziotti condannati per l'omicidio.

Solo in Italia può accadere una cosa simile. La madre del ragazzo, massacrato dai poliziotti, è scesa in piazza con la foto del figlio ucciso. Il Coisp ha manifestato davanti al Comune di Ferrara, mentre la stessa Moretti pubblicava le foto su Facebook. Persino il sindaco della città emiliana, Tiziano Tagliani, è andato dai manifestanti per chiedere di spostare il sit-in pochi metri più indietro. Una richiesta che non è stata accettata. Anzi, sono continuati i messaggi di solidarietà per i poliziotti condannati, Forlani, Segatto, Pollastri e Pontani. 


Il 21 giugno 2012 la corte di cassazione ha reso definitiva la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per omicidio colposo di Federico Aldrovandi ai quattro poliziotti Paolo Forlani, Monica Segatto, Enzo Pontani e Luca Pollastri. In particolare la quarta sezione penale ha respinto il ricorso presentato dalla difesa dei quattro agenti contro la condanna che era già stata emessa dalla Corte d'Appello di Bologna. I poliziotti non rischiano però il carcere visto che 3 anni sono coperti dall'indulto. Tuttavia, dopo la condanna definitiva, scatteranno i provvedimenti disciplinari. 

Il vergognoso presidio del Coisp a Ferrara, in solidarietà verso gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi, sotto le finestre dell'ufficio della madre Patrizia Moretti, è un fatto gravissimo. In primo luogo questa manifestazione non rispetta l’autonomia della magistratura, che ha sentenziato nei tre gradi di giudizio la colpevolezza degli agenti. In secondo luogo perché chi ha dato vita a questo indecente sit-in rivendica una delle pagine più buie degli ultimi anni e in ogni caso celebra l’impunità per le forze dell’ordine. Che cosa ha da dire il Ministro degli Interni rispetto a simili manifestazioni incompatibili con l’esercizio di pubblico ufficiale? La nostra solidarietà alla famiglia di Federico Aldrovandi.

Sei mesi di carcere per aver massacrato e ucciso un giovane ragazzo



Il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha decretato il carcere per tre dei quattro poliziotti - Paolo Forlani, Monica Segatto e Luca Pollastri - condannati definitivamente per omicidio colposo nel giugno scorso dalla Cassazione per la morte di Federico Aldrovandi, avvenuta all'alba del 25 settembre 2005. Il quarto poliziotto - Enzo Pontani - sarà giudicato a fine febbraio.

Il Tribunale presieduto dal giudice Francesco Maisto ha dunque respinto il ricorso degli avvocati che chiedevano l'affidamento in prova ai servizi sociali per il periodo di sei mesi, pari al residuo di pena dopo che tre anni sono stati condonati a causa dell'indulto. Gli avvocati in subordine chiedevano gli arresti domiciliari ma anche questa richiesta è stata respinta, mentre è stata accolta la richiesta del procuratore generale Miranda Bambace che in una durissima requisitoria ha chiesto la pena massima del carcere per sei mesi.


ricevo e pubblico

"UN PENSIERO RIVOLTO AI COLLEGHI DELLA POLIZIA CHE HANNO MANIFESTATO SOTTO IL COMUNE A FAVORE DEI POLIZIOTTI CHE HANNO MASSACRATO ALDOVRADI.......VI RENDETE CONTO DI QUELLO CHE AVETE FATTO OGGI ?? VI SIETE DIMENTICATI DI ESSERVI ARRUOLATI PER PROTEGGERE GLI INDIFESI ? VI SIETE DIMENTICATI DI QUANTE VOLTE NELLA VOSTRA CARRIERA, AVETE DOVUTO CONSOLARE UNA MADRE CHE HA PERSO UN FIGLIO ? MI RIVOLGO AGLI ISCRITTI AL SINDACATO COISP......SE AVETE ANCORA UN MINIMO SENSO DEL DOVERE E UN BRICIOLO DI VERGOGNA, VI INVITO FORMALMENTE, A RICONSEGNARE LE VOSTRE TESSERE SINDACALI E CHIEDERE LA CONSEGUENTE CHIUSURA IMMEDIATA DI TALE ORGANISMO DI RAPPRESENTANZA !!! INVITO I MIEI AMICI A CONDIVIDERE IL MIO PENSIERO, PERCHE SONO UN APPARTENENTE ALL'ARMA DEI CARABINIERI, MI SONO ARRUOLATO PER PROTEGGERE I DEBOLI, GLI INDIFESI, CONSOLARE LE MADRI, AIUTARE A TROVARE LA BUONA STRADA AI FIGLI....SERVIRE I MIEI FRATELLI ITALIANI E GARANTIRE LA LEGALITA'....
RINGRAZIO CHIUNQUE LO VOGLIA CONDIVIDERE....

