giovedì 14 ottobre 2010
SAN MARINO, UN PARADISO FISCALE
SAN MARINO, UN PARADISO (FISCALE) ALL’INFERNO - IL COMMISSARIAMENTO DELLA CASSA DI RISPARMIO DI RIMINI È L’ATTO FINALE DELLA GUERRA TRA DRAGHI E IL TITANO: “SIAMO ASSEDIATI. ABBIAMO ESAGERATO, MA ADESSO CI VOGLIONO SCHIANTARE” - SI PARLA DI 80 MLN € DI BUCO IN BILANCIO, ALMENO IL DOPPIO NEL 2011 - LE AZIENDE TORNANO IN ITALIA, ALTRE NON ACCETTANO PIÙ LE FATTURE E INTANTO “IL GOVERNO ITALIANO SI RIFIUTA ANCORA DI PARLARE CON NOI”…
Marco Alfieri per "La Stampa"
I reggenti di San Marino Come muore un paradiso fiscale, sotto la prima nebbia di stagione che non ti fa vedere nemmeno la punta della rocca.
L'ultimo sfratto alla capitale dell'off-shore all'italiana arriva settimana scorsa quando Bankitalia commissaria la Cassa di risparmio di Rimini che ha in pancia il controllo del Credito industriale sammarinese, una delle 12 banche della Repubblica. Secondo gli ispettori di via Nazionale ci sarebbero violazioni palesi della normativa anti-riciclaggio.
San Marino in passato è stata terra di emigrazione. Il boom arriva sull'onda della riviera, il turismo, il commercio e poi l'industria nei Sessanta. Con il benessere circola il primo nero, albergatori e commercianti romagnoli che salgono sulla Rocca a depositare i propri guadagni. Fino all'overdose degli anni Novanta. Alle quattro banche storiche si affiancano 59 finanziarie e altri 8 istituti di credito che fanno essenzialmente raccolta e impieghi e pochissimi servizi finanziari, il Bengodi per chi vuol far transitare capitali illeciti.
san marino Una bulimia che attira soldi marci ben oltre il piccolo nero di provincia (9 euro su 10 depositati arrivano da oltreconfine). Sbarcano i russi a comprare all'ingrosso, la malavita organizzata mette radici ed esplodono gli scandali finanziari, come quello che ha travolto il gruppo Delta, controllato dalla gloriosa Cassa di risparmio nata a fine Ottocento dalle collette di contadini e operai e trasformatasi in centrale del malaffare. Fino allo tsunami globale, la messa in mora dei paradisi fiscali, le liste nere dell'Ocse e l'embargo del governo italiano.
«Ma adesso quella stagione è chiusa: in passato San Marino ha esagerato», ammette Marco Arzilli, il ministro di stato all'Industria. Il governo attuale, una coalizione tardo democristiana in carica dal 2008, sta facendo del suo meglio per liberare la Rocca dall'etichetta di capitale delle frodi. «Siamo entrati in carica che eravamo in procedura rafforzata moneyval e in lista grigia Ocse e in due anni abbiamo fatto moltissimo», rincara il segretario agli Esteri, Antonella Mularoni.
Draghi «Abbiamo abolito le società anonime e il segreto bancario, ci siamo allineati agli standard internazionali sulla trasparenza bancaria, abbiamo chiuso molte imprese fasulle ed eravamo pronti a firmare due accordi sulla collaborazione tra la nostra polizia e quella italiana e sulla possibilità che gli ispettori di Bankitalia potessero entrare negli istituti della Repubblica. Solo che Tremonti sul punto non ci risponde». Lo ha fatto anche a Washington, ai lavori del Fmi. «È un atteggiamento incomprensibile».
Di certo, oggi a San Marino di bankers tornati a piede libero se ne vedono pochissimi. Sono tutti in ritirata. D'altronde il deflusso di capitali nell'ultimo anno è stato devastante. Il bollettino della banca centrale parla di 35% di minore raccolta. Gli evasori non si fidano più del Titano e lo scudo ha dissanguato i forzieri: quasi 6 miliardi sui 14 depositati sono fuggiti via. Nel frattempo la crisi spinge a tutta gli impieghi riducendo la leva e la liquidità degli istituti che non possono accedere all'interbancario. Non bastasse, un colosso come UniCredit vuole rompere il sodalizio storico con la Bac.
draghi tremonti «Ci vogliono schiantare», ne è sicuro Marco Beccari, segretario del sindacato democratico dei lavoratori sammarinesi. «Certo chi ha operato scorrettamente ha devastato la nostra immagine ma sotto la crosta c'è una economia sana da tutelare. Trentuno mila abitanti, 20mila lavoratori di cui 6.500 frontalieri dalla Romagna».
Quattromila impiegati nel pubblico e 15mila tra commercio, meccanica, lavorazione del ferro, industria farmaceutica e ceramica al lavoro nelle zone industriali verso il confine. Tutto un microcosmo inviolato per anni oggi in sofferenza davanti alla stretta tremontiana.
Si parla di 80 milioni di euro di buco in bilancio dello stato quest'anno, almeno il doppio nel 2011. E di possibili interventi del Fmi con linee di credito a sostegno della Repubblica, come una Grecia o una Argentina qualunque. E poi il decreto incentivi ha già fatto strage: «Alcune aziende sono tornate in Italia, altre non accettano più le nostre fatture, siamo come appestati», si lamenta Beccali. Al pari della crisi economica. L'1% della forza lavoro ha perso il posto nell'ultimo anno.
Antonella Mularoni E' esplosa la cassa integrazione per 1500 addetti e aumenta il lavoro nero (gli ultimi 2 morti in fabbrica erano irregolari). Forse piccoli numeri ma che pesano in un mondo di fiaba in cui vige un welfare generoso fatto di pensioni calcolate ancora sul metodo retributivo, mense aziendali a un euro e mezzo a pasto, buona sanità, il prestito sulla prima casa e sugli asili nido. Una copertura messa a rischio dall'embargo di Roma e aggravata da un'immobiliare che scricchiola. Sul Titano si è costruito in ogni strapuntino - l'edilizia era uno dei canali con cui ripulire i soldi sporchi- e oggi si conta il deserto di ben 7mila case sfitte.
«Il nostro obiettivo è salvare l'economia sana», spiegano dalla Camera di Commercio. «Altrimenti salta tutto anche per i lavoratori italiani e le imprese del comprensorio che lavorano su commesse sammarinesi».
L'ultima speranza si chiama Lega. Il Carroccio pesca molti voti nel frontalierato. «Sono gli unici che potrebbero far ragionare Tremonti», raccontano dal Titano. E dire che il ministro è stato consulente delle banche sammarinesi, «dovrebbe apprezzare il nostro sforzo...».
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