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Michael Jackson,
l'autopsia non chiarisce la morte.
Sospetto sull'abuso dei farmaci
Michael Jackson, il re del pop,
è verosimilmente morto a causa dei (troppi) medicinali che stava prendendo per prepararsi ai 50 concerti d'addio che avrebbe dovuto tenere a partire dalla metà di luglio a Londra. Nel suo entourage i dubbi sono pochi, ma si dovranno attendere tra le 4 e le 6 settimane per saperlo con assoluta precisione, dato che l'ufficio del coroner della contea di Los Angeles ha chiesto una serie di esami supplementari.
Nel frattempo, terminata in serata l'autopsia, il coroner ha autorizzato la famiglia a seppellire il cantante, e nei prossimi giorni si svolgeranno i suoi funerali, probabilmente in California, e più che probabilmente seguiti da decine di migliaia di fan provenienti da tutto il mondo. In una breve conferenza stampa a Los Angeles, il portavoce del coroner, Craig Harvey, ha indicato che le cause esatte della morte saranno conosciute soltanto 'tra quattro e sei settimane« al termine di nuovi esami supplementari.
Escludendo che la morte sia sta provocata da un trauma esterno o da una caduta, Harvey ha detto che occorreranno nuovi esami , tossicologici e polmonari, per stabilire come è deceduto Jackson. L'autopsia è durata circa tre ore e il portavoce dell' ufficio del coroner ha confermato che Jackson è morto nella Emergency Room dell'ospedale dell'Ucla, il pronto soccorso.
Il primo a parlare apertamente della dipendenza dai medicinali di Jackson, in particolare dall'antidolorifico Demerol, è stato uno degli avvocati della famiglia, Brian Oxman. Il sito web Tmz, il primo ad annunciare la morte del cantante, citando un familiare di Jackson aveva indicato dal canto suo già giovedì sera che sarebbe stata proprio una iniezione di Demerol a provocare l'arresto cardiaco al cantante, finito in coma e poi morto poco dopo. Inoltre, la polizia di Los Angeles sta continuando a cercare il medico personale di Jacko, Conrad Murray, di cui si sono perse le tracce, e ha sequestrato la sua automobile ancora parcheggiata nella proprietà di Bel Air che Jackson affittava per circa 100 mila dollari al mese.
La morte del re del pop ha suscitato grande emozione in tutto il mondo, e i suoi numerosi fan si sono raccolti in decine e decine di città di tutto il pianeta per ricordarlo, tra le lacrime, cantando i suoi più famosi successi. Lo hanno ricordato anche i vip di ogni angolo della terra: dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama all'attrice Liz Taylor, dal presidente francese Nicolas Sarkozy (e Carla Bruni) a Renzo Arbore.
Dopo l'uscita dal carcere, il Dottor Murray rilascia un'intervista al Mail in cui ha parlato di se stesso e del suo rapporto con Michael Jackson e di cosa è successo nelle ore che hanno preceduto la morte della star americana.
di Francesco Raiola:
Michael Jackson non credeva più a nessuno, non si fidava di nessuno al punto da non lasciare neanche che la domestica gli pulisse la stanza, per paura che potesse rubargli qualcosa, ma lasciando la sua camera da letto in condizioni pessime, racconta il dottore, che per molto tempo è stata l'unica persona che ha avuto accesso alla vita privata del cantante: "Quanto eravamo intimi? Beh, tenevo il suo pene tra le mani ogni sera per fissargli il catetere a causa della sua incontinenza" ha detto Murray per rendere l'idea. Sempre al Mail racconta gli ultimi istanti della vita del cantante negando che le cose siano andate come ha sostenuto l'accusa, ovvero che abbia lasciato il cantante al propofol prima di abbandonare la stanza. Anzi, lui era completamente contro l'idea di dargli l'anestetico, ma quando aveva cominciato a curarlo, MJ lo utilizzava in forti dosi per dormire - la mancanza di sonno era uno dei problemi maggiori della popstar - e toglierglielo improvvisamente era impossibile: "Michael non era uno a cui potevi dire 'no'" e così aveva deciso di ridurgli man mano le dosi, consapevole, tra l'altro, che il propofol non era l'unico dei suoi problemi. Quella sera, intanto, gliene aveva prescritti 25mg, ovvero una dose minuscola che sarebbe scomparso dal suo corpo in 10 minuti, restando seduto sul letto del cantante per almeno un'ora e mezza, ovvero il tempo che servì a MJ per addormentarsi.
Quando lasciò la stanza del cantante, continua, aveva un battito del cuore normale e i segni vitali erano buoni. Cosa successe, allora, dopo che se ne andò? "Credo che si sia svegliato, abbia preso la sua dose di propofol e se la sia iniettata, ma l'avrebbe fatto troppo velocemente, andando in crisi cardiaca. Quando sono tornato nella stanza ho visto subito che non respirava, ma non sono andato in panico. Ho tastato l'inguine e la carotide ma non c'era battito e così ho cercato di rianimarlo. Ho resuscitato migliaia di persone. Era un mio amico, certo, ma mi sono attenuto allo standard medico". Insomma Murray nega di aver abbandonato il cantante e rigetta al mittente le accuse di chi sosteneva che non si sarebbe comportato secondo gli standard, cercando di rianimare MJ sul letto, invece che a terra: "Sono un cardiologo di professione, è ciò che faccio nella vita". A quel punto, rendendosi conto che la situazione era gravissima, ma non ancora definitiva, avrebbe chiamato aiuto e sarebbe andato con l'amico in ospedale dove neanche l'elettrostimolazione avrebbe dato i suoi frutti. E così il cantante fu dichiarato morto alle 14.26 e lui fu il primo a dare la notizia ai figli.
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IMAGO
Termine introdotto da C.G. Jung (1875-1961), con riferimento a un’Imago ‘materna’, ‘paterna’, ‘fraterna’ e divenuto di uso comune in psicanalisi. Caratterizzata come ‘rappresentazione o immagine inconscia’, l’Imago è piuttosto uno schema immaginario, un prototipo inconscio che orienta in maniera specifica il modo in cui il soggetto percepisce l’altro, ne orienta cioè le proiezioni. Formatasi sulla base delle prime relazioni del bambino con l’ambiente familiare, l’Imago non va peraltro considerata come correlato di figure reali, ma presenta carattere fantasmatico; così a un’Imago genitoriale minacciosa e terribile possono corrispondere genitori reali estremamente miti...leggi tutto -
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