Le Carte Parlanti

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lunedì 26 settembre 2016

Troppi italiani, il Ticino vota per fermarli



Era il 9 febbraio 2014 quando gli svizzeri, tra la sorpresa generale, accettarono l'iniziativa federale contro l'immigrazione di massa, lanciata dal partito di destra UDC: a quel risicato 50,3% a livello nazionale contribuì in maniera decisa il Ticino, con il 68,2% di «sì».

E ora proprio il cantone che confina con l'Italia e che è invaso giornalmente da 62.409 lavoratori frontalieri torna alle urne per esprimersi su un'altra iniziativa nata nel solco di quel 9 febbraio sin qui mai applicato. È denominata «Prima i nostri» e descrive già da sola l'obiettivo che si pone: ancorare nella Costituzione il principio della preferenza indigena (anche per scongiurare sostituzioni) e la complementarietà professionale tra lavoratori svizzeri e stranieri.

Insomma di favorire, a parità di qualifiche, i residenti rispetto ai «confinanti» - questi ultimi provenienti in larghissima parte dalle province di Como e di Varese - stabilendo pure contingenti e tetti massimi (che andranno definiti).

Presentata con l'appoggio di quasi undicimila cittadini, «Prima i nostri» è vista dall'UDC (che sul tema trionfò, appunto, già quel 9 febbraio) come unica soluzione alla costante e crescente presenza dei frontalieri sul mercato del lavoro, ormai fin nel settore terziario, quello dei servizi (con conseguente effetto di dumping salariale sempre più marcato). Il parlamento ticinese reputa tuttavia il testo dell'iniziativa difficilmente attuabile nel suo complesso e ha perciò varato un controprogetto, con il sostegno del governo di Bellinzona.

Si tratta di un modello meno vincolante e più edulcorato, che considera comunque il principio della precedenza ai residenti rispetto ai pendolari delle province italiane. Una soluzione «morbida» che, proprio per questo, non piace al grintoso UDC (sostenuto dalla Lega dei Ticinesi), che invita i cittadini a votare per il testo originale, spiegando che il numero dei frontalieri è cresciuto costantemente e in modo smisurato negli ultimi anni nonostante la crisi economica e le difficoltà di molti settori, anche sul territorio svizzero. Ma allo stesso tempo il movimento di destra riconosce il fatto che «i partiti storici e la maggioranza del Parlamento hanno finalmente ammesso che i problemi causati dall'invasione dei lavoratori stranieri sono gravi».

Tutto questo lo ricordiamo avviene mentre Berna è ancora al lavoro per la faticosa concretizzazione del voto di due anni e mezzo fa, con tutte le difficoltà sorte nel frattempo con l'Unione Europea; a tal proposito i firmatari del controprogetto temono che se anche l'iniziativa dell'UDC ticinese venisse approvata, provocherebbe ulteriori tensioni e confusione, complicando ancora di più le difficili trattative tra Berna e Bruxelles. Per i cittadini, a questo punto, è una sorta di rompicapo: sostenere l'originale dell'UDC o puntare sulla soluzione alternativa (e annacquata) di parlamento e governo?

La risposta dalle urne arriverà domenica pomeriggio. Per capire cosa cambierà per i frontalieri nel caso l'iniziativa «Prima i nostri» passasse, invece, bisognerà attendere l'applicazione del testo che - come il 9 febbraio ha ampiamente dimostrato - si scontra con gli accordi in vigore sulla libera circolazione.




Referendum, la Svizzera vota contro il lavoro agli stranieri

Il Canton Ticino ha votato contro il lavoro agli stranieri, tra i quali gli italiani. L’iniziativa popolare «Prima i nostri», lanciata dalla destra nazionalista dell’Udc, ha conseguito i 58% dei voti, mentre il 39,7% dei ticinesi ha detto no, prevalente soprattutto nei comuni di Quinto, Dalpe, Lavizzara, Linescio, Bosco Gurin, Onsernone, Orsellina, Gorduno, Vico Morcote e Novaggio. Negli altri 120 comuni ha prevalso il voto favorevole alla proposta di dare la precedenza ai residenti nell’assegnazione dei posti di lavoro nel cantone.


