Dopo la Colombia, nuova base Usa a Panama
Antonio Mazzeo
Continua l'espansione delle forze armate statunitensi in America latina. Dopo l'accordo con la Colombia per sette nuove basi militari, il Pentagono piazza le sue bandierine anche a Panama. Per controllare il Canale, che dovrà essere allargato nei prossimi anni, e la regione circostante.
Procede senza sosta la controffensiva del Dipartimento della difesa degli Stati uniti in America latina. Dopo aver firmato un accordo con il governo colombiano per l’utilizzo di sette basi aeree, Washington ha ottenuto dalle autorità panamensi l’autorizzazione a reinstallare proprie unità militari in quattro stazioni navali di fondamentale importanza per il controllo del Canale di Panama e dei Carabi. Lo ha denunciato il diplomatico Julio Yao, presidente del Servicio de Paz y Justicia, durante il discorso ufficiale pronunciato il 3 novembre scorso in occasione dell’annuale festa di commemorazione del «padre dell’indipendenza» panamense, Manuel Amador Guerrero. Alla presenza del presidente Ricardo Martinelli e delle maggiori autorità civili e militari del paese, Julio Yao ha lanciato parole durissime nei confronti del governo, stigmatizzando la decisione che «viola apertamente la sovranità nazionale». «Le basi aereonavali e della polizia panamensi messe segretamente a disposizione degli Stati Uniti per lanciare possibili operazioni in tutta la regione – ha dichiarato il diplomatico – accentuano la militarizzazione di un ampio spazio territoriale e sono una franca cospirazione contro la pacifica convivenza tra i popoli e la soluzione pacifica dei conflitti».
La cessione di infrastrutture militari alle forze armate statunitensi era trapelata già a fine settembre, dopo la visita a Panama della Segretaria di stato, Hillary Clinton. Allora, il ministro alla giustizia panamense, Jose Raúl Mulino, aveva però ammesso solo la firma di un accordo di cooperazione bilaterale per rafforzare la presenza delle forze di sicurezza panamensi in due basi navali, a Bahía de Piña nella provincia del Darién, al confine con la Colombia, e a Punta Coca [Veraguas], nella parte sud-occidentale del paese. «Si tratterà esclusivamente di stazioni interforze panamensi, a disposizione dei Servizi di frontiera e aeronavali e della Polizia nazionale, per rispondere all’esigenza di maggiori controlli delle coste panamensi contro il traffico di stupefacenti», dichiarava alla stampa locale il rappresentante dell’esecutivo. Un mese dopo le basi militari sono divenute quattro e il loro uso è stato concesso alle forze armate statunitensi. «Si sono pure moltiplicate le finalità di queste installazioni militari», commenta Marco Gandásegui, docente dell’Università di Panama e ricercatore del Centro di Studi Latinoamericani [Cela] Justo Arosemena. «Accanto alla ‘lotta al traffico di droga’, compare il riferimento all’obiettivo di ‘frenare il traffico di persone illegali’ e il ‘terrorismo’, eufemismo che i funzionari nordamericani possono interpretare come vogliono».
Oltre alle due basi navali di Bahía de Piña e Punta Coca, le forze armate statunitensi potranno contare sull’utilizzo di un’infrastruttura aeronavale che sorge nell’isola di Chapera, nell’arcipelago de Las Perlas, e della base di Rambala, nella provincia di Bocas del Toro.
Con l’accordo sottoscritto con il governo panamense, le forze armate statunitensi tornano ad assumere il controllo di Panama, dieci anni dopo aver abbandonato le 14 basi e stazioni radar che detenevano nel paese dal tempo della «indipendenza» di Panama dalla Colombia, pilotata da Washington all’inizio del XX secolo in funzione del progetto del Canale interoceanico. L’articolo V del Trattato di Neutralità firmato nel 1977 dagli allora presidenti Omar Torrijos [Panama] e Jimmy Carter [Usa] aveva stabilito che Panama avrebbe riacquisito il pieno controllo del Canale a partire dell’1 gennaio 2000 e che solo le autorità di questo paese avrebbero potuto mantenere forze e installazioni militari di difesa all’interno del territorio nazionale. Nel 2002, però, un accordo tra il governo di Panama e l’ambasciatore James Baker, aveva disposto che i porti e gli aeroporti del paese centroamericano potessero essere utilizzati dalle forze armate statunitensi per esercitazioni militari o trasferimenti transitori di truppe e armamenti.
«Un accordo senza alcun fondamento costituzionale che consente pure agli Stati Uniti d’America d’invitare paesi terzi a fare ingresso nel nostro territorio con il proposito di cooperare nella guerra contro il terrorismo, il narcotraffico e altri delitti internazionali», spiega il diplomatico Julio Yao. «Secondo questo accordo, Panama è pure costretta a non poter esercitare alcuna giurisdizione sui funzionari civili e militari Usa eventualmente accusati di crimini di guerra, né può sottometterli a giudizio del Tribunale penale internazionale». Una clausola di impunità che gli Usa, che non hanno ratificato il trattato del Tpi, hanno stabilito con molti paesi.
