Legge Elettorale: la Lega ha depositato in Cassazione la richiesta di consultazione avanzata da 8 consigli regionali per un sistema maggioritario.Seri dubbi dei costituzionalisti. Ma sulla materia finora solo le due consultazioni promosse da Segni nel ’91 e nel ’93 ebbero successo
La Lega porta avanti il suo progetto referendario: ha depositato in Cassazione il quesito che elimina la parte proporzionale della legge elettorale (il cosiddetto Rosatellum) per renderla totalmente maggioritaria. Una procedura avviata grazie alla richiesta avanzata da otto Consigli regionali a maggioranza di centrodestra (ma in base alla Costituzione ne sarebbero bastati cinque) che si concluderà con il pronunciamento a novembre della Corte costituzionale sull’ammissibilità del testo.
I dubbi dei costituzionalisti
Alcuni costituzionalisti sono dell’idea che il testo non passerà il vaglio della Consulta. Stefano Ceccanti, deputato Pd, per esempio ha spiegato che «quando i giudici della Corte dovranno valutare l’ammissibilità non avranno la sicurezza di una legge applicabile a prescindere da eventi successivi: la condizione che richiedono ai referendum in questa materia. Quindi è inammissibile». Ceccanti è stato tra i promotori nel 1993 del referendum che l’anno dopo portò al sistema maggioritario: fu quello il più felice capitolo della storia del cambio delle leggi elettorale attraverso referendum, costellata però di sconfitte e insuccessi.
Alcuni costituzionalisti sono dell’idea che il testo non passerà il vaglio della Consulta
L’esordio nel ’91
Il primo quesito mai ammesso dalla Corte costituzionale sulla legge elettorale fu quello proposto dall’allora 52enne deputato Dc Mariotto Segni e votato nel giugno 1991 per l’eliminazione della preferenza multipla nelle elezioni alla Camera. Una consultazione che si ricorda anche per l’incauto invito dal segretario del Psi Bettino Craxi agli italiani ad «andare al mare». Alle urne si presentò invece il 62,5% degli aventi diritto e il sì prevale con il 95,6%.
La replica del ’93
La felice stagione dei referendum elettorali prosegue due anni più tardi: a capo del Comitato per le riforme elettorali c’è ancora Segni , nel frattempo uscito dalla Democrazia cristiana: l’obiettivo è l’abrogazione del sistema proporzionale per l’elezione di 238 dei 315 componenti del Senato. Il 18 aprile 1993 i votanti sono 36.879.669 (il 77%) e il sì vince di nuovo (82,7%). Il Parlamento comincia subito a lavorare per trasformare il sistema elettorale in senso maggioritario uninominale. La riforma viene approvata nell’estate successiva e prenderà il nome di “Mattarellum”, dal nome del suo relatore, il futuro presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il sistema elettorale regolerà tre elezioni politiche (1994, 1996 e 2001).
Il fallimento del ’99
Dopo la fine senza esiti della commissione Bicamerale presieduta da Massimo D’Alema, due comitati (la coppia formata da Segni e Antonio Di Pietro, la lista Pannella) si mettono in moto per eliminare dal sistema elettorale la residua quota proporzionale. I sì prevalgono ma in modo inutile: la percentuale di chi va a votare si ferma, seppur di poco, sotto la soglia del 50%. Il quorum non viene raggiunto per appena 150mila voti. Il referendum non è valido.
Flop radicale del 2000
L’anno dopo la legge elettorale è tra i sette quesiti proposti dai radicali. Stavolta il referendum punta ad abrogare la quota proporzionale del 25%
nelle elezioni per la Camera dei deputati, eleggendo il 75% dei deputati con il sistema uninominale e il restante 25% con il recupero dei candidati non eletti che abbiano ottenuto più voti.
Il quorum resta lontanissimo dal quorum (vota solo il 32,4%).
Il referendum mancato del 2008
Ci sono stati poi altri tentativi di far esprimere gli italiani sul sistema con cui vengono scelti i parlamentari. Nel 2006 si costituì il comitato promotore presieduto da Giovanni Guzzetta con Mario Segni coordinatore per modificare la legge Calderoli, approvata dal centrodestra a fine 2005. A luglio del 2007 fu annunciato il raggiungimento delle firme necessarie ma il referendum non si svolse perché, dopo la caduta
del secondo governo di Romano Prodi,
si tornò alle urne nel 2008. E si votò ancora con il Porcellum.
Il no ai quesiti Parisi-Morrone
Nel 2011 fallì anche il tentativo promosso da Arturo Parisi e Andrea Morrone: entrambi i quesiti referendari sulla legge elettorale furono bocciati dalla Corte costituzionale. Il primo chiedeva l’abrogazione completa della legge Calderoli.
Il secondo, invece, avrebbe abrogato solo alcune parti del Porcellum.
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