PAOLO SCOCCIA

MARESCIALLO DEI CARABINIERI


Questo volantino riporta i nomi dei quattro infami che hanno ucciso a son di botte Federico Aldrovandi e che sono stati condannati solo per omicidio colposo, nonostante tutto faccia ritenere che invece si sia trattato di un omicidio volontario. Recentemente si è parlato del comportamento incivile e a dir poco fascista di quei sindacalisti di poliziotti che sono andati a manifestare la propria solidarietà a questi quattro farabutti proprio sotto le finestre dell'edificio dove lavora la madre di Federico Aldrovandi, ma non si è parlato abbastanza del fatto che, una volta scontata la pena, costoro potranno essere reintegrati nuovamente nella polizia perchè non ci sono precise disposizioni di legge che lo vietino categoricamente, come invece dovrebbe essere. Ed è infatti già successo che dei poliziotti condannati per reati gravissimi siano poi stati, scontata la pena, reintegrati nelle forze di polizia e che alcuni di loro siano persino avanzati di grado. Non c'è che dire, siamo davvero un paese ancora immerso nel medioevo e nel fascismo!

PER FIRMARE LA PETIZIONE DI LICENZIAMENTO DEGLI AGENTI

http://cipiri.blogspot.it/2013/04/licenziamo-gli-assassini-di-federico.html


leggi anche

 http://cipiri.blogspot.it/2013/01/caso-aldrovandi.html

http://cipiri.blogspot.it/2010/10/caso-aldrovandi-2-milioni-alla-famiglia.html

http://cipiri.blogspot.it/2010/09/vittime-delle-forze-dellordine-le.html

http://www.facebook.com/pages/Vogliamo-giustizia-per-le-vittime-delle-forze-dellordine/181726371859670



Federico Aldrovandi Ucciso senza una ragione da quattro individui "poliziotti "
eccoli (NELLA FOTO ) con pugni, calci e manganellate, 
all’alba del 25 settembre 2005


