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mercoledì 24 gennaio 2018

"Razza bianca a rischio": leghista Ignorante e Razzista


Come dimostra la tabella con la Storia genetica dell’Italia: gli italiani sono i più bastardi d’Europa, ovvero con maggior ricchezza genetica: geni provenienti da tutto il mondo, africano e asiatico. Tra un friulano e un siciliano ci sono da 7 a 30 volte differenze genetiche
 che ci sono tra un portoghese e un ungherese. 

Altro che razza bianca a rischio.

Dna italiani tra i più ricchi di varianti genetiche del mondo.
 Un popolo di santi, poeti e navigatori, certo, ma anche uno dei più ricchi ed eterogenei dal punto di 
vista del patrimonio genetico, modellato dagli incontri con altre genti e dalle diverse condizioni 
ambientali esistenti lungo la penisola. Una storia, quella dei geni degli italiani, che è tanto variegata 
quanto quella della terra che abitano, arricchita dalle migrazioni e segnata dalla geografia.



A sancirlo è uno studio -da poco pubblicato su "Scientific Reports", rivista satellite di Nature- coordinato dal gruppo di Antropologia Molecolare e Adattamento Umano del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali (Bigea) dell’Università di Bologna. Analizzando il Dna di circa 800 individui originari di venti province d’Italia e descrivendo i pattern di variabilità di più di 500.000 varianti genetiche distribuite lungo il loro genoma, i ricercatori sono riusciti a individuare le tracce della complessa storia demografica e di adattamento all'ambiente degli italiani. 


"Lo studio -spiega Marco Sazzini, ricercatore del Bigea- ha evidenziato l’elevata eterogeneità del 
patrimonio genetico delle popolazioni distribuite lungo la penisola. Inoltre, sebbene i profili genetici 
osservati varino progressivamente seguendo un gradiente nord-sud, è stato possibile individuare gruppi omogenei di province riconducibili rispettivamente alla Sardegna, all'Italia settentrionale e a quella meridionale, al cui interno gli abitanti sono molto simili tra di loro dal punto di vista genetico ma si differenziano rispetto a quelli degli altri gruppi". 

Questa distribuzione geografica di variabilità genetica è legata, almeno in parte, alla complessa rete di migrazioni che sin dalla prima colonizzazione del continente ha visto l’Italia fra i punti nevralgici delle rotte migratorie dei popoli europei. In particolare, i risultati della ricerca suggeriscono che le popolazioni dell’Italia settentrionale hanno scambiato i propri geni con gruppi arrivati dall’Europa centro-orientale fino alla fine dell’Età del Bronzo e all'inizio dell’espansione dell’Impero Romano. Gli abitanti dell’Italia centrale e dell’Italia meridionale, invece, avrebbero ereditato anche componenti genetiche tipiche di Medio Oriente e Nord Africa. 

Un considerevole flusso migratorio da queste regioni del Mediterraneo, infatti, si sarebbe mantenuto in Italia centrale fino alle espansioni e contrazioni dell’Impero Bizantino, mentre più recente sarebbe stato l’influsso nordafricano riconducibile all'occupazione araba della Sicilia. La storia genetica degli italiani, però, non è stata influenzata solamente dalle migrazioni. Il gruppo di ricerca dell’Alma Mater, infatti, ha anche indagato i meccanismi evolutivi e di adattamento all'ambiente delle popolazioni d’Italia, scoprendo che tali processi potrebbero aver contribuito a una loro diversa suscettibilità a determinate malattie. 

L’evoluzione delle popolazioni dell’Italia settentrionale, ad esempio, è stata plasmata da pressioni 
ambientali simili a quelle sperimentate dai gruppi dell’Europa centro-settentrionale: in particolare un 
clima caratterizzato da inverni freddi ha portato all'adozione di una dieta con un elevato contenuto 
calorico e di grassi. La selezione naturale ha favorito così in queste popolazioni la diffusione di varianti genetiche in grado di modulare il metabolismo dei lipidi (soprattutto dei trigliceridi e del colesterolo) e la sensibilità delle cellule all'insulina, riducendo così il rischio di sviluppare malattie cardiovascolari e diabete.

Al contrario, la mancanza di tali pressioni ambientali e il notevole contributo genetico ricevuto da altre popolazioni mediterranee hanno fatto sì che gli abitanti dell’Italia centro-meridionale mantenessero elevate frequenze delle varianti genetiche responsabili 
di una maggiore suscettibilità a queste malattie. 

"Queste varianti -aggiunge Sazzini- sarebbero risultate deleterie solo di recente, presumibilmente a 
partire dalla metà del secolo scorso, quando la dieta e lo stile di vita di queste popolazioni hanno 
iniziato a cambiare notevolmente".

Oltre al clima e alla dieta c’è poi un altro fattore che ha indirizzato gli adattamenti genetici degli italiani, soprattutto in Sardegna e nell'Italia centro-meridionale: le malattie infettive. In Sardegna, ad esempio, la malaria sembra aver rappresentato una delle principali pressioni ambientali, mentre nell'Italia del Sud la selezione naturale ha potenziato le risposte infiammatorie contro i batteri responsabili di tubercolosi e lebbra. Questa aumentata protezione nei confronti di tali infezioni potrebbe però rappresentare una delle cause evolutive alla base di una maggiore suscettibilità a patologie infiammatorie dell’intestino quali ad esempio il morbo di Crohn.

Utilizzando un approccio di medicina evolutiva, lo studio è così riuscito a descrivere, per la prima volta, processi di “maladattamento” che espongono maggiormente alcune popolazioni italiane ai rischi connessi alle nuove sfide imposte al loro metabolismo e al loro sistema immunitario da recenti 
cambiamenti negli stili di vita e nella dieta. La ricerca, condotta presso il Laboratorio di Antropologia Molecolare e il Centro di Biologia Genomica dell’Università di Bologna, ha visto impegnati numerosi ricercatori del Dipartimento di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali fra cui Marco Sazzini, Guido Alberto Gnecchi Ruscone, Cristina Giuliani, Davide Pettener e Donata Luiselli, in collaborazione con Paolo Garagnani e Claudio Franceschi del Dipartimento di Medicina Specialistica Diagnostica e Sperimentale e
 Carlo Salvarani dell'Irccs Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.



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Previsioni per il 2018






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