È stata invece respinta la proposta con cui la sinistra chiedeva misure di controllo sugli stipendi: il controprogetto governativo ha vinto con il 55% dei sì, riferisce Tio, il Portale del Ticino, mentre la proposta referendaria ha conseguito solo il 45% dei consensi contro il 52,4% delle bocciature. «È una vittoria incredibile», ha detto il presidente dell’Udc Ticino, consapevole però che il risultato non avrà effetti vincolanti sulle leggi che regolano il mercato del lavoro, che spettano alle autorità centrali.


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venerdì 23 settembre 2016

No Fertility Day, sì asili e lavoro



No Fertility Day, sì asili e lavoro






Ministra Lorenzin,

Siamo cittadine e cittadini preoccupati e indignati dall'iniziativa Fertility Day, che lei sta promuovendo per incoraggiare le nascite in Italia.

È vero che abbiamo il tasso di natalità più basso d’Europa, che aumenta l’età per avere il primo figlio e che ci sono problemi di fertilità nostro Paese. 

Ma la risposta che la sua iniziativa offre - a una questione tanto complessa e delicata - ci sembra superficiale e fuorviante, perché la affronta come se si trattasse di mancanza di informazione o peggio di volontà, Senza contare l'avere ignorato quanti non fanno figli perché non possono e quanti vivono nuove realtà famigliari, etero e omosessuali.

Riteniamo che per incoraggiare le nascite e sostenere le coppie a fare figli in realtà servano vere politiche per la famiglia, servizi adeguati come in altri Paesi europei: dalla maggiore efficienza dei trasporti all'accessibilità degli asili nido, dalla qualità della sanità pubblica alle migliore conciliazione vita-lavoro, con leggi che non discriminino le madri e non rendano il lavoro eternamente precario.

Serve un impegno serio da parte di tutte le istituzioni, da quelle nazionali ai Comuni, con risposte chiare alla domanda di famiglia che oggi gli italiani rivolgono alla politica. 

Per questi motivi, le chiediamo di ritirare l'iniziativa Fertility Day e di riconsiderare l'evento del 22 settembre.Grazie.

GUARDA IL VIDEO QUI :  https://www.facebook.com/SignorinaEffe/videos/1231892153518535/


SE SEI DACCORDO CON NOI 
FIRMA QUI : http://www.progressi.org/fertility?
utm_campaign=nofertility9&utm_medium=email&utm_source=progressi


FOTO SBAGLIATA PER CAMPAGNA
SBAGLIATA

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martedì 20 settembre 2016

José Mujica : IL MIGLIOR DISCORSO DEL MONDO




José Mujica 

 IL MIGLIOR DISCORSO DEL MONDO 

 "Non veniamo al mondo per lavorare o per accumulare ricchezza, ma per vivere. 
E di vita ne abbiamo solo una"

"Appartengo a una generazione che ha voluto cambiare il mondo, ma che ha commesso il terribile errore di non volere cambiare prima se stessa". José Mujica, l'80enne ex presidente dell'Uruguay che durante l'epoca della dittatura fu imprigionato per 15 anni in una cella di isolamento, ha una visione del mondo piuttosto chiara. Il lungo periodo in carcere gli ha permesso di pensare molto e, in occasione dell'inaugurazione del Congresso sulla Saggezza e sulla Conoscenza organizzato dalla stazione radio spagnola Cadena Ser a Cordova, ha illustrato alcuni cardini della propria concezione dell'esistenza.

In prigione ho pensato che le cose hanno un inizio e una fine. Ció che ha un inizio e una fine è semplicemente la vita. Il resto è solo di passaggio. La vita è questo, un minuto e se ne va. Abbiamo a disposizione l'eternità per non essere e solo un minuto per essere. Per questo, ciò che più mi offende oggi è la poca importanza che diamo al fatto di essere vivi.
Da quando, qualche mese fa, Mujica ha smesso di governare il proprio Paese, ha iniziato a viaggiare parecchio ed è diventato un punto di riferimento per diverse persone. Molti apprezzano le sue idee, il suo modo di essere semplice e il suo parlar chiaro.