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La non-fine di Cipro


Approvato il piano di aiuti e trovata all’ultimo istante una via d’uscita al rischio fallimento di Cipro. I mercati finanziari festeggiano nella mattinata, ma l’ennesima toppa della Troika non rimette in alcun modo in discussione e non incide sulle cause strutturali che hanno portato alle recenti crisi nei Paesi europei. E nel pomeriggio arriva un nuovo crollo.
Cipro è salva. Dopo un forcing durato tutto il fine settimana e frenetici incontri tra il presidente cipriota e gli emissari della Troika (Commissione europea, Fmi e Bce), i ministri delle finanze della zona euro hanno ratificato il piano di salvataggio. Sbloccati i 10 miliardi di aiuti europei, evitata la bancarotta, le Borse festeggiano, scende lo spread.
Per ricevere i 10 miliardi, Cipro si è impegnata a trovarne altri 7. Questi arriveranno in particolare colpendo i depositi bancari sopra i 100.000 euro presso la Bank of Cyprus, la principale del Paese. I depositi potrebbero essere congelati e trasformati in obbligazioni di Stato. La seconda banca, la Laiki Bank, potrebbe essere chiusa, creando una “bad bank” con i debiti e girando gli attivi alla stessa Bank of Cyprus. Nelle prossime settimane la Troika dovrà stabilire l’entità delle perdite per la Bank of Cyprus e più in generale le misure che dovrà adottare il governo cipriota.
È stato scongiurato il prelievo forzoso sui depositi al di sotto dei 100.000 euro, una misura che avrebbe potuto avere conseguenze deflagranti. Prima di tutto ovviamente per i cittadini ciprioti ma più in generale costituendo un precedente pericoloso con il rischio di un effetto contagio. Di fatto, è bastato accennare a questa possibilità, la scorsa settimana, per scatenare il panico sui mercati europei. Fino a oggi i conti correnti sotto tale soglia erano considerati assolutamente sicuri, in particolare perché in tutta Europa è prevista una garanzia pubblica in caso di fallimento della banca, per depositi inferiori proprio ai 100.000 euro.
La scelta di intervenire unicamente sui depositi di maggiori dimensioni andrà a colpire i cittadini più ricchi e prima ancora gli stranieri, russi in testa, che negli scorsi anni hanno scelto Cipro per depositare all’estero una parte delle proprie ricchezze. Di fatto si potrebbe affermare che con l’accordo raggiunto nella notte Cipro ha deciso di guardare a Bruxelles e non a Mosca.
Tutto bene, quindi? Dipende. Ancora una volta l’Ue la Troika sono riuscite a mettere una toppa all’ultimo momento, evitando così la bancarotta di uno Stato sovrano, con conseguenze imprevedibili. Ma continuare a mettere delle toppe quando sta franando una diga non può portare da nessuna parte. Un piano di aiuti che rappresenta circa lo 0,1% del Pil europeo ha tenuto l’Ue con il fiato sospeso per una settimana.
Una toppa che non aggredisce in nessun modo le cause della crisi. Delle cause legate a un sistema finanziario fuori controllo e cresciuto in maniera ipertrofica. Dal dopoguerra alla fine degli anni ’70, Wall Street ha avuto una dimensione pari a circa il 15% del Pil statunitense. A fine anni ’80 toccava il 35%. Dieci anni dopo il 150%. Nel 2006 la finanza superava il 350% del Pil, e questa gigantesca bolla ha trascinato il mondo nella peggiore recessione degli ultimi decenni. Cifre impressionanti, ma nulla rispetto a cosa avveniva in un’isola che ha fondato sui servizi finanziari la propria ricchezza. Le banche di Cipro hanno attivi pari all’800% del Pil nazionale. Che senso ha una finanza otto volte più grande del sistema economico di cui dovrebbe essere al servizio?
Ma c’è di peggio. La finanza non è unicamente la causa della crisi, è il fine ultimo delle politiche. Nella vicenda cipriota, il problema di fondo riguarda un sistema bancario europeo non solo troppo grande, ma soprattutto troppo intercorrelato per potere fallire. L’elemento scatenante della crisi delle banche cipriote è nell’ammontare di titoli greci nel loro portafogli. Come la crisi greca ha contaminato la finanza cipriota, Cipro avrebbe potuto contaminare altre nazioni, innescando un effetto domino sul fragile sistema bancario europeo.
Ma c’è ancora di peggio. La finanza non è unicamente causa e fine. È anche il giudice che decide se le istituzioni politiche fanno abbastanza per salvarla e compiacerla. Quali sono e potranno essere i sacrifici che dovranno accettare i cittadini ciprioti è del tutto secondario. L’ennesima toppa sembra momentaneamente placare l’ira del Moloch finanziario. Le Borse festeggiano, lo spread cala. Poi esce la notizia che l’Ue potrebbe non rivedere i 10 miliardi di euro di aiuti dati a Bankia, quarto gruppo bancario spagnolo e che ha chiuso il 2012 con una perdita record. Zoellick, ex-presidente della Banca mondiale, segnala che la Francia potrebbe essere “il prossimo malato”. Gira voce che Moody’s potrebbe abbassare il rating italiano. E l’euforia del mattino diventa un nuovo crollo dei mercati nel pomeriggio. Per oggi Cipro è salva, domani chissà. Tutto bene, madama la Marchesa. Avanti così.

di Andrea Baranes -
da Sbilanciamoci.info


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martedì 26 marzo 2013

Tunisi : Social Forum Mondiale 2013



  - Riprende fiato, come non accadeva da un po', l'azione della società civile globale. A dodici anni dalla prima edizione di Porto Alegre, martedì 26 marzo si aprirà a Tunisi il Forum Social Mondiale. La scelta della capitale tunisina è quanto mai simbolica. Non solo perché luogo di innesco e ancora epicentro della cosiddetta «primavera araba», lungi dall'essersi compiuta - anzi con forti rischi di ritorno ad autunni autoritari - ma soprattutto perché, con le incertezze politiche e sociali legate a una turbolenta transizione, il paese nordafricano è paradigmatico dello stato «fluido» in cui versano l'economia e la democrazia sul pianeta dall'inizio della crisi economica.

