Le casette di Berlusconi
Paolo Berdini
Stavolta non saranno le intercettazioni telefoniche a guastare i sonni di Berlusconi e dei suoi cari. E’ l’Istituto centrale di statistica ad aver certificato che il sistema Italia è in mano ad un ingordo gruppo di speculatori immobiliari. Poche settimane fa, l’Istat ha infatti certificato che dal 1995 [quando riprese il ciclo edilizio dopo la crisi di Tangentopoli] al 2006 sono stati costruiti oltre 3 miliardi di metri cubi di cemento. Il 40 per cento di questa mostruosa quantità edilizia è costituita di case, e cioè 1 miliardo e 300 milioni di metri cubi: sono state dunque costruite 2,5 milioni di nuove abitazioni, mentre il numero delle famiglie italiane è cresciuto soltanto di poche migliaia.
Qualunque governo minimamente dignitoso sarebbe dovuto partire da questa gigantesca contraddizione: si è costruito moltissimo, eppure ci sono decine di migliaia di famiglie che vivono in stato di disagio abitativo, soprattutto nelle grandi città. La risposta sta nelle caratteristiche della fase liberista che abbiamo vissuto: non si è costruito per dare soddisfazione a chi la casa non ce l’aveva. Si è costruito “per il mercato” e basta. I finanziamenti per le case popolari sono stati prossimi allo zero, mentre per l’edilizia convenzionata [le case in cooperativa] i soldi sono stati trovati. Eccome. Non si vuole prendere atto che esiste una fascia sempre più larga [a causa della precarizzazione del lavoro] di popolazione che non ce la fa a pagare affitti fuori controllo. Tanto meno a pagare le rate di un mutuo per acquistare una casa.
Oggi il governo Berlusconi ha partorito un minuscolo topolino, il «piano casa». 550 milioni di euro in cinque anni per realizzare centomila alloggi. La cifra stanziata è ridicola: soltanto per la realizzazione del palazzo del nuoto che doveva essere inaugurato in questi giorni saranno spesi 600 milioni di euro. Per le case popolari in tutta Italia si spende meno e in cinque anni. Poi le voci che vengono da palazzo Chigi affermano che è un provvedimento destinato all’housing sociale. Una denominazione d’origine che proviene dal mondo dei costruttori italiani. Se il governo avesse voglia di documentarsi potrebbe cimentarsi con la lettura del libro di Massimo Gaggi, La valanga, in cui l’economista liberale racconta i mirabolanti esiti dell’housing sociale negli Stati Uniti: soldi pubblici che hanno gonfiato le tasche degli speculatori e hanno lasciato senza casa la povera gente. In quel paese l’housing sociale è stato abbandonato. Da noi, arretratezza e incultura la fanno ancora da padroni e dobbiamo assistere all’ennesima sceneggiata di un governo alle corde.
A proposito, sembra che verrà assegnato un aumento di cubatura a tutte le case di appuntamento che si mettano in regola, comprese quelle istituzionali. Ma non fa parte del pacchetto casa. Verrà presentato dal ministro Carfagna come emendamento al provvedimento che vieta la prostituzione.
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