IL DILEMMA
DEL DEBITO
DEL DEBITO
IL DILEMMA
DEL DEBITO
Moody’s minaccia di ridurre il rating
delle maggiori banche italiane e forse
anche quello del debito sovrano
del nostro Paese. Si prospetta all’orizzonte
una nuova crisi europea con l’Italia - non la
Spagna, il Portogallo o l’Irlanda - al centro del tifone
finanziario? Sembrerebbe di sì a giudicare dal
crollo delle quotazioni delle banche di venerdì
scorso.
Una lettura attenta dei motivi che hanno spinto
Moody’s a prendere questa decisione ci dice che la
nostra economia è un malato terminale e che per
anni il governo ci ha raccontato una favola: non è
infatti vero che non potremmo finire come la Grecia.
Il debito è ingestibile! Prima che ciò avvenga
sarebbe bene fare chiarezza e preparare un piano
strategico. Ed allora perché non usare le esperienze
di altri Paesi per formularlo?
La Grecia e anche noi dovremmo guardare a
quelle nazioni che hanno scelto la strada della
bancarotta volontaria e che l’hanno percorsa in
modo razionale, ad esempio l’Islanda. Questa settimana
l’Islanda è ricomparsa sui mercati internazionali
dei capitali con un’emissione che ha piazzato
senza problemi a un tasso d’interesse appena
superiore al 3%, più basso di quello che i mercati
oggi chiedono a noi. Lo stesso ragionamento vale
per il Dubai, tornato sui mercati dei capitali pochi
mesi fa dopo una ristrutturazione del debito volontaria,
avvenuta con la garanzia del ricco Abu
Dahbi. L’Argentina, invece, che per tre anni ha dato
retta al Fondo monetario internazionale e ha
seguito un percorso simile a quello della Grecia,
alla fine è precipitata nella bancarotta disordinata.
Dopodieci anni nonha ancora finito di restituire
il debito ed è ancora esclusa dai mercati dei
capitali.
Onorare il debito, per Islanda, Dubai e Argentina
era una mission impossible, perché le dimensioni
erano enormi. Le prime due l’hanno accettato, la
seconda ha tentato l’impossibile: non è forse quello
che tutti pensano della Grecia, il cui rating è ormai
sotto il cosidetto debito “spazzatura”?Enon è quello
che Moody’s sta dicendo anche a noi? All’inizio
del 2008 il debito islandese era mille volte il Pil.Ma
il vero problema erano gli interessi che succhiavano
risorse alla ripresa dell’economia. Nei tre anni
in cui l’Argentina cercò di onorare il debito, l’economia
si contrasse dell’8,4% con successiva diminuzione
del gettito fiscale e inevitabile aumento della
percentuale del debito rispetto al Pil. Un circolo vizioso.
Proprio quello che è successo in Grecia negli
ultimi dodici mesi dove a detta del Fmi dal 2008
l’economia si è contratta del 9,3%.
Quando finalmente l’Argentina gettò la spugna,
successe il finimondo: nel 2002 il Pil perse
l’11%. Ma l’anno dopo ricominciò a crescere e secondo
gli ultimi dati pubblicati dal Fondo monetario,
dal 2003 lo ha fatto con un tasso medio del
7.4%. La catastrofe economica ebbe altri effetti
benefici: spazzò via la vecchia classe politica che
aveva messo il Paese nelle mani dei banchieri e
dell’alta finanza internazionale e la sostituì con
un governo che si impegnò a ricostruire il Paese
per gli argentini, non per gli speculatori e le elite
locali. In Islanda avvenne la stessa cosa e la popolazione
votò una nuova coalizione guidata da una
manciata di donne che introdussero riforme radicali.
Divisero le banche deficitarie in due sezioni:
quella straniera, dove confluirono i debiti degli investitori
esteri, e quella nazionale con i soldi degli
islandesi. Il governo garantì solo quest’ultima e
ristrutturò i debiti della prima. Il sistema bancario
si ridusse dell’80%, ma l’economia non venne privata
del contante necessario per riprendere a crescere.
Accadde nel dicembre 2003: un’immagine della grande manifestazione unitaria dei sindacati contro la riforma delle pensioni
«Giù le mani da pensioni e lavoro
p Bersani e la manovra: «Quanto ipocrisia nei tagli alla politica: gli aerei “blu” triplicati da loro...»
La sventura della Grecia è l’euro e,
ahimé, è la stessa dell’Italia. L’aver
abusato i vantaggi della moneta
unica ciha portati sull’orlo del baratro.
Per difendere questa valuta
Bruxelles è disposta a sacrificare
l’intera popolazione greca e se necessario
anche quella italiana. Secondoil
Fmi le previsioni per la Grecia
sono di una crescita anemica,
perché dal 2011 un quarto del Pil
servirà a pagare gli interessi sul debito.
Argentina e Islanda invece posticiparono
questi pagamenti e usarono
tutte le proprie risorse per far
ripartire l’economia. Con alle spalle
dieci anni di crescita anemica, anche
noi finiremmo per lavorare solo
per pagare l’interesse sui debiti
che una classe politica scellerata ha
accumulato.
L’euro è una camicia di forza che
sta strangolando la Grecia e le impedisce
di svalutare la moneta, come
fece l’Argentina e l’Islanda. Questa
èuna verità che ormai tutti conoscono
ma nessuno ammette. Perché?
Se la Grecia uscisse dall’Euro, lo
stesso potrebbero fare anche Portogallo,
Irlanda e forse anche Spagna
e Italia, nazioni che troverebbero
nella svalutazione l’ossigeno necessario
per ricominciare a crescere.
Ma se l’euro dovesse spaccarsi, chi
lo manterrebbe? Le economie più
solide come Germania e Olanda si
troverebbero in mano una moneta
diversa, molto forte, con tendenze
alla rivalutazione. Ne soffrirebbero
le esportazioni tedesche e francesi
all’interno dellaUemaanche nel resto
del mondo, poiché il nuovo euro
nel medio periodo si rivaluterebbe
rispetto a dollaro e yen.
La popolazione greca ha dunque
ragione a voler cacciare da casa propria
gli stranieri provenienti da
Washington e Bruxelles, a rifiutare
di pagare gli errori di politici corrotti,
incompetenti e assetati di potere.
Possibile che Moody’s stia dicendo
a noi italiani la stessa cosa? Una
domanda su cui riflettere.
LORETTA NAPOLEONI
.
http://lorettanapoleoni.net/italiano/?p=2064
.
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