Nei giorni scorsi inoltre sono iniziati a Durban, in Sud Africa, le attività del contro-vertice della società civile a margine dell'assise dei paesi Brics, ossia il G5 delle economie emergenti: Brasile, Russia, India, Cina e appunto Sud Africa. Un incontro storico, quello ospitato dai movimenti sudafricani con la partecipazione di forze sociali e sindacali degli altri paesi emergenti, dove si vivono oggi in maniera più marcata le contraddizioni del processo di globalizzazione liberista e le disparità economiche e sociali. Il tutto avviene fuori dalle stanze ufficiali, dove martedì e mercoledì i leader dei Brics discuteranno come evitare che la recessione che attanaglia le economie avanzate possa per travolgere anche loro. Il tutto in un clima di sospensione e incertezza, esacerbato dalle ultime tensioni sui mercati legate alla crisi finanziaria di Cipro. Per tutti e due i forum della società civile parliamo in un certo senso di esordi assoluti. È infatti la prima opportunità offerta ai movimenti del Mediterraneo dopo un decennio di incontri in America Latina, Asia ed Africa sub-Sahariana.

Un'occasione per trovare la forza e raccontare all'intera società civile mondiale che cosa è davvero successo negli ultimi due anni e quanto ancora resta da fare per costruire un'autentica democrazia e ridare potere ai popoli di questi paesi dopo decenni di dittature e sfruttamento delle risorse naturali, foraggiati dai governi della vicina Europa e dagli Stati Uniti.

Va aggiunto che a Tunisi sarà anche la prima volta al Forum sociale mondiale dei «nuovi movimenti» nati nelle economie avanzate sotto l'acuirsi della recessione: il movimento di Occupy così come gli «Indignati», che per primi hanno incarnato nelle loro pratiche il messaggio che arriva da Tunisi e da Piazza Tahrir al Cairo. Allo stesso tempo, mai in passato la società civile si era radunata a margine del meeting dei Brics, realtà dove gli sconvolgimenti e le tensioni sociali sono ormai alle stelle.

I movimenti sociali di questi paesi si dissociano apertamente dalla volontà di potenza e dominazione dei loro governi, tutto sommato ingabbiati nel modello liberista basato, tra le altre cose, sullo sfruttamento a più non posso delle risorse naturali. Una critica dura dal Sud sul nuovo Sud, che fino a oggi mancava, e che apre nuovi scenari politici. Non a caso il contro-vertice di Durban si chiama «Brics dal basso», quasi a riecheggiare un «altro Brics è possibile» che fa pendant con l'altro mondo possibile rivendicato da Porto Alegre fino al campus universitario di Tunisi, dove si terrà il Forum.

In entrambi i casi, lo sforzo è quello di incrociare le lotte in corso e costruire una narrativa comune, un prezioso elemento che si è perso dallo scoppio della crisi economica in poi. Nel 2003, l'opposizione al liberismo e alla guerra erano riusciti a produrre inedite piattaforme di azioni globali, che avevano fermato la Wto a Cancun e avevano occupato le piazze di mezzo mondo per bloccare, purtroppo senza successo, l'occupazione dell'Iraq.

Negli ultimi anni il contesto è profondamente mutato. Nonostante le battute di arresto delle campagne militari in Iraq e Afghanistan, il collasso dei mercati finanziari e l'acuirsi della crisi climatica, predetti dal movimento alter-mondialista dal G8 di Genova in poi, la risposta dei movimenti è stata principalmente su scala nazionale, spesso reattiva, ma talvolta debole, se non assente. È mancata la forza di chi può affermare «l'avevamo detto», aggregando consenso con il rilancio di alternative locali, nazionali, regionali e globali. A Durban come a Tunisi, i movimenti sociali ricercano una nuova agenda comune, capace di diventare egemonia culturale prima che sia troppo tardi. 

di Antonio Tricarico


SITO : http://www.fsm2013.org/

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SALUTE - BENESSERE: Il contatto con la Terra

Il contatto con la Terra



Il contatto con la Terra è un'esperienza sempre più rara oggi. Eppure camminare a piedi nudi dona una sensazione di diffuso benessere. Perché?

