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mercoledì 17 aprile 2019

Berlusconi: Apri gli occhi

Aprite gli occhi

Marco Travaglio - Aprite gli occhi

Ieri ho creduto di avere un incubo. Ho visto un manifesto 6×3 con la foto di Berlusconi alla prima comunione che mi guardava e mi diceva, a caratteri cubitali: “Apri gli occhi”. A parte il fatto che la frase va a capo dopo “gli” (roba che neanche i grafici delle bocciofile), ho subito guardato i suoi, di occhi: per tenerli aperti, avendo ormai più borse della Samsonite, ha dovuto riesumare un’immagine di almeno vent’anni fa, quella dei manifesti “Meno tasse per tutti”, “Un milione di posti di lavoro”, “Pensioni più dignitose”, “Città più sicure”. Ha cambiato solo gli slogan, onde evitare che qualcuno gli domandi perché le tasse sono rimaste alte (fuorché per gli evasori come lui), la disoccupazione pure (fuorché per i suoi servi e serve), le pensioni fanno mediamente schifo e le città restano insicure. Dopo aver fatto tante promesse e averle disattese tutte, ora se la prende con noi, con quell’“Apri gli occhi” che tradotto in italiano significa: coglioni, come osate non votarmi più? Non è un processo alle intenzioni: è quel che va ripetendo nei suoi comizi geriatrici in giro per l’Italia. Ora, a parte il fatto che, se tutti gli italiani avessero gli occhi aperti, Forza Italia un anno fa non avrebbe preso 4.602.489 voti alla Camera, non si capisce che gli salti in mente di invitarli ad aguzzare la vista alle Europee.

Chiunque lo facesse vedrebbe un vecchio malvissuto e pregiudicato che ritenta la sorte a 82 anni suonati, un anziano guitto a caccia di applausi con vecchie gag che non divertono più nemmeno lui, un quarto di secolo dopo la sua “discesa in campo”. E rischia addirittura di essere eletto al Parlamento europeo per rappresentare l’Italia con una condanna definitiva per frode fiscale, 8 prescrizioni per reati gravissimi dalla corruzione al falso in bilancio, mezza dozzina di processi in corso per corruzione di testimoni e induzione di imputati a mentire, un’indagine per concorso nelle stragi mafiose del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Una bella vetrina per il made in Italy. È proprio sicuro che gli convenga un intero corpo elettorale con 10 decimi di diottrie? Solo qualche elettore totalmente cieco, o almeno mezzo guercio, potrebbe cascarci ancora. Tantopiù che B., nel frattempo, ha perso pure l’esclusiva dell’anticomunismo e dell’antisinistrismo: quella parte in commedia la recitano molto meglio Salvini, che non si vergogna a difendere Casa Pound e a citare i motti mussoliniani sperando che qualcuno lo scambi per il Duce e, da buon ex “comunista padano”, diserterà il 25 Aprile come faceva B.; e la Meloni, che ha scovato nella famiglia Mussolini un altro portatore sano del cognome.

Nell’entourage nanesco si respira aria pesante: c’è chi teme addirittura che B., per la prima volta, non risulti il primo degli eletti, a favore di ras e capibastone locali tipo Saverio Romano in Sicilia o Aldo Patriciello in Molise o Fulvio Martusciello in Campania o altri molto più clientelisti di lui (che ha sempre curato un solo orticello: il suo). Infatti i/le pochi/e fedelissimi/e rimasti/e – riconoscibili dalla crestina, dal grembiule, dal pitale e dal pannolone da badanti – cercano disperatamente di tenerlo lontano dalle telecamere e dalle piazze. Onde evitare che qualcuno con gli occhi aperti constati in presa diretta le sue tragicomiche condizioni psicofisiche. Nella campagna elettorale del 2018, i sondaggi lo diedero in rimonta finché nessuno lo vide e lo sentì parlare: poi ne fece e ne disse tali e tante che Forza Italia precipitò. Se, anziché il 4 marzo, si fosse votato il 4 giugno o il 4 luglio, sarebbe andata ancora peggio. Sostenne di essere il più caro amico della Merkel, dopo averla insultata per dieci anni. Si spacciò per l’unica “diga contro il populismo”, dopo averlo inventato lui. Mise in guardia dal sovranista Orbán, scordandosi che siede con lui nel Ppe. Raccontò di aver posto personalmente “fine alla guerra fredda fra Usa e Urss”, ignaro del fatto che il muro di Berlino e l’Urss erano caduti 5 anni prima del suo ingresso in politica. Si vantò di aver “fatto entrare nel 2002 la Russia nella Nato”, con gran sorpresa dell’amico Putin che ignorava e tuttora ignora di averne mai fatto parte. Maledisse la demenziale guerra a Ghedafi che ci ha riempiti di clandestini, peccato che l’avesse fatta pure il suo governo.

Poi iniziò a dare i numeri. Promise “un reddito di cittadinanza di 12-13 mila euro al mese a 5 milioni di poveri”, destando una certa invidia fra le Olgettine. Narrò di aver “aumentato le pensioni minime di 1 milione e 835 mila pensionati a mille lire al mese, che allora bastavano per arrivare a fine mese”. Poi una badante sotto la scrivania gli ricordò l’esistenza dell’euro e lui si corresse: “Scusate, volevo dire 1 milione di euro”. Svelò una prassi, finora sconosciuta, degli immigrati clandestini: quella di intrufolarsi di soppiatto nelle ville degli italiani per svaligiarle e poi correre inopinatamente al frigorifero per bere a canna dalla bottiglia dell’olio. Poi, dopo il consueto calcio negli stinchi della badante, citò come fonte la polizia scientifica che rileva le inconfondibili impronte labiali di migrante dal collo di ogni singola bottiglia, forse col guanto di paraffina. E allora, prima del 4 marzo 2018, era oltre un anno più giovane di oggi. Figurarsi di cosa sarà capace in questa campagna elettorale. Il guaio, o la fortuna, è che nessuno dei suoi osa dirgli che stavolta è meglio non farsi vedere troppo in giro: qualcuno potrebbe prendere sul serio i manifesti, aprire gli occhi e scoprire come si è ridotto. Noi comunque, allergici come siamo a ogni forma di censura, ci schieriamo senza se e senza ma contro i tentativi di privarci di lui. La politica italiana è così noiosa che abbiamo diritto a qualche momento di svago. E poi B. anche da morto sarà sempre più pimpante di Tajani da vivo.

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