In realtà c'è sempre stata a mezzo servizio e negli ultimi anni da quando ha rifiutato di firmare i trattati per l'austerità o ha contrattato ampie autonomie proprio per evitare il brexit, era nella Ue giusto pro forma. Dunque il terremoto che viene narrato intorno alle borse è frutto di una emotività riferita alle stesse drammatizzazioni pre elettorali prodotte dai poteri finanziari, europei e americani: sono le bugie che tentano per un piccolo spazio di tempo di tradursi da ectoplasmi narrativi in realtà. Alcuni giorni prima del voto - vissuto in un'atmosfera da tregenda appositamente creato e tale da dar luogo al primo assassinio di un parlamentare in carica dopo due secoli - W.M. tra i più famosi editorialisti del Financial Time, oltre che di fede ordoliberista, dunque insospettabile, aveva scritto:“Durante le conversazioni con i funzionari europei continuo a sentire ripetere un argomento rivelatore: se la Gran Bretagna votasse per uscire dall’Ue e ciò venisse visto come un successo, altri paesi membri potrebbero seguirne l’esempio. Perciò questo pericolo deve essere stroncato sul nascere. Questo modo di ragionare rivela l’implicita ammissione che la Brexit potrebbe funzionare dal punto di vista economico. Più precisamente, chi ragiona così teme che un eventuale successo post-Brexit tolga agli europeisti ciò che essi ritengono essere il proprio argomento più forte:
la paura dell’ignoto.”
“La politica europea dell’austerità tedesca sta rovinando l’Ue”. È il giudizio di Romano Prodi sui ‘responsabili’ della Brexit. Per l’ex presidente del Consiglio, “alla base di tutto c'è stata una scelta sbagliata” del premier britannico David Cameron, che ha impostato il referendum “solo per interessi personali”. I cittadini del Regno Unito hanno respinto l’idea di “un’Europa ferma, che rinvia le decisioni e non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli stati”.
" La riflessione importante da fare è che le classi abbienti hanno votato per il Remain e le classi povere invece per il Leave. Nel mondo, non solo in Inghilterra, le proteste si stanno condensando nei ceti che soffrono per la globalizzazione e l'Europa è vista come una parte di questo processo".
"Stiamo attuando una politica economica non inclusiva e questo dà linfa ai partiti populisti, che infatti stanno facendo proseliti in Italia, Francia, Spagna e nella stessa Germania. Nel caso inglese, tale malcontento si è espresso nella rabbia verso l'Europa. Certo, alla base di tutto c'è stata una scelta sbagliata di Cameron, anche se avesse prevalso il Remain. Indire un referendum ha indebolito la posizione della Gran Bretagna a Bruxelles, ha confuso gli elettori, ha mostrato chiaramente come fosse soltanto una mossa strategica per restare al comando del governo britannico. E l'insieme di questi elementi ha fatto sì che quello di ieri fosse un voto anti Europa ma anche anti Cameron. Il referendum è stato impostato da Cameron solo per interessi personali. E in questo senso, si potrebbe dire: ben gli sta".
Prodi aggiunge di essere personalmente "rimasto sdegnato dalle trattative svoltesi fra l'Europa e la Gran Bretagna per scongiurare la Brexit. Il governo britannico veniva autorizzato a stare fuori da ogni progresso che l'Unione avrebbe compiuto, configurando pertanto una Europa a due velocità, cambiando la stessa natura dell'Unione. D'altronde – prosegue l’ex presidente del Consiglio - i referendum spesso hanno valenze politiche ben diverse da quelle che si evincerebbero dai quesiti posti agli elettori. In Francia, quando venne bocciata la costituzione europea, in realtà incise molto l'atteggiamento anti Chirac, che all'epoca era al governo del Paese. Ma quella britannica se vogliamo è anche una bocciatura dell'idea stessa di Europa così com'è, perché la gente se vede un'Europa ferma, che rinvia le decisioni, che non si occupa di capire le tensioni e i problemi delle popolazioni dei singoli stati, inevitabilmente, si allontana. Da anni ormai diciamo che questa politica europea dell'austerità tedesca non ci piace e sta rovinando l'Unione".
Prodi conclude: "la bocciatura britannica dimostra come questo malessere sia radicato non nei centri delle città, ma nelle periferie, dove appunto si soffre questa paralisi europea. La decisione britannica – spiega l’ex premier - potrebbe avere anche forti conseguenze interne, visto che in Scozia e Irlanda del Nord la vittoria del sì all'Europa ha assunto dimensioni cosi elevate da far pensare che possa fungere da trampolino per rivendicazioni autonomiste. Rivendicazioni che potrebbero coinvolgere anche altre realtà europee, come la Catalogna in Spagna".
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