Dell'Utri, no del tribunale alla scarcerazione: "Potrebbe scappare"
La richiesta era stata avanzata dagli avvocati per permettergli di curarsi a Milano.
Il Tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto la richiesta di scarcerazione per motivi di salute avanzata dai difensori dell'ex parlamentare Marcello Dell'Utri. L'ex esponente di Forza Italia è attualmente detenuto nel carcere romano di Rebibbia dove sta scontando una pena a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Il politico ha un tumore alla prostata
La richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati prevedeva la sospensione della pena per effettuare presso la struttura ospedaliera Humanitas, di Milano, le cure a lui necessarie. Il 7 dicembre scorso lo stesso tribunale aveva respinto l'uscita dal carcere nonostante gli stessi consulenti della procura si fossero espressi per la incompatibilità tra le condizioni di salute di Dell'Utri e il suo stato di detenuto. All'ex parlamentare, cardiopatico e diabetico, è stato diagnosticato nel luglio scorso un tumore alla prostata. Nel corso di una udienza straordinaria, svolta il 2 febbraio scorso, i difensori dell'ex parlamentare, gli avvocati Alessandro De Federicis e Simona Filippi, hanno spiegato che anche "il garante dei detenuti sostiene che sia il carcere che le strutture protette sono inadeguate per le cure di cui ha bisogno Dell'Utri".
"Potrebbe scappare"
Accusato di rapporti con i clan fino al 1992, Dell'Utri è stato condannato in via definitiva nel 2014. Dopo il verdetto è fuggito in Libano. Una latitanza-lampo finita con l'arresto a Beirut. Per il Tribunale di sorveglianza le patologie di cui soffre non sono in stato avanzato e lui, che è in grado di deambulare, potrebbe anche scappare. L'ex parlamentare, secondo i giudici può essere curato presso i reparti Sai (Servizi ad assistenza intensificata) previsti nelle carceri e non sarebbe una ipotesi percorribile quella di sottoporlo alle terapie necessarie senza il braccialetto elettronico.
"Possibili altre condanne"
A pesare poi sulla situazione generale è, infine, la recente richiesta di condanna a 12 anni di reclusione avanzata dalla Procura di palermo nel processo sulla cosiddetta trattativa 'Stato-Mafia', che vede l'ex senatore di Forza Italia imputato di minaccia e violenza a corpo politico dello Stato. Secondo il tribunale di Roma, è possibile che altre future pene possano essere inflitte a carico di Dell'Utri, già alle prese con altri procedimenti penali.
Le reazioni della politica
Numerose le reazioni dal mondo politico. "Il deliberato del Tribunale di sorveglianza che respinge l'istanza di scarcerazione per motivi di salute per Marcello Dell'Utri - dice Fabrizio Cicchitto di Civica popolare, la lista di Beatrice Lorenzin alleata con il Pd - è assolutamente inaccettabile perché è dimostrato che le strutture carcerarie non sono in condizioni di assicurare al detenuto le cure necessarie per affrontare malattie quali un tumore alla prostata e condizioni cardiache assai difficili". "Il respingimento della richiesta di scarcerazione, a causa di motivi di salute, per Dell'Utri - commenta la dem Monica Cirinnà - è una brutta notizia, triste, perché penso che il livello di umanità vada sempre preservato e anche garantito davanti a tutti i condannati. Se un uomo sta male, sta male". "Quello su Marcello Dell'Utri - aggiunge Maurizio Lupi, coordinatore nazionale di Noi con l'Italia-Udc, la 'quarta gamba' del centrodestra - mi sembra un caso di accanimento carcerario di cui non vedo le ragioni. La giustizia non ha bisogno di infierire ulteriormente su una persona anziana e ammalata di tumore e chi ha la responsabilità di amministrarla, oltre al rispetto della legge, dovrebbe considerare quel senso di umanità che è fondamento del nostro vivere sociale". "L'ennesimo diniego opposto dal Tribunale di Sorveglianza alla legittima richiesta dei difensori di Marcello Dell'Utri di attenuazione dello stato detentivo per le sue gravissime condizioni di salute - rilancia il forzista Amedeo Laboccetta - è indegno del principio costituzionale dell'umanità della pena. Si ha l'impressione che alcuni settori della magistratura, pur in presenza di una condanna per un reato di fabbricazione giurisprudenziale, vogliano accanirsi nei confronti di un condannato costretto a subire oltre a una condanna ingiusta, il peso della sua notorietà". "Al posto di Dell'Utri - osserva un altro berlusconiano, Luca Squeri - Mario Rossi sarebbe già uscito dal carcere: gli sarebbe stato consentito di curarsi adeguatamente, senza calpestare il principio dell'umanità della pena. Quanto fatto a Dell'Utri non è giustizia ma il volto peggiore del giustizialismo".
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