Essere anziano è un vantaggio, perché da giovane uno può montarsi la testa con tutti questi elogi. Però non sono né un filosofo né un intellettuale. Lo sono stato fino ai 25 anni. Fino a quell'età leggevo di tutto, dalla guida telefonica a Seneca.
Il filosofo romano vissuto a Cordova è stato una costante nel discorso dell'80enne. "Seneca affermava che non è povero chi ha poco, ma chi desidera molto". Mujica si è cosí concentrato sull'economia di mercato e su un sistema di crescita basato sul consumo.

Io lotto contro l'idea che la felicità stia nella capacità di comprare cose nuove. Non siamo venuti al mondo solo per lavorare e per comprare; siamo nati per vivere. La vita è un miracolo; la vita è un regalo. E ne abbiamo solo una.



Il discorso che vorremmo ascoltare da ogni politico. Il Presidente dell'Uruguay Josè "Pepe" Mujica tocca i cuori con la sua semplice, inoppugnabile, coraggiosa verità. E' l'uomo che governa il mercato o il mercato che governa l'uomo? Un discorso che passerà alla storia.

Pepe Mujica, noto come "il presidente più povero del mondo", ha attualmente 77 anni, vive nella sua casa modesta, devolve il 90% del suo stipendio in beneficenza. E' stato in carcere 14 anni come oppositore del regime.


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sabato 10 settembre 2016

Olimpiadi 2024 a Roma sono Utili ?



Italia 90, mutui finiti di pagare ora. E presto si riparte con le Olimpiadi
A dicembre 2015 gli ultimi 61 milioni per coprire le spese del mondiale degli sprechi. I radicali: ora un referendum sulla candidatura di Roma 2024

L’eredità dei mondiali di calcio di Italia ’90, delusione calcistica a parte, sono una delle peggiori macchie nella storia dei grandi eventi nel nostro Paese. E quell’eredità che grida vendetta nelle nostre città, silenziosamente ha continuato a pesare sui bilanci pubblici fino a ieri. La notizia la dà Riccardo Magi, segretario dei Radicali italiani: “Abbiamo finito a dicembre scorso di pagare i mutui per i mondiali di calcio del 1990”. Ed effettivamente nel bilancio di previsione di Palazzo Chigi per il 2015 c’è una voce di spesa per 61,2 milioni di euro (una cifra persino superiore di quella pagata negli ultimi anni) il cui giustificativo rimanda alla legge 65 del 1987, ovvero la legge che servì a finanziare le nuove strutture sportive destinate ai campionati di calcio che risultarono a posteriori uno dei mondiali più costosi della 
storia, con una spesa di oltre 7 mila miliardi di lire, di cui 6mila a carico dello Stato. Un salasso da oltre tre miliardi e mezzo di euro, “traducendo” la cifra nella valuta attuale senza rivalutarla, per carità di patria.

Ci sarebbe almeno da tirare un sospiro di sollievo, come quando si paga l’ultima rata del mutuo della casa. Siamo liberi finalmente. O forse no. Perché a quanto pare stiamo per ricominciare da capo: il governo Renzi ha confermato l’intenzione di far concorrere Roma alle Olimpiadi del 2024 e ha già stanziato dieci milioni per le prime spesucce. C’è però chi vorrebbe avere garanzie che l’esperienza disastrosa del ’90 non si ripeterà. La rivelazione di Magi coincide con l’annuncio dell’avvio della raccolta firme per chiedere ai romani cosa ne pensano: un referendum, a norma di statuto del Campidoglio, per far decidere alla città se si sente pronta a ospitare l’evento, dopo il gran rifiuto imposto dall’ex premier 
Monti (anche in quel caso senza chiedere nulla ai romani). Un’iniziativa già tenuta in altre città 
candidate, da Monaco a Davos. Contro il referendum si è già schierato Luca di Montezemolo, 
presidente del comitato promotore, secondo cui “Roma si è gia espressa”. Il riferimento è a un voto del consiglio comunale. Ma, contesta il comitato referendario, si trattava solo di una mozione, promossa dal consiglio ormai decaduto, senza che ci fosse alcun piano di spesa o studio di fattibilità.

