Spending Review un Insuccesso,
servizi a rischio
Il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario punta il dito contro l’insuccesso parziale della revisione della spesa, l’uso della flessibilità, e il moltiplicarsi delle leggi che fa proliferare l’illegalità.
La spending review è un «parziale insuccesso» anche per la poca conoscenza delle diverse categorie
di spesa, e ha posto «solo sullo sfondo il tema essenziale dell’interrelazione con la qualità dei servizi». Così il presidente della Corte dei Conti Raffele Squitieri all’inaugurazione dell’anno giudiziario punta il dito sulla revisione della spesa messa su dal governo. Il contributo dalla revisione di spesa, infatti, nota Squitieri, non deriva solo da efficienza e razionalizzazione ma anche «da operazioni assai meno mirate di contrazione, se non di soppressione, di prestazioni rese alla collettività»: quindi, in sostanza, il taglio dei costi c’è stato, ma come conseguenza c’è stato anche un brutale taglio dei servizi per i cittadini.
E nei prossimi anni la situazione non sembra destinata a migliorare: in un quadro prospettico di finanza pubblica «che impone ancora di trovare spazi per correzioni non marginali della spesa, anche allo scopo di consentire di affrontare la questione complessa del carico fiscale» nei prossimi anni «i margini di risparmio dal lato delle spese potrebbero rivelarsi limitati», spiega il presidente della Corte dei Conti alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella,
dei ministri Pier Carlo Padoan, Stefania Giannini e Graziano Delirio, il vicepresidente del CSM Giovanni Legnini e del capo della Polizia Alessandro Pansa.
«Usata tutta la flessibilità, deficit cala meno»
Squitieri non usa parole morbide neanche nei confronti della flessibilità ottenuta dall’Italia a livello
europeo: «I margini di flessibilità acquisiti in sede europea sono interamente utilizzati nella manovra di finanza pubblica per il 2016» e «in tal modo si mantiene il profilo discendente del deficit nei conti
pubblici che, tuttavia, assume una cadenza più rallentata». I vantaggi acquisiti, quindi, non hanno
influito granché positivamente sull’andamento del deficit. Inoltre l’Italia è uscita dalla recessione ma «le vicende più recenti confermano il permanere di un quadro ad alto contenuto di incertezza» che «si è accentuata in queste ultime settimane per il timore del ripetersi di scenari, che sembravano superati, di forti tensioni sui mercati». Così il presidente della Corte dei Conti chiarisce che la crisi non è così
superata come sembra, e che «in una fase così delicata per il nostro Paese è fondamentale fornire
impulso alla crescita economica e all’occupazione, pur nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica». Quali sono le soluzioni? Secondo la Corte, per la crescita è indispensabile
rilanciare gli investimenti pubblici.
«Recuperare adeguati livelli di intervento pubblico nel campo delle opere - ha sottolineato Squitieri -
non rappresenta solo una condizione chiave per il rispetto della clausola europea sugli investimenti
richiesta dal governo, ma costituisce anche, e soprattutto, la condizione per ottenere adeguati livelli di crescita, riassorbendo un ritardo nelle dotazioni infrastrutturali che rischia di incidere sul potenziale
competitivo del Paese».
«L’illegalità prolifera con la moltiplicazione delle leggi»
L’allarme di Squitieri riguarda anche il proliferare delle leggi, che finisce per rendere più facile violarle: nel mare di norme e regole diverse, è facile trovare i cavilli per aggirarle. «Le illegalità trovano nella complessità e nella moltiplicazione delle leggi spazi più fertili per fare presa, piuttosto che presidi od ostacoli al loro diffondersi», sottolinea Squitieri, secondo il quale l’unica arma per difendersi è «l’efficiente funzionamento della macchina della giustizia», che, « quale strumento principe di contrasto all’illegalità, costituisce un elemento decisivo per contribuire allo sviluppo e alla crescita del Paese». I settori dove si verificano più illeciti? Sono «le forniture e i lavori pubblici, la concessione di contributi nazionali e comunitari a soggetti privati, la gestione della spesa sanitaria e del personale pubblica, l’amministrazione del patrimonio e la riscossione delle entrate pubbliche, l’attività sanitaria ed il conferimento di incarichi a soggetti esterni alla amministrazioni pubbliche».
Il nodo delle partecipate: ancora troppi affidamenti «in house»
La Corte dei conti torna ad affrontare anche il tema delle società partecipate. Nel suo intervento
all’inaugurazione dell’anno giudiziario, il presidente della Corte ha citato alcuni dati critici: meno del 20% dei Comuni ha dichiarato di non possedere partecipazioni; di queste, poco più di un terzo riguarda i servizi pubblici locali, pur rappresentando una parte significativa del valore della produzione (più del 70% dell’importo complessivo); netta è la prevalenza degli affidamenti in house, essendo risultato irrisorio il numero di servizi affidati con gara (meno di 100 a impresa terza e 400 a societa’ mista su un totale di 26mila). La Corte torna a chiedere perciò «di sopperire a lacune che provocano incertezze e oscillazioni giurisprudenziali». Dunque, di intestare la giurisdizione in materia in via esclusiva alla Corte.
A replicare all’analisi della Corte dei Conti il viceministro dell’Economia Enrico Zanetti: «Grande rispetto per le considerazioni della Corte dei Conti anche se a volte ammetto che mi scappa di pensare, come penso anche a molti cittadini, che se fosse efficace a contrastare specifici e concreti sprechi anche solo la metà di quanto è brava a fare relazioni di carattere generale e astratto, saremmo un Paese due volte più efficiente». «Sulla revisione della spesa», aggiunge «ci sta tutto evidenziare che si sarebbe potuto fare di più e meglio, siamo i primi a pensarlo, ma ci sta anche rimarcare con forza e orgoglio che l’effetto cumulato sul 2016 degli interventi di revisione della spesa fatti in questi due anni dal governo, partendo dal decreto legge 4 del 2014 fino all’ultima legge di stabilità, ammontano a 25 miliardi: non esattamente noccioline».
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