venerdì 8 aprile 2011
L’Italia e la Crisi Libica
1. Più i giorni passano più la storiella della “guerra umanitaria” contro il dittatore Gheddafi (fino a ieri amico e socio in affari dei belligeranti) si scioglie come neve caduta sulle aride dune dei deserti libici.
Le ultime notizie dicono che, a fronte di un quadro politico e militare a dir poco incerto, crescono le titubanze, i dissensi anche nell’opinione pubblica dei tre Paesi guerrafondai (Francia, USA, e GB), perfino nelle loro espressioni di vertice.
Una importante conferma di tale disagio ci sembra la decisione assunta dall’amministrazione Usa di ritirare le squadriglie aeree dalle operazioni in Libia e di esplorare la via di una mediazione politica.
A poche settimane dall’inizio dei bombardamenti aerei, la situazione, dunque, sembra evolvere in una direzione esattamente contraria a quella auspicata da Sarkoszy e soci, ossia verso la ricerca di un cambiamento politico in Libia, concertato fra le parti in conflitto e garantito dalla comunità internazionale. Vedremo.
Peccato, però, che tale evoluzione non l’abbia intuita, colta il governo italiano che, come il solito, sbaglia tempi e proposte.
Nello stesso giorno in cui gli americani decidevano il ritorno a casa, il ministro degli esteri Frattini si è precipitato a riconoscere come “unico interlocutore legittimo” il comitato degli insorti della Cirenaica al quale, invece di raccomandare uno sforzo di pace e di concordia nazionale, ha promesso armi ed assistenza militare per dare nuovo impulso alla carneficina.
Una mossa a dir poco avventata, irresponsabile che brucia ed annulla le pur minime cautele che il governo aveva manifestato nel corso della crisi, soprattutto in risposta al sospetto interventismo della Francia.
2. In realtà, Berlusconi questa guerra contro l’amico Gheddafi l’ha subita; non l’ha voluta anche perché sapeva perfettamente che il cambio di regime a Tripoli avrebbe messo in discussione accordi chiacchierati ma importanti per l’Italia e per alcuni gruppi in particolare.
A lui (ovvero all’Italia) la gloriosa Triade ha lasciato la sola possibilità di accodarsi, di fornire assistenza militare e di pagarne- come stiamo vedendo a Lampedusa- le conseguenze.
Parliamoci chiaro: agli attori di questa nuova tragedia non interessano i diritti umani, le condizioni politiche illiberali, le sofferenze dei cittadini libici o di altri Paesi arabi in subbuglio.
Pura ipocrisia, propaganda per spiriti semplici.
Per risolvere la crisi libica (sostanzialmente una spaccatura in seno al gruppo dominante autore del colpo di stato del 1969), la comunità internazionale poteva, può ancora, tentare la via per il cambiamento politico nel rispetto dei principi democratici e della concordia nazionale libica.
L’Italia, tutta l’Italia, di maggioranza e d’opposizione, doveva sostenere questo tentativo proposto non da Gheddafi ma da Paesi importanti come i cinque astenuti (Germania, Brasile, Russia, India e Cina), anche per meglio tutelare i suoi enormi, legittimi interessi minacciati da certe mire (sostitutive) che si nascondono dietro l’intervento “umanitario” del signor Sarkoszy.
Forse, un bel dì si conosceranno i veri interessi della triade interventista. Ma già all’inizio della rivolta in Cirenaica (l’unica armata fra le tante scoppiate nei paesi arabi, particolare che fa la differenza) non era difficile intuirli specie da parte delle persone responsabili che hanno gli strumenti e le informazioni per farlo.
3. Perciò, meravigliano, non solo le contraddizioni del governo Berlusconi, ma anche le posizioni di quanti, ai vertici della politica e delle istituzioni repubblicane, non considerando adeguatamente gli interressi primari della pace nel Mediterraneo e quelli nazionali dell’Italia, hanno tifato per l’intervento militare di Sarkoszy e compagnia briscola.
Per altro, isolando e dileggiando la posizione responsabile, sensata del governo tedesco della democristiana Angela Merkel che ha rifiutato l’opzione militare e proposto la soluzione politica del conflitto interno alla Libia.
Come, del resto, vuole il diritto internazionale che, in caso di conflitto interno, non autorizza nessuno ad intervenire militarmente dall’esterno, per altro a favore di una parte contro l’altra.