“Non siamo pregiudizialmente contrari ai grandi eventi  dice Emma Bonino, presente alla conferenza stampa del comitato promotore del referendum con Oliviero Beha e il segretario cittadino dei radicali Alessandro Capriccioli ma vorremmo che ci fossero trasparenza e coinvolgimento dei cittadini”. La leader radicale insiste sulla necessità di un cambio di metodo, per evitare che si proceda all’oscuro per anni per poi arrivare alla solita emergenza che giustifica le scorciatoie. Uno scontro che potrebbe dividere Roma. Di certo è auspicabile che si trovi il modo di evitare la “maledizione del vincitore”, un effetto aumento delle tasse e peggioramento dell’economia che, secondo l’economista Wladimir Andreff 
ha colpito non poche nazioni ospitanti del grande evento sportivo.

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ROMA CANDIDATA ALLE OLIMPIADI

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Olimpiadi a Roma 2024



Roma 2024, pronti tre poli sportivi. 
Le Olimpiadi porterebbero 117 mila nuovi posti di lavoro

Roma si candida ufficialmente per ospitare i Giochi Olimpici del 2024. Al Palazzo dei Congressi stamattina svelerà, durante quella che è una festa, le sue previsioni, i siti degli impianti e, soprattutto, farà sapere qual è il budget previsto per organizzare le Olimpiadi.

Tutte le città candidate oggi scoprono il velo. Il Comitato olimpico internazionale riceverà i dossier di Budapest, Los Angeles, Parigi e Roma con le risposte agli ottanta quesiti loro rivolti. Nel dossier, che verrà inviato a Losanna in via elettronica, una chiavetta digitale e non più in un (costoso) volume, ci sono i dati dei Giochi.

Tre poli sportivi (Foro Italico, Tor Vergata e Fiera di Roma) con il 70% degli impianti già pronti, e poi la "grande bellezza" di Colosseo e Fori valore aggiunto della candidatura capitolina. Sono alcuni dei punti di forza della brochure olimpica di Roma 2024: il dossier, presentato al Palazzo dei Congressi dell'Eur e inviato al Cio, fa leva anche sulla valenza culturale e sullo scenario unico che Roma offre. Un progetto 
che si basa su questi principi: «unità, trasparenza, legalità e sobrietà».

Il Colosseo ospiterà la sfilata dei vincitori, i Fori Imperiali saranno il traguardo della prova ciclistica in linea, mentre la prova a cronometro arriverà a Ostia antica. Marcia e maratona arriveranno all'Arco di Costantino, passando davanti a San Pietro, alla Moschea e alla Sinagoga. Il beach volley si terrà al Circo Massimo. 
Il tiro con l'arco ai Fori Imperiali, con vista sul Colosseo.

Mattarella: «Sfida per progettualità del Paese». «La candidatura di Roma ad ospitare i Giochi Olimpici e Paralimpici del 2024 è una sfida che sollecita le capacità progettuali del Paese, che ne mette alla prova visione, qualità e risorse». Sono le prime parole di una lettera del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al presidente del comitato promotore, Luca di Montezemolo, e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, che ne sta leggendo il testo in apertura della presentazione del dossier della 
candidatura italiana ai Giochi.

«Valorizzare le energie migliori» dello sport ed eliminare «le storture, contrastando zone grigie e ogni forma di illegalità», continua Mattarella, indicando che «il percorso che ci separa dal momento in cui verranno assegnati i giochi va compiuto con impegno e coerenza, chiedendo al nostro sport di dare il meglio di sè in tutti i campi», «investendo sulle eccellenze come sulla diffusione della pratica sportiva di base, incentivando tutti coloro che, con generosità, si dedicano alla crescita delle diverse discipline».

Il messaggio del presidente si chiude così: «Come le Olimpiadi del 1960 segnarono un passaggio importante nello sviluppo economico e sociale dell'Italia, il mio auspicio è che le Olimpiadi del 2024 possano diventare il crocevia di una nuova crescita contrassegnata da qualità e sostenibilità».

