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domenica 3 maggio 2015

L'Expo sul Cibo è di chi ci Affama






L'Expo sul cibo è di chi ci affama


Le multinazionali vengono a Expo per nutrire loro stesse, non il pianeta

Le multinazionali, che ci hanno portato malattie e malnutrizione attraverso i prodotti chimici e gli Ogm, attraverso il cibo-spazzatura e alimenti trasformati, hanno speso negli ultimi decenni grandi quantità di denaro per la pubblicità e per le pubbliche relazioni con un'azione di lobbying, volta a influenzare le politiche e ad affermare, in maniera del tutto falsa, che i loro prodotti sfamino il mondo.

Si sono accordate tra loro per brevettare i nostri semi, per influenzare la ricerca scientifica, per negare ai cittadini il diritto di essere informati, attraverso leggi sull'etichettatura degli Ogm. Le multinazionali che hanno distrutto i nostri terreni e la nostra salute ora saranno tutte ad Expo. Vogliamo fare una breve lista? Mc Donald's, Coca Cola, Monsanto, Syngenta, Nestlè, Eni, Dupont, Pioneer: bastano queste a rappresentarle tutte. Le multinazionali non nutrono il pianeta, come proclama lo slogan di Expo 2015. Lo affamano. La lista degli sponsor dell'esposizione universale parla da sola.

È coerente con tutto questo che per costruire Expo si sia occupato ancora suolo e si siano cementificati molti altri ettari di terra fertile. È sconfortante che per tanti l'esposizione mondiale sia l'occasione per far consumare più cibo. Ed è emblematico che sia stato dato un ruolo di primo piano a chi propone un cibo fatto da un'aggregazione di zuccheri e grassi, inadatto a nutrire le persone e dannoso per la nostra salute e soprattutto dei nostri figli. Cosa si può fare per impedire che Expo sia solo la passerella dell'agroindustria e di chi pensa che la strada per nutrire il pianeta sia solo scegliere la tecnologia più apparentemente innovativa o la molecola di sintesi più raffinata?

La risposta sembra scontata: portare altri contenuti dentro questo contenitore. Ad oggi la lista degli 
eventi, dei dibattiti, del luoghi di confronto in cui si costruisce una visione più ampia, inclusiva e 
democratica sembra ancora molto povera. Ma la cosa paradossale è che da Expo sono fuori non solo 
fisicamente ma anche culturalmente i contadini italiani, europei e del mondo intero, cioè coloro che 
producono il cibo per i cittadini e curano la Terra. Sono i piccoli agricoltori che producono il 70% del cibo consumato nel pianeta e che stanno resistendo all'attacco dell'agroindustria mondiale. 

Dobbiamo fare di tutto per difendere un modello agroalimentare, fondato sull'agricoltura familiare, come quello italiano, europeo e di molti altri paesi. Dobbiamo riaffermare l'orgoglio dei tanti piccoli agricoltori di tutto il mondo che hanno tenuto a costo di grandi difficoltà, i loro campi e che li coltivano con i metodi biologici ed ecologici. Dobbiamo cogliere l'occasione per incontrare persone che incrociano difficilmente i temi della difesa della biodiversità e che magari pensano che la questione del cibo sia solo un tema di quello che si riesce a mettere in tavola e non una questione centrale per ridefinire l'economia e la democrazia.

Se noi, i movimenti e le associazioni che hanno scelto di entrare dentro i cancelli di Expo, saremo 
capaci di aprire le porte al mondo, alle ragioni della Terra dalla quale può nascere un nuovo paradigma economico allora è possibile che Expo diventi un'occasione. L'occasione per passare dal modello "taglia e brucia" che è proprio dell'economia lineare estrattiva delle risorse al modello economico, politico e sociale circolare basato sulla restituzione. L'occasione per superare la linearità che produce scarti materiali (i rifiuti) e scarti sociali (i poveri, gli emarginati, i disperati) e arrivare finalmente alla chiusura del cerchio ecologico. Saremo presenti all'Expo per assicurare che non sia solo la voce delle multinazionali ad essere ascoltata. Noi vogliamo portare la voce dei semi e della terra, dei piccoli agricoltori e delle generazioni future. Aggiungere al dialogo le diversità...