Per decenni sono stati i contingenti di “caschi blu” sotto comando ONU ad interporsi fra le parti in conflitto per rappacificarle non per aizzarle.
Negli ultimi anni, alcuni Paesi, in primis gli Usa, profittando della crisi (provocata) dell’Onu, hanno preso la brutta abitudine d’intervenire in alcuni Paesi, soprattutto di tradizione islamica (dall’Afghanistan all’Iraq, dalla Somalia alla Libia), in contrasto col diritto internazionale e con esiti davvero catastrofici. Compreso quello di far crescere ed espandere il terrorismo, invece di combatterlo.
4. Interventi siffatti sono un abuso evidente che, se non sanzionato, rischia di creare precedenti pericolosi per tutti i Paesi che hanno problemi di unità interna.
E la lista di questi Paesi è molto lunga. A cominciare da alcuni europei quali: la Francia, la Gran Bretagna, la Spagna, la Polonia, l’Ungheria, la Serbia e gli altri Sati balcanici, la Grecia, la Macedonia e anche l’Italia dove, ai vecchi separatismi “in sonno”, si è aggiunto quello più inquietante del partito leghista al governo.
Così come molto lunga è lista dei Paesi dominati da regimi dittatoriali, tirannici che, però, nessuno disturba.
Attenti, dunque, a non scherzare col fuoco, poiché l’incendio potrebbe risultare incontrollabile.
Perciò, queste degnissime persone dovrebbero chiarire all’opinione pubblica italiana le vere ragioni del loro tifo pro-intervento militare che ancora chiare non sono.
Altrimenti, si accrediterà l’idea che tutto si fa in funzione dell’antiberlusconismo che, per quanto giustificato, non può giungere a motivare scelte così delicate di politica estera.
Specie quando in ballo ci sono- come nel caso libico- gli equilibri di pace nel Mediterraneo e gli interessi fondamentali, per certi aspetti vitali, dell’Italia.
Prima o poi, Berlusconi passerà. Come passeranno i suoi avversari che oggi affollano, senza gran costrutto, la scena politica italiana.
Resteranno, invece, l’Italia con i suoi problemi e le sue speranze, col suo patrimonio di relazioni politiche, economiche e culturali internazionali costruito, con tutti paesi dell’area mediterranea, nel segno della convivenza pacifica e della collaborazione reciprocamente vantaggiosa.
5 . Sappiamo che nel mondo l’Italia conta poco, ancor meno oggi con l’attuale governo. Tuttavia, nel Mediterraneo un ruolo è riuscita a svolgerlo, talvolta con esiti brillanti, anche col contributo decisivo della sinistra italiana.
Guai a indebolirlo per ripicca contro questo o quello o a giocarselo per confermare o ricercare vecchie e nuove subalternità!
Il rischio sarebbe un infiacchimento dell’autonomia nazionale e la destabilizzazione del Mediterraneo e del Medio Oriente con conseguenze incalcolabili.
Un saggio premonitore si può ricavare da questi pochi giorni d’intervento “umanitario” che, oltre agli effetti micidiali sulle popolazioni locali, sta provocando conseguenze insopportabili per l’Italia: dall’insicurezza dei rifornimenti energetici all’esodo migratorio che approda a Lampedusa e si dirama nel resto del Paese. E siamo solo agli inizi!
Praticamente, l’Italia da sola deve sobbarcarsi un’emergenza colossale e drammatica (e relativa spesa) provocata e/o comunque accelerata dai bombardamenti del signor Sarkoszy, il quale, per tutta risposta, ha chiuso le frontiere agli immigrati che sbarcano in Italia ma desiderano andare in Francia. Alla faccia della solidarietà umana, europea, atlantica e di altre solidali ipocrisie!
di Agostino Spataro
E’ stato eletto alla Camera dei deputati per il PCI nella circoscrizione Palermo-Trapani-Agrigento-Caltanissetta alle elezioni politiche del 1976, del 1979 e del 1983
E’ componente della presidenza dell’Associazione nazionale di Amicizia Italo-Araba, ha collaborato con il Dipartimento internazionale dei Democratici di Sinistra.
E’ Direttore del Centro Studi Mediterranei di Agrigento e del periodico “Informazioni dal Mediterraneo”, collabora con il quotidiano La Repubblica e con vari giornali e riviste.
Ha pubblicato vari libri sul mondo mediterraneo ed arabo e i suoi rapporti con la Sicilia e l’Italia.
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