Tronca: «Roma ce la fa e ce la deve fare». La Capitale deve farcela: lo ha affermato il commissario straordinario di Roma, Francesco Paolo Tronca, a margine della presentazione del rapporto. «È importante - ha aggiunto - ogni iniziativa che dia entusiasmo e visibilità a questa città che merita di essere riaccesa in tutte le sue parti e non parlo solo del centro storico e dei monumenti. Sono la città e i romani che hanno bisogno di luce e noi come Campidoglio stiamo portando avanti degli impegni forti quali quelli della riorganizzazione del patrimonio e del ristabilimento di un percorso di forte e decisa legalità. 
Dobbiamo andare avanti e non fermarsi», ha aggiunto.

Montezemolo: «Paese e Roma hanno la forza per vincere questa sfida». «Il Paese e la città di Roma hanno la forza, la cultura, la tecnologia e la voglia di accettare e di vincere una sfida». Lo ha affermato Luca Cordero di Montezemolo, presidente del comitato promotore della candidatura di Roma ad ospitare i Giochi Olimpici 2024, nel corso della presentazione del dossier olimpico al Palazzo dei Congressi di Roma. «C'è un tema al centro del progetto: l'arte italiana dell'accoglienza la capacità nel portare in giro la qualità della vita nel nostro paese», ha detto Montezemolo, «Sarà la più grande festa dello sport».

Montezemolo ha spiegato che «Il Costo per impianti permanenti che resteranno alla città è di 2,1 miliardi di euro. Il progetto si fonda su quattro pilastri: elevata trasparenza approccio low cost, condivisione e coinvolgimento, miglioramento della qualità della nostra città. Abbiamo dei rivali, Ma a la città ha la voglia e la forza per vincere questa sfida».

«Lo sport è il più grande strumento di unità al mondo, 
di qualunque fede, nazionalità e posizione politica. 

E può unire anche il nostro Paese, metterlo al centro dell'attenzione del mondo, così come accaduto a Milano con Expo». È il pensiero del presidente del Comitato promotore di Roma 2024, Luca di Montezemolo, nel suo intervento di presentazione del dossier di candidatura olimpica in corso al Palazzo dei Congressi all'Eur. «Sport, etica, competizione, passione - ha concluso - crediamo nella forza dello sport nell'unire il mondo in momenti purtroppo così difficili, complicati, per certi aspetti tragici e drammatici».

Castellitto: «Giochi cambieranno il volto della città». «Roma non è una città come tutte le altre, Roma è un luogo mentale. So solo che le Olimpiadi ancora una volta cambieranno il volto di questa città, una crescita che significa innovazione, spinta in avanti, tecnologia, insomma Energia». Sono le parole dell'attore e regista romano, Sergio Castellitto, introducendo la presentazione del dossier olimpico. «È successo già a Torino, Barcellona, Vancouver, e anche a Roma nel 1960. Una storia che è la nostra storia, diede una scossa a tutto il Paese, fu il mondo a venirci a trovare». Immaginando il via ideale ai futuri Giochi di Roma 2024, Castellitto ha concluso: «Mentre il tedoforo entrerà nella città, futuro e 
passato saranno una sola cosa, un solo viaggio, una sola emozione».

Le ricadute economiche. Un Pil di segno positivo, +0,4% in media annua, che in termini occupazionali si traduce in circa 177mila nuovi posti di lavoro. È la cifra di maggior impatto sul Paese quella che emerge dal dossier sulla «Valutazione economica dei Giochi olimpici e paralimpici Roma 2024», presentato dal Coni e dal Comitato organizzatore. Se Roma dovesse vincere la corsa olimpica, nel periodo 2017-2023 
la crescita del prodotto interno lordo è stato stimato a oltre il 2,4%. I costi ammonterebbero a 5,3 mld.Potrebbe diventare la prima medaglia d'oro olimpica per l'Italia: non avrebbe le stimmate dell'impresa sportiva ma sicuramente della ricaduta economica. E già, perchè Roma 2024 potrebbe portare in dote alla capitale una crescita del Pil misurabile nello 0,4% in media annua che, in termini occupazionali, significherebbe circa 177 mila unità di lavoro in tutto il periodo di cantiere, di cui 48 mila direttamente collegate ai lavori preparatori dei Giochi. È lo spaccato dell'analisi di sostenibilità economica, analisi di convenienza economica e analisi di impatto che contribuisce a chiarire la portata costi-benefici del 
progetto a cinque cerchi della candidatura italiana. Tradotto in numeri, se Roma dovesse riuscire a vincere la sua sfida contro Parigi, Amburgo, Budapest e Los Angeles, il contributo incrementale alla crescita del pil della Regione Lazio, inclusa Roma, nel periodo 2017-2023 è stato stimato a oltre il 2,4% con una media annua, come detto, intorno allo 0,4%, e una accelerazione di crescita significativa 
rispetto allo scenario più probabile in assenza delle Olimpiadi.