VIDEO DEL CORTEO NO EXPO

http://cipiri.blogspot.it/2015/05/abbiamo-fame-di-diritti-e-lavoro-noexpo.html

Eravamo decine di migliaia al corteo di Milano decine di migliaia eravamo, oggi primo maggio 2015 festa dei lavoratori e delle lavoratrici 
Da anni a Milano ogni primo maggio per dire no al precariato, allo sfruttamento, al potere della finanza e delle multinazionali per dire sì al diritto al lavoro dignitoso, al lavoro non alienante, alla casa, a ricevere cure nel bisogno, alla trasmissione del sapere, alla cultura. 
Oggi, primo maggio 2015 eravamo a decine di migliaia per dire No Expo Per denunciare Expo è lavoro precario, lavoro che toglie dignità 18500 volontari non pagati apprendisti, stagisti, lavoratori e lavoratrici di paesi stranieri e a tempo determinato. 
No Expo, perché i contratti Expo 2015 firmati da tutti i sindacati confederali e le istituzioni sono stati il precedente del Jobsact Cosa succede con il Job’s Act? 
- i contratti a termine possono durare fino a 36 e possono essere prorogati fino a 8 volte - raddoppia la percentuale dei contratti a termine stipulabili da un datore di lavoro sul totale dei lavoratori 
- coi contratti di apprendistato il datore di lavoro non è più obbligato a riassumere - cade il principio di non discriminazione tra i diversi contratti - do you rimember guerra tra poveri? 
- la retribuzione per gli studenti in apprendistato scende al 35% di quella ordinaria Perché Expo è 1600 ettari di territorio fertile cancellati per costruire autostrade inutili e nocive perché è bonifiche mancate perché è ricorso smodato agli appalti in assegnazione diretta perché è un esperimento di governo del territorio che mira ad accentrare poteri, istituire eccezioni, una anticipazione del decreto SbloccaItalia. 

No Expo perché è una eurodisney gastronomica. 


Milano: tra i black bloc l'anarchico in carrozzella

Tuta nera e sedia a rotelle, il disabile antagonista: "L'Expo sul cibo è di chi ci affama"

Le sue foto hanno fatto il giro del web. Pasquale Valitutti, 67 anni, non si perde una manifestazione. "Colpite solo le auto dei ricchi, gli agenti mi hanno detto 'ti facciamo saltare le cervella'"





Lello Valitutti si muove svelto sulla sedia a rotelle. Ieri era in prima linea al corteo dei NoExpo a Milano. Le foto che lo immortalano con il casco in testa in mezzo al fumo e ai Black Bloc hanno fatto il giro del web. Ma lui in piazza c'è da sempre se ci sono gli anarchici. Pasquale Valitutti - questo il suo vero nome - finì anche nella retata disposta dalla magistratura sulla pista anarchica seguita inizialmente dagli inquirenti all'indomani della strage di Piazza Fontana, nel 1969. Fu fermato per accertamenti con Giuseppe Pinelli, il ferroviere anarchico che morì precipitando da un finestra della questura di Milano. Valitutti, 69 anni, ha origini milanesi, ma vive a Roma. E non si perde una manifestazione.


Ma cosa c'entrano i proprietari di quelle automobili?


"Hanno colpito dei simboli: banche, macchine da ricchi. Nessuna macchina povera. Anche se, a volte, in queste situazioni può succedere, può capitare per sbaglio". "Deve capire che questi ragazzi vengono qui e rischiano la loro incolumità per i loro ideali. Lo fanno perché sono disperati, è l'angoscia che li muove. Se li prendono possono farsi anche 10 anni di galera. Cosa ci guadagnano? Io sono vecchio, anche se mi beccano non rischio molto. Loro sì, ma vengono comunque. E colpiscono i simboli del mondo che non vogliono".


"Ma anche l'Expo è solo un simbolo. E poi non ha senso che proprio quelli che ci affamano facciano un'esposizione sull'alimentazione. Dentro ci sono anche le multinazionali. Pensi che il debito per l'Expo, secondo gli ottimisti, vale un miliardo di euro. E lo paghiamo noi".


Lello Valitutti ecco la sua storia

E' l'unico testimone della morte di Giuseppe Pinelli ed ha attraversato quasi 50 anni di lotte politiche. Si chiama Pasquale Valitutti, è un militante politico anarchico e la sua figura merita di essere ricordata per la coerenza e per il contributo che ha dato alla ricostruzione di una delle vicende più oscure della storia italiana.



Nella scena immortalata dal cameramen di Servizio Pubblico durante la manifestazione di sabato a Roma non ci sono solo Deborah e Andrea, i due giovani picchiati dagli agenti di polizia (uno dei quali ha deberatamente calpestato la ragazza). A ben guardare, sullo sfondo degli scontri – in una delle fasi più concitate di tutta la giornata – c'è un uomo su una sedia a rotelle. Indossa una t-shirt azzurra e un gilet nero. Ha le braccia protese verso un manifestante, presumibilmente proprio Andrea, che viene trascinato via di forza da un agente in borghese, lo stesso che ha calpestato la sua compagna. L'uomo sembra gridare qualcosa al poliziotto, e se potesse si alzerebbe e proteggerebbe quel ragazzo che potrebbe essere suo nipote. In pochi hanno notato il dettaglio. In pochi si sono chiesti chi fosse quell'uomo.



