L'Unicef: i bambini immigrati in Italia stanno peggio
Lucia Alessi
Lo dice una ricerca dell'Unicef: la qualità della vita dei minori immigrati in Europa è peggiore di quella dei bambini europei, e in Italia questa differenza è più forte che nel resto del continente. Intanto, cento fra suore e preti lanciano l'appello «Onoriamo i poveri», contro il pacchetto sicurezza
La qualità della vita dei minori immigrati è generalmente peggiore di quella dei bambini europei, e l’Italia, poiché le migrazioni sono state più recenti, è una delle nazioni in cui la differenza si sente maggiormente. Questa la sintesi della ricerca sui minori migranti condotta dall’Unicef che sarà presentata ufficialmente il prossimo autunno, e di cui Redattore sociale dà anticipazione in attesa della presentazione ufficiale prevista per il prossimo settembre.
In Europa il 7 per cento dei bambini è figlio di genitori immigrati, e sale all’11 per cento se si considerano i figli di immigrati che sono nati in Italia. Lo studio, condotto dal professor Donald Hernandez [per l’Europa] e dai professori Letizia Mencarini, Emiliana Baldoni e Gianpiero Della Zanna [per l’Italia], ha evidenziato che i bambini e i giovani nelle famiglie immigrate nei paesi europei in generale vivono, con poche eccezioni, condizioni sfavorevoli rispetto ai coetanei eruopei. Lo svantaggio riguarda vari indicatori di benessere, inclusi la salute, l’istruzione, la povertà e l’inclusione nel mercato del lavoro.
Le motivazione principali di queste differenze, secondo il professor Hernandez, sono causate dalla «lingua e dalla cultura diversa che contribuisce a creare barriere» e dal fatto che «il generale basso livello d’istruzione dei genitori si ripercuote sui figli». Il primo passo per modificare la tendenza, spiega Hernandez, è «facilitare l’integrazione attraverso investimenti di inclusione» e, soprattutto, «è opportuno che i governi dedichino maggiori attenzioni a questo problema creando politiche ad hoc perché questi giovani migranti saranno i cittadini del futuro delle nostre nazioni».
I minori migranti in Italia, ha spiegato Letizia Mencarini, hanno un livello d’istruzione più basso rispetto ai loro coetanei italiani, vivono in case più sovraffollate e hanno i genitori con un reddito più basso e con lavori poco qualificanti. In particolare, i meno istruiti sono i marocchini, senegalesi e pachistani, mentre i più istruiti sono i giovani provenienti dall’Europa dell’Est e dall’America Latina. Meno di un migrante su quattro continua gli studi dopo le scuole superiori [contro il 40 per cento degli italiani].
Contrariamente a quanto avviene in altri paesi, quali la Francia, la Spagna o la Germania, in Italia non c’è una forte concentrazione linguistica o etnica specifica, cosa che ha sicuramente un effetto sugli sforzi di inclusione dei bambini figli di migranti nel sistema educativo.
E le cose non miglioreranno certo con l’approvazione del ddl sicurezza, ormai legge e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo scorso 24 luglio, e per ciò in vigore dal prossimo 8 agosto.
La nuova legge, come più volte evidenziato da diverse organizzazioni internazionali, non promette nulla di nuovo per gli stranieri in Italia e le loro famiglie.
«I bambini stranieri nati da genitori non regolarmente soggiornanti sul territorio e i bambini italiani nati da un genitore straniero non regolarmente soggiornante sul territorio non potranno più essere riconosciuti dal proprio genitore – diceva un comunicato di Save the children in occasione dell’approvazione definitiva del ddl 733 – una persona senza permesso di soggiorno non potrà più contrarre matrimonio nel territorio dello Stato, neanche in presenza di figli con cittadinanza italiana e gli adolescenti soli che provengono da altri paesi non potranno più avere la sicurezza di continuare il percorso di vita iniziato in Italia, una volta divenuti maggiorenni, vanificando investimenti personali e della società di accoglienza».
Ma oltre a attaccare direttamente i minori, la nuova legge mira soprattutto a destabilizzare totalmente la figura dello straniero in Italia, stabilendo il prolungamento del trattenimento amministrativo, una vera e propria misura di restrizione della libertà personale, a 180 giorni e la subordinazione dell’iscrizione anagrafica alla presenza di requisiti di idoneità alloggiativa, ma soprattutto l’introduzione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato, che comporterà l’obbligo per i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio di denunciare le persone prive di permesso di soggiorno, a cominciare da medici e presidi scolastici. «Tutte queste misure avranno un impatto estremamente negativo in termini di condizioni di vita delle famiglie e dei minori stranieri, siano o meno regolarmente soggiornanti – continua l’organizzazione – vanificando di fatto il riconoscimento dei diritti umani fondamentali di cui sono titolari in quanto persone».
Ma in tutta Italia, e non solo, continuano le proteste di tutta la società civile, che con appelli, campagne e sottoscrizioni tentano di fermare quell’attacco xenofobo e discriminatorio all’immigrazione che la nuova legge promette.
L’ultimo dei tanti appelli si chiama «Onoriamo i poveri», i cui firmatari, oltre un centinaio di suore e preti, promettono di farsi promotori di una vera e propria campagna di disobbedienza civile: «Faremo quanto è in nostro potere affinché un numero sempre crescente di cittadini metta in atto pratiche di accoglienza, di solidarietà e anche di disobbedienza pubblica perché nel tempo più breve possibile questa legge sia radicalmente cambiata». Nel documento il cosiddetto «pacchetto sicurezza» viene definito «strumentale e pretestuoso», in quanto «la legge – sottolineano i religiosi – discrimina, rifiuta e criminalizza proprio i più poveri e i più disperati. Riteniamo strumentale e pretestuosa la categoria della clandestinità loro applicata. È lo stato che rifiuta il riconoscimento. Di null’altro sono colpevoli queste persone se non di essere troppo bisognose. Per lo stato italiano oggi è questo che costituisce reato». I firmatari sostengono di riconoscersi «nell’umanità e nella dignità di tutte le persone, che vengono colpite da questa legge iniqua» e richiamano lo stato italiano al rispetto di norme e documenti violati dal «pacchetto sicurezza»: dalla Dichiarazione universale dei diritti umani alla Convenzione sullo stato dei rifugiati, dalla Convenzione sui diritti dell’infanzia e alla stessa Costituzione della repubblica.
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Perche non:)
RispondiEliminaPerche non:)
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RispondiEliminamasimundus semikonecolori