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lunedì 25 marzo 2013

Laura Boldrini presidente della Camera Italiana


Marchigiana, 51 anni, dal 1989 alle Nazioni Unite Per 14 anni portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati

Laura Boldrini, 51 anni, già funzionario e portavoce dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, è il nuovo presidente della Camera, terza donna a ricoprire la carica dopo Nilde Iotti e Irene Pivetti. Boldrini è stata eletta a Montecitorio nelle file di Sel. Ha dichiarato di essersi candidata perché «indignata dalla politica come tanta altra gente in Italia» e perché «non ci si può limitare a lamentarsi».

L'ONU - Nata a Macerata il 28 aprile 1961, si laurea in Giurisprudenza a Roma nel 1985 e, dopo una breve esperienza in Rai, comincia nel 1989 la sua carriera all'Onu, lavorando per quattro anni alla Fao. Dal 1993 al 1998 si occupa del Programma alimentare mondiale (Wfp) come portavoce per l'Italia. Dal 1998 al 2012 è portavoce dell'Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr) per il quale coordina anche le attività di informazione in Sud-Europa. Si occupa in particolare dei flussi di migranti e rifugiati nel Mediterraneo. Svolge numerose missioni in luoghi di crisi, tra cui ex Jugoslavia, Afghanistan, Pakistan, Iraq, Iran, Sudan, Caucaso, Angola e Ruanda.


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Il discorso di insediamento di Laura Boldrini, nuova Presidente della Camera dei Deputati, proveniente da SEL e da incarichi di protezione dei rifugiati politici all'Onu. A metà discorso, il richiamo all'antifascismo. Tutto il Movimento Cinque Stelle in piedi ad applaudire: una risposta alle accuse ricevute in campagna elettorale.

CONTRO L'USO DELLA PAROLA «CLANDESTINO»

- Da portavoce dell'Unhcr, Boldrini ha più volte messo in guardia i giornalisti italiani sull'uso della parola «clandestino» per indicare i migranti giunti a bordo dei barconi. «Quando si bolla un migrante come clandestino non è un problema di semantica ma si compie una scelta politica», ha sempre detto, «è ovvio che chi fugge da una guerra o una persecuzione non abbia il tempo di portare con sé un documento».

Nel corso della campagna elettorale ha indicato tra le sue priorità per il Parlamento la legge sulla cittadinanza dei migranti e la totale revisione del cosiddetto «pacchetto sicurezza», inclusa la Bossi-Fini. «Una norma che va ribaltata il prima possibile», ha ribadito in più occasioni. Ma anche, ha sottolineato in una recente intervista, «mi batterò affinché l'Europa non mandi in soffitta un sistema di welfare all'avanguardia, perché l'Italia ritrovi la sua centralità nel bacino del Mediterraneo e perché il ruolo e la rappresentazione delle donne nella nostra società non sia umiliante come lo è stato negli ultimi tempi».

RICONOSCIMENTI - Numerosi i premi ricevuti. Tra di essi, la Medaglia ufficiale della commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna (1999) e il titolo di Cavaliere ordine al merito della Repubblica italiana (2004).


"Dovremo farci carico delle donne uccise da violenza travestita da amore". E' la prima volta che durante un discorso di insediamento di un'alta carica dello Stato viene richiamato come "impegno" affidato alla "responsabilità della politica e del Parlamento" "fin dal primo giorno" la violenza sulle donne. La voce dell'ex rappresentante dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati, Laura Boldrini, eletta sabato scorso presidente della Camera dei deputati, è quella delle 54 donne (all'8 marzo, secondo Snoq) già uccise in Italia dall'inizio dell'anno. Davanti all'assordante silenzio nella campagna elettorale appena conclusa (nessun partito ha inserito il tema nel suo programma) e alla ormai conclamata incapacità della politica tradizionale di farsene interprete, il richiamo all'emergenza femminicidi, dall'alto di quello scranno, è apparso come gesto non solo di civiltà, ma anche di grande coraggio.

