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giovedì 23 agosto 2018

La propaganda di Salvini la pagano tutti costa mille euro giorno

La propaganda social di Matteo Salvini ora la paghiamo tutti e ci costa mille euro al giorno. Il primo giorno al Viminale il ministro dell'Interno ha assunto come collaboratori tutti i membri dello staff di comunicazione, incluso il figlio di Marcello Foa. Aumentando a tutti lo stipendio (tanto non sono soldi suoi). I post contro i migranti e le ong, le dirette Facebook per attaccare a destra e a manca, gli sfottò nei confronti di chiunque lo critichi, le bufale razziste rilanciate a milioni di follower e fan.

 ci costa mille euro al giorno

Il primo giorno al Viminale il ministro dell'Interno
 ha assunto come collaboratori tutti i membri dello staff di comunicazione,
 incluso il figlio di Marcello Foa. 
Aumentando a tutti lo stipendio (tanto non sono soldi suoi). 

DI MAURO MUNAFÒ

I post contro i migranti e le ong, le dirette Facebook per attaccare a destra e a manca, gli sfottò nei confronti di chiunque lo critichi, le bufale razziste rilanciate a milioni di follower e fan: la comunicazione di Matteo Salvini non è diventata più istituzionale da quando è seduto nella poltrona di ministro dell'Interno. Ma qualcosa in realtà è cambiato: ora la propaganda sulle sue pagine Facebook personali non la paga più lui, ma direttamente il suo dicastero. E quindi tutti gli italiani.

Nulla di illecito o illegale sia chiaro. Si tratta dei contratti di collaborazione che ogni ministro, una volta insediatosi, utilizza per formare la sua squadra. Dai documenti del ministero dell'Interno si scopre così che già il primo di giugno, primo giorno con il governo Conte insediato, Salvini ha firmato il decreto ministeriale per assumere i suoi fedelissimi strateghi social, 
con stipendi di tutto rispetto.

Primi a passare a libro paga del Viminale sono stati Morisi e Paganella, i fondatori della “Sistema Intranet” che da anni gestisce le pagine social di Matteo Salvini e tra i principali artefici del successo digitale del leghista. Per Luca Morisi, assunto nel ruolo di “consigliere strategico della comunicazione”, lo stipendio è di 65mila euro lordi l'anno. Meglio ancora va al suo socio Andrea Paganella, capo della segreteria di Salvini, che percepirà invece 
86mila euro l'anno fino alla durata del governo.

Non finisce qui. Passano due settimane e la squadra di Salvini si allarga: il 13 giugno vengono assunti direttamente dal Viminale anche altri quattro membri del team social già al lavoro per la propaganda social salviniana. Passano a libro paga del governo anche Fabio Visconti, Andrea Zanelli e Daniele Bertana, tutti con lo stesso stipendio: 41mila euro lordi, circa 2mila euro netti al mese. Stessa cifra e carica, “collaborazione con l'ufficio stampa”, anche per Leonardo Foa, il figlio del candidato alla presidenza Rai del governo gialloverde Marcello Foa .

Il conto totale dello staff di Salvini passato a libro paga delle casse statali è presto fatto: 314mila euro l'anno per lo staff social, a cui vanno aggiunti i 90mila euro l'anno garantiti al capo ufficio stampa Matteo Pandini, ex giornalista di Libero e autore di una biografia di Salvini, assunto il primo luglio scorso. Insomma, più o meno mille euro al giorno pagati da tutti per ricevere tweet, dirette Facebook e selfie da campagna elettorale permanente.

Un dettaglio interessante che emerge dagli stipendi del team social è quello della generosità di Matteo Salvini: generosità con i soldi pubblici però. In una dichiarazione del maggio scorso Luca Morisi, rispondendo agli articoli della stampa, aveva affermato che la Lega aveva stipulato con la sua “Sistemi Intranet” un contratto da 170mila euro annuali per i vari servizi di comunicazione che richiedevano il lavoro di 4 persone: fatta la divisione, significa 42mila euro a persona.

A un solo anno di distanza, e una volta conquistata la poltrona di ministro, Salvini ha deciso di dare a tutti un aumento: il team social, come abbiamo scritto, si compone ora di sei persone per un totale di 314mila euro annui. In media sono 52mila euro a testa, 10mila in più rispetto a quando gli assegni li firmava via Bellerio. La pacchia è iniziata.

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