L'economia del buen vivir alla Fortezza da Basso, Firenze
Gianluca Carmosino
[15 Maggio 2009]
Intervista a Ugo Biggeri, presidente della Fondazione culturale di responsabilità etica [del gruppo Banca etica], principale promotrice di Terra futura. A Firenze, spiega Biggeri, si confrontano analisi e risposte credibili alla crisi globale
Ugo Biggeri non lo dirà mai, ma quando oggi ripensa ai tempi in cui con Mani tese studiava e sperimentava forme di cooperazione e di economia diverse e veniva accolto con scetticismo da politici, economisti e perfino parte della società civile, probabilmente sorride. I semi gettati insieme ad altri, per un commercio equo, per una finanza critica, per una cultura del riuso, per un’economia antiliberista, sembrano interessare sempre più persone e organizzazioni sociali. Oggi da presidente della Fondazione culturale responsabilità etica, principale promotrice di Terra futura, Biggeri trascorre il suo tempo a diffondere con creatività e diversi strumenti principi e pratiche di un’economia davvero sociale, attenta alle persone e all’ambiente. Carta lo ha incontrato alla vigilia della sesta edizione di Terra futura [un’intervista più ampia sarà nel settimanale in edicola dal 29 maggio].
Ugo, la grande differenza con le precedenti edizioni di Terra futura sembra soprattutto il contesto, con l’esplosione della crisi.
Anche se nessuno aveva previsto una crisi così complessa, a Terra futura sono anni che se ne parla. A differenza di altri non siamo impreparati. Il Manifesto per la riforma della finanza globale, che è stato da poco presentato in un incontro di Fiba [Federazione italiana bancari e assicurativi] Cisl, ad esempio, è nato da alcuni seminari che si sono svolti negli anni scorsi a Terra futura. Quel manifesto ha subito incontrato l’adesione, tra gli altri, di Campagna per la Riforma della Banca mondiale, Manitese, Banca etica, Libera, Arci, Acli e altri. Oggi è evidente che la crisi globale è una crisi di sistema, cioè non riguarda solo la questione dei subprime, ma si aggiunge alle crisi ambientale, climatica e sociale di cui ci occupiamo da tempo. Ormai è chiaro a milioni di persone in tutto il mondo: la crescita della grande economia non è più perseguibile. È questo il momento per cambiare politiche economiche, se pur in modo drammatico la crisi è anche un’opportunità. I movimenti che in tutto il mondo praticano e sostengono altre forme di economia possono essere il motore di diversi cambiamenti.
Come far diventare questa nuova economia un cultura di massa?
L’affermazione del biologico, sia per l’interesse sempre più diffuso tra i cittadini sia per l’aumento degli ettari di terra coltivati con i sistemi di agricoltura biologica, è già un fenomeno di massa, figlio della crisi ambientale che molti hanno cominciato a studiare e contrastare già negli anni novanta, con i primi casi di pollo alla diossina e poi quelli della mucca pazza. È quindi un buon esempio da seguire.
Purtroppo alcuni cambiamenti avvengono soltanto dopo crisi violente. Il problema resta di tipo culturale, perché siamo stati educati a diventare tutti consumatori irresponsabili. Ma oggi finalmente una nuova cultura e nuova consapevolezza si stanno diffondendo.
Alla presentazione di Terra futura 2009 durante il Forum sociale mondiale di Belem si è parlato in particolare di ‘buon vivir’. Perché?
Esistono più definizioni che alludono a esperienze diverse di sobrietà, decrescita, altra economia, che sembrano trovare un punto di incontro nell’espressione ‘buon vivir’, assai diffusa in America latina. Credo che uno degli elementi che accomuna quelle esperienze sia l’idea di ‘buon mercato’, cioè il tentativo di non lasciare il concetto di mercato al liberismo, che oggi è certo più debole. Il mercato del buon vivir è lo spazio sociale nel quale si costruiscono innanzitutto relazioni tra persone, che non sono mai soltanto relazioni di tipo economico. Tutte le forme nelle quali viene praticata un’economia responsabile, pensiamo in questo momento soprattutto ai gruppi di acquisto solidale, dicono che una nuova economia passa per la conoscenza e l’azione diretta dei cittadini consumatori, oppure per singole intermediazioni di realtà sociali di fiducia, reti, associazioni, ma anche enti certificatori seri, sia a livello locale che globale. Siamo di fronte a un’economia in cui al centro ci sono le persone, con le loro storie, i loro diritti, i loro progetti.
L’interesse per questa nuova economia si scontra però, soprattutto in Italia, con un governo terribile e liberista come quello Berlusconi.
La politica è ovunque incapace di rispondere alle nuove esigenze, in particolare nel nostro paese. Esiste un evidente spaccatura tra l’enorme voglia di partecipare alla costruzione di nuove economie della società civile e l’azione dei governi. Per questo, ad esempio, a Terra futura abbiamo invitato, tra gli altri, Colin Hines, co-direttore di Finance for the Future, un’organizzazione nata per impegnare i governi locali a ridurre l’uso di carburanti fossili. Hines, tra le molte cose, ha collaborato a costituire il Localise West Midlands, progetto inglese per concretizzare la ‘localizzazione’, con una particolare attenzione agli impegni dei governi locali come fonte di finanziamento territoriali per nuovi processi di economia.
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