Roma. Rimandato lo sgombero degli afghani dell'Ostiense
Rosa Mordenti
Gli ottanta afghani che vivono, a Roma, in una vera e propria buca in un cantiere, dovevano essere sgomberati oggi. Grazie alla solidarietà della società civile romana i proprietari dell'area hanno accettato di aspettare ancora qualche giorno. Il comune però continua a tacere
E’ stato rimandato di qualche giorno l’ultimatum dato dalle forze dell’ordine agli ottanta afghani, quasi tutti rifugiati o richiedenti asilo, che vivono a Roma in condizioni ignobili in una baraccopoli precaria che si trova in una vera e propria buca, all’interno di un cantiere tra la via Cristoforo Colombo e l’Air terminal dell’Ostiense. Sono tutti maschi per lo più giovanissimi, sono fuggiti dall’Afghanistan devastato dalla guerra e per arrivare in Italia hanno compiuto un viaggio lungo e pericoloso. Molti di loro non parlano nemmeno l’italiano.
Dieci giorni fa, il 23 ottobre, avevano ricevuto la visita dei carabinieri [non c’era neanche un interprete] ed erano stati avvertiti che avrebbero dovuto lasciare il loro accampamento di cartone entro oggi, anche grazie alla mediazione del presidente del municipio in cui si trovano, Andrea Catarci. Nel frattempo però nessuna istituzione ha trovato nessun altro posto dove farli stare e il proprietario dell’area ha accettato di rimandare lo sgombero grazie soprattutto alla mediazione di alcuni cittadini.
Si tratta di un gruppo di attivisti dei centri sociali romani, della campagna «Yomigro» [yomigro.noblogs.org] e dell’associazione Medici per i diritti umani [Medu, i primi ad arrivare e che da quattro anni vigilano sulle condizioni di salute e di vita nella baraccopoli dell’Ostiense: www.mediciperidirittiumani.org] hanno offerto solidarietà agli afghani e presidiano l’accampamento dal 27 ottobre. Hanno chiesto in più occasioni e da diverso tempo al comune di Roma di intervenire, e in particolare all’assessorato alle politiche sociali, ma fin qui non è arrivata nessuna risposta.
Racconta Alberto, uno dei dottori del Medu, che quello appena trascorso è stato comunque, per i rifugiati afghani che vivono in quella che ormai tutti chiamano «la buca», «un week end di solidarietà da parte della società civile romana». Alberto racconta a Carta che «tra sabato e domenica moltihanno portato coperte, vestiti pesanti, tende». Sabato scorso gli attivisti di Yomigro hanno organizzato una manifestazione alla Basilica di Santa Maria in Cosmedin per chiedere dignità e diritti per i cittadini afghani dell’Ostiense, e durante l’iniziativa «si è materializzato San Papier, protettore dei migranti della terra».
Alberto inoltre sottolinea che oltre agli ottanta della «buca» ci sono altrettanti afghani «in zona, per un totale di almeno 140 persone tutte nelle stesse condizioni».
In un nuovo comunicato di questa mattina, Medici per i diritti umani annuncia che il presidio sanitario avviato il 27 ottobre in sostegno ai rifugiati afghani prosegue, e «in attesa di risposte certe da parte delle istituzioni sull’accoglienza di oltre cento persone in condizioni di estrema vulnerabilità, Medu si appella nuovamente al comune di Roma e alle altre autorità competenti affinché vengano individuate al più presto soluzioni dignitose e rispettose dei diritti fondamentali della persona.
I dati raccolti dal presidio sociosanitario di Medu evidenziano una volta di più l’estrema precarietà di un gruppo di popolazione costituito in gran parte da richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale, che vivono – nel centro della città – in mezzo a topi e rifiuti, senza accesso ai servizi igienici e con alcuni cartoni e coperte come rifugio. Tra di essi, per lo più giovani e adolescenti, si trovano inoltre persone in precarie condizioni di salute».
Giovedì 5 novembre alle 16 c’è il presidio organizzato dai centri sociali di Roma e da diverse associazioni, a piazza del Campidoglio, «per i diritti e la dignità degli afghani dell’Air Terminal. Diritto d’asilo, diritto a migrare, diritto a fuggire dalla guerra». Nel frattempo, oggi a Roma ha iniziaito a piovere.
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