Loro, i giovani, vogliono la libertà dei coetanei occidentali. I cellulari a lungo proibiti, Internet, un po’ di consumi in più, una televisione che non ti dica ogni santo giorno che il mondo è brutto e Cuba è bella, la possibilità di uscire con i giovani occidentali senza che la polizia ti chieda cosa stai facendo. Per questo la nostalgia di Cuba è nostalgia dei luoghi e degli affetti, della gente, ma la libertà europea è impagabile e per chi ha 24 anni come Dyanorys vale di più. “A Cuba ci torno se cambia”. Fin qui è tutto logico, tutto perfettamente compatibile con quel che pensi da anni di Cuba e di Fidel. La svolta, che si fa storia di incontri, arriva a metà cena. Basta un accenno alla vita londinese. “A Londra in questo momento puoi anche morire di fame e non c’è nessuno che ti aiuti”, dice Dyanorys.
Già, pensa ognuno, la crisi che getta nella disperazione le famiglie… “Ma questo a Cuba non succede”, ecco le sei parole, “questo a Cuba non è possibile”, spiega alzando la voce la ragazza. Gli occhi si sgranano sotto la montagna di capelli ricci neri, perfino il viso cioccolato sembra accendersi. “A Londra se non puoi pagare ti tagliano l’acqua dopo due mesi anche se hai dei bambini, non gliene importa nulla. Puoi pure morire. Ma a Cuba nessuno muore di fame”. Sembra propaganda, ma detto da lei è impossibile. Tacciono tutti, la parola è solo sua. “Noi abbiamo la libreta. Ogni famiglia tutti i mesi va in una specie di supermercato e riceve tutte le cose di cui ha bisogno per vivere. Il pane, lo zucchero, l’olio, il latte, le uova, il pollo, i fagioli, il riso, il pesce, la farina, i crackers, qualche volta le patate, il caffè. Paghi quasi nulla. Ogni famiglia ha la libreta. Senza distinzioni, l’unica differenza la fa il numero delle persone. Se hai più figli prendi di più. Poi mettono un segno per dire che tu quel mese hai preso quello che ti spettava. E il mese dopo lo riavrai con sicurezza. Certo, non è quello che ti puoi permettere qui, ma è sufficiente. È importante vivere senza disperazione”. Jani, l’amica, conferma. Una accanto all’altra sono le classiche belle ragazze cubane che ogni show televisivo prenderebbe di corsa (Dyanorys ha girato anche qualche spot da ballerina), ma ora non parlano il linguaggio delle vetrine e delle luci occidentali. È come se stesse venendo fuori da loro qualcosa d’altro e di più profondo. “Noi andiamo tutti a scuola, nessun bambino deve lasciare per lavorare. Io ho preso il diploma di disegnatore informatico e non ho mai pagato nulla. Pure l’università è gratis, anche se alla fine devi restituire i libri per chi viene dopo di te. E la medicina è ben organizzata. È vero che c’è il mercato nero, che certi consumi non te li puoi permettere, che i trasporti sono un disastro, che non possiamo comunicare via Skype. O che magari ti tolgono di colpo l’energia elettrica per ore per risparmiare. Però il nostro è un popolo che non ha paura della fame. Perché il necessario ti viene dato dallo Stato. E perché la nostra gente è speciale: siamo più uniti, ci aiutiamo, un piatto di cibo lo trovi sempre.
Se hai bisogno il tuo vicino ti darà il pane, senza interesse”.
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