La storia siamo loro
È vero, è vergognoso – come fanno notare giornali e storici a proposito del 25 aprile – riscrivere la storia a proprio uso e consumo secondo le convenienze del momento. Ma sbagliano bersaglio. Avremmo voluto leggere le loro dotte dissertazioni quando Napolitano e i suoi corifei hanno giustificato le larghe intese con B. commemorando Gerardo Chiaromonte, tirando in ballo il compromesso storico Moro-Berlinguer e dimenticando che quel progetto politico (discutibile finché si vuole) mirava a coinvolgere nell’area di governo un grande partito, il Pci, in forte ascesa nella società ma tagliato fuori dal dopoguerra a causa della conventio ad excludendum nata dalla guerra fredda. Qui invece si tratta di salvare le chiappe a Pdl e Pd, due partiti in picchiata (hanno perso 9 milioni di voti alle ultime elezioni), il primo dei quali posseduto da un imputato-impunito-ineleggibile-impresentabile che ha governato ufficialmente 12 anni su 20 e ufficiosamente 20 anni su 20 e solo un mese fa mandava i suoi parlamentari a occupare il Tribunale di Milano. Purtroppo nessuno ha invitato Napolitano; C. a ripassare la storia e soprattutto a non bestemmiare la memoria di Moro e Berlinguer. Ma le bestemmie non sono finite, perché Repubblica, nelle pagine della cultura, accanto alla recensione del saggio Manipolare la memoria, ospita un articolo dello storico Lucio Villari che arriva a paragonare l’inciucio Napoletta Pd-Pdl al “connubio” fra Camillo Cavour e Urbano Rattazzi nel marzo del 1852: “Una situazione politica e parlamentare più o meno analoga a quella attuale”. Forse è uno scherzo, come riconosce lo stesso Villari quando scrive che il connubio che portò il Conte, “capo della destra liberale”, alla presidenza del Consiglio col sostegno dei riformisti rattazziani e con “l’ostilità dei reazionari e del re”, “si basava su un progetto di grandi riforme economiche e sociali molto avanzate” e “su un’idea di libertà che Cavour intendeva tale solo se incardinata su quelle riforme”. Riforme che poi si fecero e aiutarono “i patrioti liberali e i democratici garibaldini e mazziniani di un’Italia che lottava per il risorgimento nazionale”. Qui l’unico risorgimento che si intravede è quello delle salme della prima e della seconda Repubblica che hanno portato il Paese al disastro e s’aggrappano al progetto restauratore di Napolitano e dei suoi presunti “saggi”. Qualche storico libero, casomai esistesse, potrebbe poi far sommessamente notare al capo dello Stato che qualcosa non quadra anche nella sua libera ricostruzione della Resistenza. Che, a suo dire, deve insegnarci a mantenere “coraggio, fermezza e senso dell’unità” anche nella fase politica attuale. Un’altra giusti(misti)ficazione delle larghe intese. Ma, se la Resistenza avesse badato alle larghe intese, non avrebbe visto contrapposti, e l’un contro l’altro armati, gli italiani che avevano scelto il fascismo e l’alleanza con i nazisti nella Repubblica Sociale e gli italiani che avevano scelto la democrazia e la libertà. Se è vero che la Repubblica Italiana è nata dalla Resistenza e che la Costituzione è nata contro il fascismo, di quale “unità” vanno cianciando lorsignori? In questi vent’anni, dalla Bicamerale in poi, ci sono politici (soprattutto di centrodestra, ma anche di centrosinistra) che hanno calpestato – con leggi incostituzionali, controriforme della Costituzione, comportamenti e atteggiamenti incostituzionali – i principi fondamentali della Carta: lavoro, pace, giustizia, legalità, libertà di informazione e di espressione, diritti delle minoranze, beni comuni, unità nazionale, divisione dei poteri. Sono gli stessi che ora si apprestano a rimettere le zampe sul governo e sulla Costituzione. Oggi il peggior modo di rispettare la storia e la memoria è proprio quello di dimenticare chi sono Berlusconi e i suoi complici, cos’hanno fatto e cosa vogliono ancora fare.
di Marco Travaglio
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