In buona sostanza, Roma 2024 porterebbe un valore aggiunto pari a 14,5 miliardi di euro, contro i 10,599 stimati senza il progetto olimpico, con un income netto di 3,961 miliardi di euro. Il solo reddito delle famiglie, segnalano gli indicatori di impatto nel periodo di cantiere, arriverebbe a 10,7 miliardi, quasi 3 in più rispetto ad una Roma 'non olimpicà (7,804 mld). Ne trarrebbero vantaggio anche le entrate fiscali che, grazie ai redditi più ricchi, salirebbero sopra i 3 miliardi (3,199), contro i 2,3 stimati senza il progetto a cinque cerchi: 867 milioni di euro in più. Tra l'altro, l'effetto volano sull'occupazione non si stonerebbe con la fine del 2024: nel decennio successivo alle Olimpiadi infatti, stima il Ceis, il modello economico utilizzato proietta un incremento dell'occupazione pari ad altre 90.000 unità di lavoro, 
'figliè dell'incremento di efficienza delle infrastrutture (soprattutto quelle sportive) e dell'espansione dei servizi e delle attività economiche correlate. Più in generale, i costi (di investimento e operativi) dell'organizzazione di Roma 2024 ammonterebbero a 5,3 mld, mentre i benefici provenienti da incassi (sponsorizzazioni per 615 milioni, merchandising, vendita dei biglietti, il contributo Cio di 1,046 mld), arriverebbero a 3.2 miliardi.

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martedì 6 settembre 2016

Madre Teresa di Calcutta : Lato Oscuro


Il lato oscuro di Madre Teresa di Calcutta

Il suo nome fa parte del linguaggio corrente. Madre Teresa, canonizzata domenica, 
4settembre 2016, 
durante una cerimonia del Vaticano, è ufficialmente diventata santa. Ma nell’immaginario collettivo, l’icona mondiale della lotta contro la povertà deceduta nel 1997, era già considerata una santa quando era ancora in vita. È anche diventata un archetipo.

Bontà, generosità, altruismo… sono diverse le qualità che vengono in mente quando si pensa a Madre Teresa. E che fanno dire: “Io non sono certo Madre Teresa” a coloro che fanno “mea culpa” o ammettono le proprie mancanze. Eppure, aldilà della legittimità dei miracoli che le sono stati attribuiti (e che sono fonte di discussione per loro stessa natura), la figura di Madre Teresa nasconde anche delle zone d’ombra che hanno oscurato il suo mito.

Una religiosa reazionaria e incline al proselitismo. 
In un velenoso articolo apparso nel 2003, il saggista anglo-americano Christopher Hitchens denunciò la visione di una “ultra-reazionaria fondamentalista, anche in termini cattolici ortodossi” di Madre Teresa, riferendosi alle posizioni della religiosa sull’aborto, la contraccezione e il divorzio.

Nel 1994, Madre Teresa dichiar davanti al presidente americano dell’epoca, Bill Clinton e sua moglie Hillary, che “La più grande minaccia per la pace, oggi, è l’aborto: si tratta di una guerra contro il bambino, dell’uccisione di un innocente perpetrata dalla stessa madre. Come possiamo dire ai popoli di non uccidersi tra di loro, se accettiamo che una madre uccida suo figlio?”, 
fu la sua domanda.

Come fa notare Témoignage Chrétien la visione di Madre Teresa era “in ritardo rispetto ai testi ufficiali della Chiesa”, ad esempio sulla questione della sessualità. “La sua “rivale” nel cuore dei Francesi, Suor Emmanuelle (1908-2008), ad esempio, tenne un discorso molto più responsabile per contrastare l’eccesso di nascite e la diffusione dell’AIDS”, 
ha affermato il settimanale cattolico.

