Emanuele Fiano o alle dichiarazioni (fraintese) di Laura Boldrini sui monumenti del regime, questo luglio ci siamo confrontati praticamente ogni giorno sul fascismo e la sua eredità.
Per alcuni commentatori, l’Italia non ha mai fatto veramente i conti con il Ventennio e dunque è destinata a essere perennemente attraversata da pulsioni nostalgiche o antidemocratiche. Dall’altro lato episodi come quello di Playa Punta Canna sono definiti innocue “goliardate,” e insieme a derubricazioni di questo tipo continuano a resistere le argomentazioni più o meno revisioniste del tipo che nel Ventennio, comunque la si pensi, qualcosa di buono è stato fatto; o che comunque non era così malaccio come ci hanno sempre fatto credere.
Quest’ultimi sono dei refrain che si sentono da tempo immemore, ma che con l’avvento dei social
stanno vivendo una sorta di seconda epoca d’oro.
In particolare, proprio in concomitanza con le polemiche delle ultime settimane, sul Fascio Facebook (e non solo) hanno ricominciato a girare una serie di miti e leggende sulle grandi conquiste sociali ed
economiche del fascismo conquiste che sono contrapposte alla contemporaneità, e servono
sostanzialmente a dire: “Vedete? Mentre i politici di adesso non fanno un cazzo,
LVI le cose le faceva sul serio!”
Visto che tali bufale riaffiorano di continuo e dimostrano un’incredibile persistenza proprio perché
distorcono verità storiche e le mescolano con la disinformazione ho pensato di mettere in fila quelle che hanno avuto più successo e risonanza.
IL DUCE HA CREATO LE PENSIONI
Quella di Mussolini che ha creato da zero il sistema pensionistico di cui godremmo tutt’ora è senza
dubbio la bufala più persistente e di successo, al punto tale che un anno fa Matteo Salvini ha
dichiarato: “Per i pensionati ha fatto sicuramente di più Mussolini che la Fornero.
La previdenza sociale l’ha portata Mussolini.”
In realtà, non è proprio così. Come si può agevolmente verificare sul sito dell’INPS, la previdenza
sociale nasce nel 1898 con la creazione della Cassa Nazionale di previdenza per l’invalidità e la
vecchiaia degli operai. Si trattava di un'”assicurazione volontaria integrata da un contributo di
incoraggiamento dello Stato e dal contributo anch’esso libero degli imprenditori.”
Nel 1919 l’iscrizione alla Cassa diventa obbligatoria e interessa 12 milioni di lavoratori. Vent’anni dopo, il regime promuove varie misure previdenziali, tra cui le assicurazioni contro la disoccupazione, gli assegni familiari e la pensione di reversibilità. La pensione sociale, tuttavia, è istituita solo nel 1969 ossia a 24 anni dalla morte di Mussolini.
IL DUCE CI HA REGALATO LA TREDICESIMA
Un’altra leggenda che circola molto (soprattutto sotto Natale) è la seguente: se abbiamo un mese di
stipendio in più è merito esclusivo della magnanimità di Mussolini. Anche in questo caso, tuttavia, la
storia è diversa.
Nel Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro del 1937 venne effettivamente introdotta una “gratifica natalizia.” La mensilità in più era tuttavia destinata ai soli impiegati del settore dell’industria; e non ad esempio agli operai dello stesso settore, che anzi si videro aumentare le ore di lavoro giornaliero fino a 10, e 12 con gli straordinari non rifiutabili.
Come scritto in questo post, insomma, si trattava di una misura “in piena linea con quelle che erano le normali politiche dell’epoca fascista, in una società bloccata sul corporativismo basato non sul
diritto per tutti, ma sul privilegio di pochi gruppi e settori.”
La vera tredicesima è stata istituita prima con l’accordo interconfederale per l’industria del 27 ottobre 1946, e poi estesa a tutti i lavoratori con il decreto 1070/1960 del presidente della Repubblica.
SOLO CON IL FASCISMO L’ITALIA HA RAGGIUNTO IL PAREGGIO DI BILANCIO
Nell’immagine qui sopra, si ricorda enfaticamente che il “Governo Fascista” raggiunse il pareggio di
bilancio nel 1924, praticamente grazie alla lotta contro gli sprechi e alla riduzione delle tasse. Morale
della favola: con tutte le tasse che ci sono adesso, invece, i conti dello Stato non tornano mai. Ergo: la Casta è inetta, ci soffoca con la pressione fiscale, e dunque si stava meglio prima.
Ora, il pareggio di bilancio fu effettivamente raggiunto (nel 1925, e non nel 1924). Ma come tutte le
disinformazioni che si rispettino, si evita accuratamente di dire cose successe prima e dopo il
raggiungimento di quel traguardo.
L’artefice fu il ministro delle finanze e dell’economia, Alberto De Stefani. Dal 1922 in poi, l’economista spinse per la liberalizzazione dell’economia, cercò di contenere l’inflazione, ridusse la spesa pubblica e la disoccupazione. La sua politica di “neoliberismo autoritario” era però vista di cattivo occhio sia dalla parte più radicale del fascismo, che soprattutto da latifondisti, industriali e grandi capitalisti.