Numeri - Forse non è un caso che Boldrini abbia voluto questo esordio. E' noto che l'Italia abbia misure inefficienti per affrontare il problema ed è altrettanto noto che ad ogni consesso internazionale dove sia presente l'Onu e si parli di diritti umani la scudisciata al nostro indirizzo arrivi puntuale. Del resto - facciamo mea culpa – nonostante i numeri dicano che siamo un Paese tra i più violenti d'Europa (124 femminicidi e 47 tentativi non riusciti nel 2012, fonte: Casa delle donne di Bologna) non siamo ancora riusciti a ratificare la convenzione di Istanbul sulla "prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica".

Convenzione - Vi ricordate quel famoso 20 settembre dello scorso anno, quando per la prima volta nella storia della Repubblica saltò la seduta dell'Aula del Senato perché il presidente Schifani era assente e i suoi vice incorsero in una serie di inspiegabili contrattempi? Al di là della magra figura istituzionale, quell'episodio apparì particolarmente grave perché uno dei punti in calendario era proprio l'atto che avrebbe vincolato il governo alla ratifica della Convenzione. Documento che venne poi votato nei giorni successivi (all'unanimità) ma che ancora oggi non ha avuto seguito. Nonostante l'impegno (almeno verbale) della ministra Fornero e i continui appelli della società civile.

Azioni - E allora, fatto salvo l'alto valore non solo simbolico dell'adesione ad una Convenzione di questa portata e prendendo per buone le lungaggini burocratiche del caso, è forse tempo che, a prescindere, Parlamento (quello già insediato) e governo (quello Monti ancora in carica e quello che verrà) entrino in campo con azioni concrete. Che significa destinare risorse – come esorta "Se non ora quando" – per applicare almeno le norme già esistenti. Risorse da investire in cultura prima di tutto, ma anche in assistenza morale e materiale alle vittime della violenza domestica. Senza scordare il necessario adeguamento dell'ordinamento giuridico al capitolo sui reati contro le donne "in quanto tali".

Palude sociale - "Il femminicidio non è solo un fatto criminologico ma ha una valenza simbolica del rapporto (arretrato) uomo-donna in Italia. Ecco perché riguarda la politica", ha detto Cristina Comencini di Snoq. Il sito di "Giulia", associazione di giornaliste che della questione del linguaggio assolutorio usato spesso dai media ha fatto una bandiera, ci informa che l'85% della violenza in Italia è violenza domestica e che, fatto non secondario, in essa sono coinvolti almeno 400 mila bambini, costretti ad assistere agli abusi familiari. Ed è in questa palude sociale che si sviluppa il 70% degli omicidi di donne colpite da mariti e fidanzati, ex o attuali, parenti e sconosciuti, che distrattamente occupano le cronache dei nostri giornali.

Cambiamento - Laura Boldrini, affidando al Parlamento un impegno pubblico e prendendo lei stessa posizione, ha saputo dare voce ad un'emergenza nazionale fino ad oggi (volutamente?) ignorata. Al netto della standing ovation che alla Camera ha accolto le sue parole, attendiamo di capire se il 2013 sarà davvero l'anno della tanto sbandierata "politica del cambiamento".

LEGGI ANCHE : http://cipiri.blogspot.it/2013/04/boldrini-tagli-per-85-milioni-allanno.html

Boldrini, tagli per 8,5 milioni all'anno



 Camera: l'austerity targata Boldrini, tagli per 8,5 milioni all'anno-



Offendi la Boldrini su facebook ti arriva la polizia a casa



Sono passati 449 anni dalla decisione di censurare gli «ignudi» ritratti nel Giudizio Universale. A mettere le braghe ai beati e ai dannati della cappella Sistina fu chiamato uno stretto collaboratore del Buonarroti, tale Daniele da Volterra, che da allora- purtroppo per lui- verrà ricordato come il Braghettone. 

leggi tutto .....
http://cipiri4.blogspot.it/2013/04/offendi-la-boldrini-su-facebook-ti.html




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