Pd, indagati ed impresentabili
Pd, indagati e clientelisti fra i re delle preferenze
Conflitti di interesse, abuso d'ufficio, affiliazioni mafiose, sono i
reati di cui sono stati accusati molti dei candidati del Partito
democratico. Crisafulli a Enna ha ottenuto 6348 preferenze: era stato
indagato per concorso esterno in associazione mafiosa in un'inchiesta
poi archiviata
Più informazioni su: Abuso d’ufficio, Concorso Esterno in Associazione Mafiosa, Conflitto di interessi, Indagati, Primarie PD.
C’è chi può vantare un’indagine per concorso esterno in associazione
mafiosa. Chi una serie lunga e articolata di conflitti di interesse. Chi
è entrato dentro un’inchiesta su personaggi vicini alla ‘Ndrangheta.
Chi, per carità, ha solo un cognome importante da parte di padre o di
marito. Ma lo fa pesare. Nord, centro e sud, lo stile non ha regione.
Questo nucleo di selezionati speciali ha vinto le primarie del 29 e 30
dicembre, quindi un biglietto, una chance verso il prossimo Parlamento
sotto l’egida del Partito democratico. Sorridono, si fanno intervistare,
la “legittimazione è arrivata dalla base – dicono – premiato il lavoro
sul territorio”, ribadiscono.
Così Vladimiro Crisafulli, 6.348
preferenze, è il re di Enna, già deputato e senatore, l’uomo di cui il
Pd non può fare a meno. Eppure nel 2004 i pm di Caltanissetta scrivono:
“È dimostrata da parte di Crisafulli la disponibilità a mantenere
rapporti con il Bevilacqua, accettando il dialogo sulle proposte
politiche dello stesso, ascoltando la sua istanza e rispondendo alle
domande sulle possibili iniziative politico-amministrative, in
particolare in materia di finanziamenti e appalti”. Inciso: il soggetto
con il quale l’esponente democratico interloquisce è Raffaele
Bevilacqua, boss del clan mafioso di Enna e Barrafranca, in contatto con
l’allora superlatitante Bernardo Provenzano. Sia ben chiaro, c’è
l’archiviazione, ma solo perché quel colloquio non portò ad alcun favore
a Cosa nostra, con i soggetti collusi arrestati “troppo presto”. Resta
ancora un rinvio a giudizio per abuso d’ufficio: il ras di Enna, secondo
l’accusa, si sarebbe fatto pavimentare a spese della Provincia una
strada che porta direttamente alla sua villa.
Altro campo,
altra matrice, altra storia, per Nicodemo Oliverio, mister 8.245
preferenze a Crotone. Su di lui pende dal 2009 un’imputazione di
bancarotta fraudolenta, documentale e patrimoniale, secondo le accuse
del gup del Tribunale di Roma. La questione è l’inchiesta sulla cessione
di Palazzo Sturzo dalla Ser Immobiliare per tre miliardi e mezzo di
lire, immobile poi venduto dal Ppi nel 2007 per ben 52 milioni di euro.
Oliverio era il tesoriere ex Ppi e Margherita. Secondo l’accusa “il bene
immobiliare con un valore catastale di oltre 20 miliardi di vecchie
lire e un valore di mercato oscillante tra i 60 e i 100 miliardi”
attraverso la donazione al Ppi, soggetto controllante la stessa società
Ser poi fallita “arrecò un danno patrimoniale ai creditori”.
Angolo conflitto di interessi, tocca a Francantonio Genovese, quasi
20mila preferenze. Come sindaco di Messina (2005) era anche azionista e
dirigente della società di traghetti “Caronte” che guarda caso opera
sullo Stretto. E poi c’è tutta la sua famiglia allargata in alcune
società di formazione-lavoro finanziate dalla regione. Sempre Sicilia,
troviamo Antonio Papania (6.165 preferenze). Il suo feudo elettorale è
Alcamo, paese definito il “regno del lavoro interinale”. Il 24 gennaio
del 2002 ha patteggiato davanti al gip di Palermo una pena di 2 anni e
20 giorni di reclusione per abuso d’ufficio.
Saliamo a Milano.
Ancora incerta la situazione per Bruna Brembilla (1.893 voti), entro
venerdì 4 gennaio i risultati definitivi. Influente membro del Pd
lombardo, ex assessore provinciale (fino al 2009) nella giunta guidata
dal Filippo Penati, si parla di rapporti con personaggi vicini alla
’ndrangheta. Tanto che nel 2008 il suo nome finisce sul registro degli
indagati (archiviazione). L’ex assessore ne esce pulita, eppure nella
rete delle intercettazioni restano parole che la pongono al centro di un
intreccio tra politica, impresa e ambienti mafiosi.
Capitolo
“parenti famosi”. In Calabria troviamo Enza Bruno Bossio, oltre 10 mila
preferenze, moglie di Nicola Adamo, ex assessore, già deputato,
considerato l’uomo macchina per i democratici di Cosenza, e non solo,
gravido di vicende giudiziarie. I coniugi sono stati uniti anche da un
avviso di garanzia nell’inchiesta “Why Not”, per i reati di truffa,
abuso d’ufficio e associazione a delinquere per ipotetici finanziamenti
“pilotati” che hanno interessato aziende amministrate dalla moglie.
Anche in questo caso tutto archiviato. Ma non basta: a ottobre del 2012,
nell’inchiesta sull’eolico, ad Adamo viene contestata l’associazione a
delinquere, la corruzione, l’abuso d’ufficio, falso ideologico, violenza
privata e violazioni delle norme sull’edilizia. Infine complimenti a
Daniela Cardinale 3488 voti, classe 1982, figlia di Salvatore, ex Ccd,
Udeur, Ppi. Ex ministro. Nella scorsa legislatura il padre le ha
lasciato il seggio, dopo la benedizione di Veltroni. Ora la famiglia lo
ha confermato.
di Alessandro Ferrucci da Il Fatto Quotidiano del 2 gennaio 2013
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