Non a caso, nel luglio del 1925 venne destituito dopo aver presentato ripetutamente le dimissioni; e da lì in poi iniziò ad assumere posizioni sempre più critiche (non in senso democratico o antifascista,
ovviamente) nei confronti del regime e della sua nuova politica economica che tra la Grande
Depressione, l’autarchia e tutto il resto portò il paese allo sfascio. Per citare un articolo che si è
occupato di smontare il messaggio implicito di questo mito, “un modello che è crollato su se stesso non è il miglior modello.”
IL DUCE HA RICOSTRUITO I PAESI TERREMOTATI IN UN BATTER D’OCCHIO
Anche la storia della prodigiosa ricostruzione del Duce dopo il terremoto del Vulture (in Lucania) del 23 luglio 1930 è piuttosto ricorrente.
La fonte primaria, ripresa dai siti di estrema destra e replicata in vari meme, è un articolo del Secolo
d’Italia pubblicato dopo il terremoto che l’anno scorso ha colpito il centro Italia. In esso si sostiene che in appena tre mesi si costruirono 3.746 case e se ne ripararono 5.190, e si infila pure il commento
agiografico “altri tempi, ma soprattutto altre tempre…”
Il dato è però parziale e decontestualizzato. Come si può verificare dal sito dell’INGV, nell’ottobre del 1930 furono ultimate “casette asismiche in muratura corrispondenti a 1705 alloggi” e “riparate dal genio Civile 2340 case.” Solo nel settembre del 1931 a operazioni ultimate si raggiunge la cifra indicata nell’articolo, che corrisponde a 3.746 alloggi in 961 casette. Insomma: i numeri sono comunque rilevanti per l’epoca, ma non è semplicemente vero che in appena tre mesi fu ricostruito tutto da zero.
IL FASCISMO HA RESO L’ITALIA UN FARO PER LE SCOPERTE SCIENTIFICHE
In questa immagine, rivolta a tutti quelli che “NON L’AMMETTERANNO MAI,” si sostiene con la forza di una bella scritta in maiuscolo che il fascismo avesse reso l’Italia tra le varie cose
”una nazione faro per scoperte scientifiche.”
Nei primi anni del regime però, come ricostruisce dettagliatamente questo articolo sulla Treccani, il
governo “aveva sostanzialmente ignorato tutte le questioni connesso con l’organizzazione della struttura di ricerca scientifica,” che rimaneva quella dell’Italia liberale ed era carica di problemi. Nel 1923 venne avviato il CNR (Consiglio nazionale delle ricerche), la prima struttura deputata a svolgere ricerca “su temi di interesse generale.” La sua attività fu subito caratterizzata dalla penuria dei finanziamenti, segno della “scarsa fiducia nel nuovo ente che ancora nutriva Mussolini.”
Col passare degli anni, nonostante i proclami e la propaganda, il CNR non divenne mai incisivo e non produsse nulla di significativo, soprattutto perché la sua unica indicazione di ricerca era quella per l’autarchia un’indicazione troppo generica. Lo scoppio della seconda guerra mondiale, poi, “allontanò in modo generalizzato i più giovani tra ricercatori, assistenti, tecnici di laboratorio e, in breve tempo, il lavoro scientifico rallentò fino alla quasi totale paralisi.”
Nel 1938, a riprova di quanto al fascismo non fregasse nulla della scienza, l’ambiente scientifico italiano era stato travolto dal più infame e antiscientifico degli atti politici del regime: la promulgazione delle leggi razziali. Il che mi porta all’ultima
leggenda che ho scelto per compilare questa lista.
IL DUCE NON ERA RAZZISTA, E NEMMENO IL FASCISMO ERA UN REGIME RAZZISTA
Con ogni probabilità questa è la mistificazione più odiosa, che fa leva sul radicato stereotipo del “bravo italiano” e del “cattivo tedesco.”
Se è vero che in un primo momento i rapporti tra gli ebrei e il fascismo furono “normali,” e lo stesso
Mussolini—nel libro Colloqui con Mussolini disse che “l’antisemitismo non esiste in Italia,” le cose cambiarono progressivamente
con la torsione totalitaria del regime e sfociarono infine nelle persecuzioni.
La maggior parte della storiografia è ormai concorde sul fatto che l’antisemitismo e le leggi razziali non furono introdotte per imposizione della Germania il Manifesto della razza, ad esempio, pare che sia stato scritto dallo stesso Mussolini.
Piuttosto, come sostiene lo storico Enzo Collotti, la “spinta a una politica della razza nel fascismo
italiano” da un lato era “iniziativa e prodotto autonomo” del regime specialmente dopo il 1933 e
l’affermazione del nazismo e dall’altro era una scelta “connaturata allo stesso retaggio nazionalista,
che esaltava la superiorità della stirpe come fatto biologico e non solo culturale.”
Lo stesso discorso si può fare con la “civilizzazione” delle colonie, che si pone in perfetta continuità con quanto detto sopra. Secondo Collotti, la guerra d’aggressione contro l’Etiopia nel 1935 è stata
“l’occasione per mettere a fuoco una politica razzista dell’Italia fascista”; e dopo la conquista del
paese mai completata fino in fondo
”fu instaurato un vero e proprio regime di separazione razziale, un vero e proprio apartheid.”
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