Nell’ultimo triennio, la presenza di unità navali Usa si è fatta sempre più frequente nelle acque territoriali e nei porti panamensi, in particolare quello di Vasco Nuñez de Balboa, all’interno del Canale, confinante con una [ex] stazione di trasmissione dell’Us Navy utilizzata per le comunicazioni con i sottomarini in transito negli oceani. Panama, in particolare, è sede fissa delle operazioni della IV Flotta Usa e della Southern Partnership Station, la missione navale attivata periodicamente nei Carabi e in America latina dall’Us Southern Command [il Comando Sud delle forze armate Usa] con finalità di addestramento e cooperazione militare per la «sicurezza di teatro» e l’interdizione del narcotraffico e delle migrazioni. Dall’11 al 22 settembre scorso, il Canale di Panama ha ospitato una delle più grandi esercitazioni aeree e navali mai realizzate a livello internazionale, Panamax 2009, a cui hanno partecipato 4,500 militari, 30 navi da guerra e decine di cacciabombardieri di 20 nazioni. «Con l’esercitazione sono state sperimentate tutta una serie di risposte alla richiesta di protezione e assicurazione della libertà di transito attraverso il Canale», si legge in una nota diffusa dall’Us Southern Command, che ha pure enfatizzato l’importanza strategica di questo corridoio interoceanico per l’economia e il commercio Usa e mondiale. Corridoio di cui è previsto, peraltro, l’allargamento per adeguarne le caratteristiche alle più grandi navi che solcano oggi gli oceani.
Gli Stai Uniti rappresentano oggi il maggior partner economico di Panama; si tratta però di un rapporto fortemente sbilanciato a favore di Washington. Nel 2008 il surplus degli scambi con il paese centroamericano è stato infatti di 4,3 miliardi di dollari, l’ottavo in ordine di grandezza a livello mondiale degli Stati Uniti. La concessione delle quattro basi panamensi alle forze armate Usa viene considerata proprio in funzione del rafforzamento del controllo economico di Washington sul paese e sul Canale. Parallelamente al nuovo patto militare, la nuova amministrazione del presidente Barack Obama e il governo di Panama hanno concluso un importante accordo di libero commercio [Free trade agreement – Fta]. «Il nuovo trattato di libero commercio incoraggerà l’espansione e la diversificazione del commercio Usa con Panama eliminando le barriere doganali e facilitando la movimentazione di beni e servizi a favore delle imprese statunitensi», ha commentato James M. Roberts, ricercatore in Libertà economiche e Sviluppo del Centro per il Commercio Internazionale della ultraconservatrice Heritage Foundation. «Il Fta Usa-Panama offrirà un insieme di regole chiare e vincolanti che favoriranno stabilità e prevedibilità. Le regole dell’accordo di libero commercio per servizi, attività, investimenti, commesse governative, diritti di proprietà intellettuale e risoluzione di dispute saranno maggiori di quelle previste dagli standard dell’Organizzazione mondiale del commercio [Wto]. Il Fta garantisce un trattamento non discriminatorio per i capitali stranieri e legittima la preparazione di ulteriori trasferimenti di tecnologie e migliori pratiche tra i paesi partner».
Sempre secondo il ricercatore dell’Heritage Foundation, il nuovo accordo di libero commercio dovrebbe permettere alle imprese Usa di recuperare lo «svantaggio competitivo» nella gestione del traffico attraverso il Canale, dopo che «la società cinese con sede a Hong Kong, Hutchison Whampoa, Ltd., ha firmato accordi di affitto a lungo termine con il governo panamense per operare nei porti commerciali strategici di Cristobal sull’Atlantico e Balboa sul Pacifico». Washington punta inoltre a spostare a proprio favore l’esito negativo della gara per i lavori di ampliamento del Canale di Panama [costo stimato 5,25 miliardi di dollari], gara appena aggiudicata ad un consorzio europeo che vede capofila l’italiana Impregilo. «Assicurato il Fta, le compagnie Usa potrebbero posizionarsi meglio per i lucrativi appalti di costruzione», scrive ancora James M. Roberts. «La maggior parte delle attrezzature che saranno utilizzate per costruire il nuovo sistema di chiuse, ad esempio, potrebbero essere prodotte negli Stati Uniti».
Immancabili, infine, le considerazioni di ordine geo-strategico, finalizzate all’isolamento e alla sconfitta dei nuovi «nemici» di Washington negli scenari latinoamericani. «L’accordo di libero commercio con Panama – conclude il ricercatore – aiuterà a contrastare la crescente corrente rappresentata dal chavismo che ha fortemente circondato la Colombia e provocato l’odierna crisi in Honduras, e che minaccia di minare gli interessi emisferici degli Stati uniti»
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