Ebbene, quell'uomo non è un passante qualsiasi. Né – come hanno scritto molti utenti dei social network – un disabile sfortunato, incappato per caso in una manifestazione. No, quell'uomo si chiama Pasquale Valitutti: soprannominato Lello, ha attraversato mezzo secolo di lotte politiche e, malgrado da anni sia costretto su una sedia a rotelle, continua a partecipare alle manifestazioni, anche alle più dure e pericolose. Lo scorso 19 ottobre è stato immortalato con una bomboletta spray in mano mentre spruzzava su una camionetta della Guardia di Finanza. Un'altra foto lo ritrae mentre fronteggia un plotone di celerini in assetto antisommossa: il pugno chiuso, il corpo protratto in avanti. Lo vedi, e capisci che se potesse si alzerebbe dalla sedia e fronteggerebbe quello schieramento di agenti.



Ho incontrato Lello Valitutti per la prima volta a Chiomonte. Era l'agosto del 2012 e nel campeggio dei NO Tav lui raccontò la notte del 15 dicembre 1969. La notte in cui Giuseppe Pinelli "venne suicidato". La notte in cui l'anarchico precipitò dall'ufficio della questura di Milano, dove era da giorni sotto un interrogatorio condotto dal commissario Luigi Calabresi. Il 12 dicembre una bomba era esplosa a Piazza Fontana provocando una strage: la polizia – nel corso di una retata – catturò decine di anarchici. Tra questi Giuseppe Pinelli e Lello Valitutti. Lello da ore attendeva che Pinelli uscisse dalla stanza per essere a sua volta interrogato dai funzionari della questura. "Da questo corridoio passano, portando Pino (Giuseppe Pinelli, ndr), Calabresi e gli altri, e vanno nella stanza vicino – ha sempre raccontato Lello -. Chi dice che Calabresi non era in quella stanza sta mentendo, nel più spudorato dei modi. Calabresi è entrato in quella stanza, è entrato insieme agli altri, nessuno è più uscito. Io ve l’assicuro, era notte fonda, c’era un silenzio incredibile, qualunque passo, qualunque rumore rimbombava, era impossibile sbagliarsi, lui era in quella stanza. Dopo circa un’ora che lui era in quella stanza, che c’era Pino in quella stanza, che non avevo sentito nulla, quindi saranno state le 11 e mezzo, grosso modo, in quella stanza succede qualcosa che io ho sempre descritto nel modo più oggettivo, più serio, scrupoloso, dei rumori, un trambusto, come una rissa, come se si rovesciassero dei mobili, delle sedie, delle voci concitate".



Valitutti, dunque, è l'unico testimone vivente di quella notte di quasi 45 anni fa. Nel 2002 venne chiamato in causa da Gerardo D'Ambrosio, all'epoca titolare dell'inchiesta e di recente deceduto. In un'intervista a Sette, settimanale del Corriere della Sera, il giudice erroneamente disse: "Ottenni un’altra prova sull’innocenza di Calabresi". Quale? domanda il giornalista. "La testimonianza di uno degli anarchici fermati, Pasquale Valitutti: aveva visto Calabresi uscire dalla stanza prima che Pinelli cadesse". La replica di Valitutti non si fece attendere e – in una lettera scritta a Sandro Curzi, allora direttore di Liberazione – precisò: "Caro Direttore, leggo su Sette, settimanale del “Corriere della Sera” in edicola oggi, un servizio che rievoca la vicenda Calabresi a trent’anni dall’omicidio del commissario, con un’intervista al procuratore di Milano Gerardo D’Ambrosio che mi chiama personalmente in causa. Vedo, ancora una volta, distorta la verità. Io sono l’anarchico Pasquale Valitutti e ho sempre sostenuto il contrario. Lo ripeto a lei oggi: Calabresi era nella stanza al momento della caduta di Pinelli. Se tutto è ormai chiaro, come dicono, perché continuare a mentire in questo modo vergognoso sulla mia testimonianza? Io sono ormai stanco, malato e fuori da qualsiasi gioco. Ma alla verità non sono disposto a rinunciare".

Ecco dunque chi è l'uomo seduto su una sedia a rotelle immortalato in quasi tutte le ultime manifestazioni. Lello Valitutti, anarchico, non è un semplice passante, un disabile sfortunatamente incappato negli scontri. Lello Valitutti è un militante politico e la sua figura merita di essere ricordata per la coerenza, per il contributo che ha dato alla ricostruzione di una delle vicende più oscure della storia italiana. Lello Valitutti è uno dei ragazzi che sabato manifestavano per costruire un mondo migliore. E smettetela di chiamarlo "povero disabile".

Lello Valitutti, di Davide Falcioni
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