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sabato 25 agosto 2018

Che cos’è No Way, il modello australiano per i migranti voluto da Salvini













Che cos’è No Way, il modello australiano per i migranti voluto da Salvini


Il paese intercetta navi cariche di migranti e di rifugiati, e poi li costringe a vivere in condizioni di prigionia nelle due isole del Pacifico, Nauru e di Manus. Ecco come funziona

No Way. No Way. Nell’ultima diretta Facebook di Salvini del 22 agosto 2018, in merito al caso della nave militare Diciotti, il ministro dell’Interno ha ripetuto più volte queste parole.

Per i migranti irregolari, l’obiettivo di Salvini è il “modello australiano”, 
appunto il modello No Way.

“Nessun migrante soccorso in mare mette piede in Australia”, 
ha detto il capo del Viminale in un’intervista a Rtl, ha detto il vicepremier.

“Il mio obiettivo è il No Way australiano. 
Sulla Diciotti sono tutti immigrati illegali. L’Italia non è più il campo profughi d’Europa. 
Con la mia autorizzazione non scende nessuno”, ha aggiunto Salvini.

Nella sua diretta Facebook Salvini aveva sottolineato che con il suo permesso nessuno, tranne i minori non accompagnati, sarebbe sbarcato: “Se vuol intervenire il presidente della Repubblica lo faccia, se vuole intervenire il presidente del Consiglio lo faccia, ma con il mio permesso no”.

Ma cos’è il modello australiano per la gestione dei migranti?

Il ministro si riferisce alla politica adottata da anni sui migranti in Australia. 
Il paese intercetta navi cariche di migranti e di rifugiati, e poi li costringe a vivere in condizioni di prigionia nelle due isole del Pacifico, Nauru e di Manus.

L’isola dove l’Australia spedisce i rifugiati che non vuole
Matteo Salvini non è nuovo ad apprezzamenti al rigido sistema australiano. In un post pubblicato sulla sua pagina Facebook il 4 giugno 2015 si legge: “Il governo Australiano ha fatto un accordo con le isole di Papua Nuova Guinea e Nauru, perché trattengano gli immigrati che chiedono asilo: nessuno mette più piede in Australia! Il deputato PD dice che è una “stronzata”, ma per me fanno bene! Che dite, affittiamo un’isola anche noi?”

Canberra si è impegnata in termini di comunicazione e di scoraggiamento delle partenze avviando una campagna che usa lo slogan No Way”, tradotta in 17 lingue con spot e manifesti diffusi in molti paesi.

Come funziona il modello australiano
L’Australia ha promosso negli ultimi decenni politiche volte a scoraggiare l’immigrazione irregolare, compresi i respingimenti di imbarcazioni, la detenzione obbligatoria e a tempo indeterminato e la creazione di centri di detenzione all’estero per l’esame dei documenti dei migranti.

I centri di detenzione “offshore” australiani si trovano sull’isola di Nauru, che è uno stato a sé, e a Manus, un’isola della Papua Nuova Guinea.

In cambio, l’Australia offre aiuti economici a questi paesi e ne acquista i servizi. Secondo quanto riportato dal Guardian, i centri costano ai contribuenti australiani circa 1,2 miliardi di dollari all’anno.

In questi centri di detenzione sono stati rilevati pesanti abusi commessi nei confronti dei migranti, alcuni dei quali sono stati denunciati dal Guardian Australia nell’inchiesta denominata Nauru Files.

I documenti del quotidiano dimostrano che nel campo oltre la metà dei casi di violenze denunciati riguarda minori, che rappresentano il 18 per cento della popolazione del centro, e che le violenze sessuali contro le donne sono molto diffuse.

I migranti attendono la risposta alla loro richiesta di asilo vivendo in tende che si allagano quando piove e si surriscaldano nelle giornate di sole. Non hanno accesso alle cure mediche e sono frequenti i casi di suicidio e di autolesionismo.

Per questo, le Nazioni Unite, Amnesty international e diverse altre ong per i diritti umani hanno accusato l’Australia di violare i diritti umani.

Nonostante le critiche a livello internazionale rivolte al governo centrale australiano sul trattamento riservato ai richiedenti asilo, i sondaggi mostrano che le politiche messe a punto per contrastare il fenomeno e impedire a molti di raggiungere le coste australiane hanno riscosso un grande successo popolare.

Una prigione a cielo aperto nel Pacifico
Molti di coloro che sono passati da Nauru e Manus, descrivono il campo come una prigione a cielo aperto. I bambini insieme alle loro famiglie vivono dietro le recinzioni, vengono controllati quando entrano ed escono dal campo o si recano a scuola. Spesso si sentono intimiditi da numerose vessazioni da parte delle guardie di sicurezza.

Nonostante le condizioni difficili, alcuni di loro sognano ancora di fuggire via per riuscire a crearsi un futuro oltre i confini di questa piccola isola.

L’Australia ha da anni intrapreso una politica controversa e insolita. Intercetta navi cariche di migranti e di rifugiati, e poi li costringe a vivere in condizioni di prigionia nelle due isole del Pacifico di Nauru e di Manus, e in Papua Nuova Guinea.

I richiedenti asilo trasferiti nel centro di detenzione di Nauru vivono in tende senza aria condizionata, in una delle zone più calde della terra. Alcuni si lamentano dei tetti e delle tende delle proprie abitazioni-container ammuffite o arrugginite e altri si lamentano della presenza costante di ratti e scarafaggi.

La mancanza di opportunità educative ha portato molti adolescenti a soffrire di depressione, spingendo alcuni addirittura al suicidio. 
La sicurezza individuale del campo è stato un problema costante.

Un rapporto del governo australiano nel 2015 ha documentato innumerevoli accuse di violenza sessuale e fisica presso il centro di accoglienza, compresi casi che coinvolgono bambini. Le accuse hanno riguardato sia altri detenuti sia il personale stesso del centro.



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