[18 Febbraio 2010]
Un ritratto del funzionario di polizia, che da Genova è stato promosso vicequestore di Torino. Da martedì, è stato presente in più occasione sui siti dove sono in corso le trivelle per la Torino-Lione.
Nella vasta rassegna stampa sui processi seguiti al G8 di Genova, l’articolo di Marco Imarisio sul Corriere della Sera del primo novembre 2004 è fra i più curiosi. Dà notizia della prima condanna di un agente [poi assolto in secondo grado], relativa al pestaggio del ragazzo di Ostia fermato, picchiato, messo in ginocchio e poi sottoposto alle «cure», fra gli altri, di Alessandro Perugini, all’epoca vice capo della Digos [ha poi avuto un anno, con pena sospesa, nel novembre scorso].Ebbene, in quell’articolo il giornalista riferisce che uno degli indagati, Spartaco Mortola, all’epoca dei fatti capo della Digos e nel frattempo promosso vice questore di Alessandria, viene prosciolto e reagisce così: «Era accusato – scrive Imarisio – di abuso d’ufficio, falso ideologico e calunnia per l’arresto dei manifestanti di via Barabino. Il funzionario è uscito dall’aula esultando. «Uno a zero», ha detto, agitando le braccia come dopo un gol». E’ un modo davvero singolare, diciamo così, di reagire a un provvedimento del giudice da parte di un funzionario di polizia: lascia intendere che vi sia stata un’impropria gara, nei processi su Genova/G8, fra magistrati e agenti, quindi fra funzionari del medesimo stato, e insinua parecchi dubbi su che cosa si nasconda dietro lo «zero» evocato da Mortola: forse la sconfitta dei magistrati in questo improbabile duello o il livello raggiunto dalla giustizia?
Non sappiamo come abbia reagito il dottor Mortola, nel frattempo ritenuto meritevole di un’ulteriore promozione a vice questore di Torino, agli altri processi nei quali è stato coinvolto, ma possiamo immaginare che abbia brindato alla «doppietta» messa a segno nei mesi scorsi: prima l’assoluzione al processo Diaz, insieme ad altri quindici imputati [inclusi tutti i dirigenti di grado più alto], poi al processo stralcio nel quale era imputato con Gianni De Gennaro, capo della polizia nel 2001, accusato dai pm Cardona Albini e Zucca di induzione alla falsa testimonianza del questore dell’epoca Francesco Colucci. Un bel tre a zero, insomma, ammesso che si accetti la metafora calcistica.
Va detto che il dottor Mortola ha rivestito ruoli importanti in entrambe le vicende. Essendo capo della Digos e fra i pochi funzionari genovesi, quindi capaci di muoversi in città, nella notte della Diaz – il 21 luglio 2001 – ha svolto un ruolo essenziale durante la «perquisizione» alla scuola, conclusa come sappiamo: 93 arresti arbitrari, oltre 60 persone all’ospedale, una serie di falsi impressionante [le molotov, le ferite pregresse…]. Nell’altro procedimento, Mortola era il funzionario cui si rivolgeva Francesco Colucci nelle conversazioni che i pm interpretavano come prova del tentativo di condizionare il processo [i giudici, come detto, hanno assolto sia Mortola che De Gennaro].
Il blitz alla Diaz è ormai passato alla storia d’Italia [e d’Europa] come una delle pagine più nere della polizia di Stato: non c’è bisogno d’essere stati dall’altra parte dei manganelli, quella notte, per dire che la credibilità della polizia italiana ha toccato con quell’operazione il suo punto più basso, sia per l’episodio in sé, sia per la «gestione» del processo [fra molotov che spariscono, imputati che si avvalgono della facoltà di non rispondere, pm che accusano la polizia di comportamenti omertosi]. Quanto al processo sulla testimonianza in aula del questore, diciamo che la storia, oltre alle assoluzioni [e all’esito del processo in corso contro Colucci], dovrà registrare anche il testo delle conversazioni fra lo stesso Colucci e il dottor Mortola, e anche in questo caso non siamo alle pagine migliori nella storia della polizia: la lettura delle trascrizioni è vivamente consigliata, così, per farsi un’idea, di che aria tira in polizia dopo il 2001
http://ilsecoloxix.ilsole24ore.com/p/genova/2009/06/30/AMEaQCiC-marcia_intercettazioni_indietro.shtml
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