Mafia Capitale:
«Alemanno complice di Buzzi,
corrotto con 125 mila euro»
L'ex sindaco in cambio delle somme avrebbe assicurato alla Cupola romana vantaggi e favori. Resta
comunque indagato anche per l'associazione mafiosa.
Dall’inchiesta madre su Mafia Capitale scaturisce un rivolo che potrebbe portare presto alla sbarra
Gianni Alemanno. In attesa che gli inquirenti decidano che fare dell’indagine a suo carico per
associazione mafiosa, l’ex sindaco ha ricevuto la notifica di una nuovo capo d’accusa: corruzione in
concorso con Salvatore Buzzi, Massimo Carminati e il suo ex braccio destro Franco Panzironi, tutti
imputati nel maxi-processo che si aprirà tra un mese. La contestazione ad Alemanno riguarda il
pagamento di almeno 125.000 euro, a fronte di promesse per cifre ancora maggiori «per la vendita della sua funzione» di primo cittadino, e «per il compimento di atti contrari ai doveri d‘ufficio». Con
l’aggravante del favoreggiamento al sodalizio mafioso per Buzzi, l’ex leader delle cooperative rosse
romane che ha materialmente sborsato il denaro, e per l’ex estremista nero Carminati.
L’avviso di conclusione indagini - firmato dal procuratore Pignatone, dall’aggiunto Prestipino e dai
sostituti Cascini, Ielo e Tescaroli, preludio di un’imminente richiesta di rinvio a giudizio - è uno stralcio del procedimento principale dal quale sono emersi i finanziamenti contestati dalla Procura. Secondo gli inquirenti l’ex sindaco ha ricevuto tra il 2012 e il 2014 (quindi quando governava il Campidoglio ma anche dopo, in una sorta di saldo per i favori assicurati in precedenza), attraverso Panzironi che era d’accordo, 75.000 euro per cene elettorali, altri 40.000 alla fondazione Nuova Italia (che gli inquirenti considerano una sua «cassaforte», e dalla quale avrebbe a sua volta ricevuto soldi per sé), e almeno 10.000 euro in contanti, «a fronte di una originaria promessa di 40.000», che per l’accusa costituiscono anche una forma di finanziamento illecito all’esponente politico.
La contropartita che Alemanno avrebbe assicurato al duo Buzzi-Carminati comprende alcuni fatti
ricostruiti in ogni passaggio nell’indagine principale. Ecco allora il contributo di Alemanno nella nomina dell’avvocato Giuseppe Berti nel consiglio di amministrazione dell’Ama, la municipalizzata per la raccolta dei rifiuti, e di Fiscon come direttore generale della stessa società, due nomi sponsorizzati dal presunto clan; l’aver messo «strutture del suo ufficio a disposizione di Buzzi e Carminati», come quando il capo-segreteria di Alemanno, secondo il racconto di Buzzi, si decise a incontrarlo in tutta fretta solo dopo una telefonata di Carminati; aver favorito i pagamenti del Comune di Roma alla società Eur Spa, che servivano a onorare crediti di «soggetti economici riconducibili a Buzzi e Carminati».
Nella ricostruzione dei pubblici ministeri, Panzironi — recentemente condannato a cinque anni e tre
mesi di carcere per lo scandalo «parentopoli» all’interno dell’Ama — non è soltanto colui che riceveva i soldi da Buzzi e poi li girava ad Alemanno; era anche un «consigliere del sindaco», del quale si sarebbe reso complice nella vendita della funzione. Agli atti del Comune e ora del processo per Mafia Capitale, infatti, c’è una delibera del Giunta comunale guidata da Alemanno (il 2 luglio 2008, subito dopo le elezioni vinte dal centro-destra), nella quale Panzironi, in virtù dei «requisiti personali e professionali» e dei «rapporti eminentemente fiduciari» tra i due, viene nominato collaboratore del sindaco, per il quale «curerà le relazioni esterne e riferirà in via riservata all’onorevole Sindaco». Il tutto «a titolo gratuito», ma secondo i pm i guadagni venivano garantiti attraverso altre vie.
Per esempio i finanziamenti di Buzzi alla fondazione di Alemanno, elargiti sia regolarmente che «in
nero». Per i quali gli inquirenti non credono alla versione fornita dal capo delle cooperative, e cioè che Alemanno sapesse poco o nulla dei soldi girati a Panzironi. «Lei non è credibile», hanno insistito i pm, anche in considerazioni della diversa estrazione politica tra i due, uno di sinistra e l’altro di destra. «Il sindaco si finanziava a prescindere dal colore», è stata la risposta di Buzzi. La nuova imputazione contestata ad Alemanno certifica che la Procura non gli dà alcun credito, e ora considera l’ex sindaco un suo complice.
La replica di Alemanno «L'avviso di conclusione delle indagini preliminari che mi è stato notificato dalla Procura della Repubblica non contiene più i reati previsti dall'articolo 416 bis del codice penale, ovvero l'associazione a delinquere di stampo mafioso» ha scritto in una nota Gianni Alemanno. «Dopo dieci mesi finalmente sono stato liberato dall'accusa infamante di essere partecipe di un'associazione mafiosa. Per me è la fine di un incubo. Rimane la possibilità di una richiesta di rinvio a giudizio per reati di corruzione e finanziamento illecito, accuse che io respingo e da cui mi difenderò in ogni modo, convinto che la Magistratura mi darà giustizia con la stessa onestà intellettuale con cui ha archiviato per me l'ipotesi di reato di associazione a delinquere di stampo mafioso».
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