Oltre a queste tendenze conservatrici, Madre Teresa è stata criticata anche per la sua inclinazione al proselitismo. In India Mohan Bhagwat, leader dell’organizzazione nazionalista, l’ha accusata (nel 2015) 
di essersi posta come obiettivo in vita quello di convertire le persone a cui prestava aiuto .
“In nome del servizio reso sono state effettuate delle conversioni religiose”, ha denunciato. Non è il solo ad aver tenuto discorsi di questo tipo in India, anche altri hanno fatto riferimento ad un approccio “colonialista”.

“La sofferenza viene glorificata, non curata”.

“Sono disincantata” spiega a Plus de L’Obs un’ ex volontaria in un ospizio delle Missionarie della Carità, a Calcutta, fondato dal Nobel per la pace nel 1979. “Lì, da Madre Teresa, la sofferenza viene glorificata, non guarita”, accusa la giovane che ricorda che i pazienti ricevono “poca o nessuna cura”, l’igiene “è ben lontana dall’essere ottimale” e vi operano suore senza competenze mediche.

“Il medico passa una volta alla settimana per tutti i pazienti, inclusi i malati di cancro che sono trattati con aspirina e vitamine”, continua l’ex benefattrice, che ironizza: “Non so se avete già provato a curarvi il cancro unicamente con antidolorifici, ma non è proprio il metodo più efficace”Hemley Gonzalez, altro ex volontario intervistato dalla CNN , ha rilasciato le stesse dichiarazioni. Quando ha proposto di installare un boiler per evitare che i malati si lavassero con acqua fredda, gli hanno risposto: “Qui non si fa così. È la volontà di Gesù”. Anche la rivista scientifica The Lancet ha svelato l’esistenza di simili mancanze.

In sostanza, sono le stesse accuse di uno studio canadese – controverso- pubblicato nel 2013. “Nelle missioni della religiosa, due terzi dei pazienti aspetta invano di ricevere cure mediche, mentre gli altri vi si recano per morire senza ricevere cure adeguate”, raccontava allora Radio Canada, additando come causa di queste carenze la “concezione della sofferenza di Madre Teresa “ (e non la mancanza di risorse).

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Madre Teresa

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lunedì 5 settembre 2016

Parlamento Italiano Assenteisti domina Forza Italia



Parlamento Italiano Assenteisti domina Forza Italia

Il record di Angelucci

 L'azzurro che straccia ogni record di assenteismo si chiama Antonio Angelucci, è il re delle cliniche romane e ancora si ricorda mentre "sgommava" nel cortile di Palazzo Grazioli a bordo di una sgargiante Ferrari gialla. Non vota praticamente mai: in tre anni a Montecitorio, 86 volte su 16.365. In pratica, salta l'appello il 99,47% delle volte. L'onorevole comanda incontrastato la lista dei cinquanta deputati "invisibili". Ed è capofila di una pattuglia infarcita di nomi targati Forza Italia. E già, perché proprio nella legislatura più disastrosa dell'era berlusconiana è questo l'unico primato conquistato dal partito dell'ex Cavaliere.

Qualche mese fa, per contrastare l'inarrestabile declino, proprio Berlusconi lanciò una proposta ai dirigenti: "Cerchiamo di recuperare terreno stando un po' meno a Montecitorio e battendo di più il territorio". L'hanno preso letteralmente in parola: nella top ten degli assenteisti della Camera - quelli cioé che secondo l'associazione Openpolis non sono presenti o non partecipano al voto, senza essere "giustificati" in missione - ben 4 (il 40%) sono di Forza Italia. Angelucci, il recordman, ha ritoccato il primato da una legislatura all'altra, visto che in quella precedente si era accontentato della quarta piazza. Tra gli azzurri, comunque, lo tallonano Rocco Crimi (secondo posto con il 92,09% delle assenze), Piero Longo (quarto con il 77,42%) e Daniela Santanché (sesta con 73,88%). Tra i primi dieci spiccano anche due onorevoli di Fratelli d'Italia (Giorgia Meloni e Pasquale Maietta, presidente del Latina calcio), Gregorio Gitti (Pd), Filippo Piccone (Ap), la grillina Giulia Di Vita e il montiano Alberto Bombassei.

