La storia dei cacciabombardieri F-35
Facciamo un po' di chiarezza: davvero l'Italia spenderà 18 miliardi di euro in velivoli bellici? Davvero con quei soldi si potrebbe cambiare la manovra?
Circolano da parecchi giorni su Internet appelli perché il governo modifichi la manovra economica d’emergenza attingendo risorse in modo diverso. Uno di questi, uno di quelli più popolari soprattutto su Facebook, chiede al governo di rinunciare a un previsto acquisto di 131 cacciabombardieri F-35, di cui in rete si parla da diversi anni (già nel 2009).
L’appello è stato raccolto anche da politici e giornalisti. Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell’Italia dei Valori, ha chiesto al governo di rinunciare all’acquisto dei cacciabombardieri, sostenendo che questi costerebbero allo Stato 18 miliardi di euro e che con quei soldi si potrebbe rendere “più graduale l’innalzamento dell’età pensionistica prevista dal decreto, tutelando adeguatamente i lavoratori precoci, [...] chi è vicino ai 40 anni di contributi e [...] tutti i lavori usuranti”. D’altra parte 18 miliardi di euro sono parecchi soldi: l’intera manovra Monti muove 30 miliardi di euro lordi. Anche Alessandro Gilioli, popolare giornalista e blogger dell’Espresso, ha fatto la stessa richiesta al governo, dicendo però che i cacciabombardieri costerebbero 16 miliardi. Altrove si parla di 15 o 13 miliardi. L’economista Sandro Brusco ha cercato di fare un po’ d’ordine nella questione scrivendo un articolo sul sito NoiseFromAmerika.
Quello di cui si parla è un programma di costruzione di velivoli “Joint Strike Fighter (JSF)”, svolto dall’Italia in collaborazione con Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Danimarca, Norvegia, Olanda, Australia, Turchia, Singapore e Israele. I bombardieri prodotti servono a sostituire quelli attualmente in servizio (Tornado, AMX e AV-8B) a partire dal 2015. La “Nota Aggiuntiva allo stato di previsione per la Difesa per l’anno 2011″ [pdf] spiega che la spesa ha un costo di 13 miliardi di euro spalmati fino al 2026. Parte degli aerei è costruita da un’azienda italiana, la Alenia. Scrive Sandro Brusco:
Fa una grande differenza se questi 18 miliardi (se 18 sono) vengono risparmiati nel 2012-2013 oppure da qui al 2026. Nel primo caso l’alternativa proposta è reale, nel secondo, beh, è fumo negli occhi.I miliardi come sappiamo sono 13 e distribuiti da qui al 2026. Brusco definisce quindi “fumo negli occhi” l’idea che la rinuncia all’acquisto dei cacciabombardieri – ammesso che sia possibile e che il contratto non preveda penali che rendano la decisione controproducente – possa servire a modificare la manovra economica e rendere “più graduale l’innalzamento dell’età pensionistica prevista dal decreto, tutelando adeguatamente i lavoratori precoci, [...] chi è vicino ai 40 anni di contributi e [...] tutti i lavori usuranti”. Donato De Sena ha sentito proprio Massimo Donadi, chiedendogli dettagli, e questo ha confermato che l’eventuale risparmio andrebbe spalmato da qui al 2026.
Noi di Giornalettismo chiediamo scusa per l’invadenza. Ma ci siamo divertiti a soddisfare la curiosità del professor Brusco. Telefonando proprio all’onorevole Donadi. Il quale ci ha infatti detto che in realtà il costo che l’onorevole ha duramente condannato sarà ammortizzato nel nostro bilancio – particolare che non viene chiarito nel pezzo – per circa 15 anni. “Il governo italiano ha firmato un contratto per l’acquisto entro il 2026 di 131 caccia bombardieri F35 per un costo totale di 18 miliardi“, ci ha precisato al telefono poco fa. Non è una differenza da poco. Anche perché, pure se venisse cancellato, non cambierebbe certo la necessità di riequilibrio di conti da cui è scaturita la manovra. Figuriamoci “salvare” le pensioni.Questo naturalmente non toglie che si possa considerare in ogni caso inopportuna la scelta di spendere 13 miliardi di euro da qui al 2026 in cacciabombardieri, sebbene per avere un’opinione precisa a riguardo bisognerebbe tenere conto di quanto i velivoli ora in uso siano utili e utilizzati; di quanto siano effettivamente obsoleti; di quanto costi la loro manutenzione; di quali controindicazioni presenti il loro mantenimento ed eventuale utilizzo da qui ai prossimi venti o trent’anni. Per la cronaca, la spesa militare dell’Italia equivale in questo momento all’1,7 per cento del PIL, il livello più basso dal 1988 (dati: Banca Mondiale). Tra i paesi del G8, Stati Uniti, Russia, Regno Unito e Francia hanno spese militari più alte dell’Italia; Canada, Germania e Giappone hanno spese militari più basse. La media mondiale delle spese militari in relazione al PIL è 2,5 per cento (dati: Archivio Disarmo).
FONTE
http://www.ilpost.it/2011/12/08/la-storia-dei-cacciabombardieri-f-35/
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http://cipiri.blogspot.com/2009/09/i-soldi-per-armi-e-guerra-un-pessimo.html
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