Allargando il campo, il quadro non cambia: quindici azzurri (il 30%) sono presenti nella classifica dei primi 50 assenteisti (in realtà ce ne sono altri due di FI che non frequentano il Parlamento per ragioni di salute, e altri due perché sottoposti a misure cautelari). Comunque tantissimi, se si considera che i deputati berlusconiani sono solo l'8,43% del totale (53 su 630). A guidare il gruppo, per paradosso, è uno stakanovista come Renato Brunetta: "Io lavoro alla Camera dalle otto di mattina alle otto di sera - ricorda - dal lunedì al venerdì". E i suoi deputati poco presenti, presidente? "Tutti bravissimi".





L'abitudine a disertare l'Aula, a dire il vero, sembra coinvolgere anche parecchi dei parlamentari che hanno voltato le spalle ad Arcore dopo l'elezione. Nella "top 50", infatti, spiccano anche 5 alfaniani di Ap, 4 verdiniani di Ala, 3 Conservatori di Fitto. Sommati agli assenteisti di FI, il numero diventa addirittura sorprendente: 27 su 50, il 54% del totale. E se questo monopolio berlusconiano alla Camera fosse solo un caso? Il dubbio è legittimo, ma i dati dicono altro: anche al Senato, infatti, la situazione è pressoché identica. Guida la classifica Niccolò Ghedini, seguito da Denis Verdini: in tutto, 4 berlusconiani (Ghedini, Altero Matteoli, Maria Rosaria Rossi e Francesco Nitto Palma) e tre di Ala (Verdini, Riccardo Conti e Sandro Bondi) tra i dieci senatori più assenti. Tredici (8 di FI e 5 di Ala) tra i primi 25.

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DANNI CREATI ALL' ITALIA

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sabato 3 settembre 2016

Charlie Hébdo e le Vignetta sul Terremoto







"Non è Charlie hébdo che ha costruito le case degli Italiani, ma la mafia"

Credo che solo gli italiani non abbiano ne la consapevolezza ne la percezione di come siamo e di come giustamente ci vedono all'estero. Per quanto di cattivissimo gusto la vignetta è non solo reale ma trova spunto proprio dalle vicende italiane. Non si è ancora spento l'eco della atroce risata del costruttore amico della casta che sghignazzava dopo il terremoto dell'Aquila, ha meno di due settimane l'illuminante discussione su RAI1 dei vespa e del rio che si vantavano di come adesso sarebbe cresciuta l'economia e il pil e siamo sempre noi che abbiamo nominato come commissario tale Errani ai tempi governatore 
dell'Emilia Romagna dove sono ancora sistemati nei container. 
Siamo noi che facciamo finire tutto in pastetta.
Loro semplicemente rappresentano l'Italia per quello che è!





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giovedì 1 settembre 2016

Noi votiamo NO

al referendum.
PERCHE'

1) Non è una riforma scritta in modo chiaro e semplice e, soprattutto, non è stata prodotta per iniziativa libera del parlamento, ma sotto dettatura del governo;

2) il bicameralismo non viene davvero superato, come dice il governo, bensì reso più confuso creando conflitti di competenza tra Stato e Regioni e tra Camera e nuovo Senato;

3) non crea semplificazioni per quanto riguarda il processo di produzione delle norme, anzi lo complica: dalle nuove norme su Senato e procedura legislativa deriverebbero almeno 7 procedimenti legislativi differenti;

4) i costi della politica non vengono dimezzati: con la riforma si andrà a risparmiare circa il 20%, ma in realtà sono in arrivo nuove indennità al rialzo per i funzionari parlamentari;

5) l’ampliamento della partecipazione diretta dei cittadini comporterà l’obbligo di raggiungimento di 150mila firme (attualmente ne servono 50mila) per i disegni di legge di iniziativa popolare;

6) non garantisce la sovranità popolare: insieme alla legge Italicum, che mira a trasformare una minoranza in maggioranza assoluta di governo, espropria il popolo dei suoi poteri e consegna la sovranità nelle mani di pochi.


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