Il rapporto di Msf sui centri per migranti
Enzo Mangini
Cie, Cara e centri d'accoglienza: i centri per migranti in Italia sono segnati da inefficienze, servizi inadeguati e poca trasparenza. Medici senza frontiere fotografa una realtà che ministero e associazioni di gestione preferiscono non far conoscere.
Servizi scarsi e scadenti, strutture a volte completamente inadeguate, dove è impossibile garantire condizioni di dignità. È il quadro che emerge da «Al di là del muro», il secondo rapporto di Medici senza frontiere sui centri per migranti, presentato oggi a Roma in una conferenza stampa all’associazione stampa estera.
Il primo rapporto era stato redatto da Msf cinque anni fa; questa seconda edizione è basata su 21 visite condotte da Msf tra il 2008 e il 2009 nei Centri di identificazione ed espulsione [Cie], nei Centri assistenza richiedenti asilo [Cara] e nei Centri di accoglienza [Cda] sparsi per la penisola. «Rispetto alle visite condotte nel 2003 poco è cambiato, molti sono i dubbi che persistono, su tutti la scarsa assistenza sanitaria, strutturata per fornire solo cure minime, sintomatiche e a breve termine – dice Alessandra Tramontano, coordinatrice medica di Msf – Stupisce inoltre l’assenza di protocolli sanitari per la diagnosi e il trattamento di patologie infettive e croniche. Mancano soprattutto nei Cie, come ad esempio in quello di Torino, i mediatori culturali senza i quali si crea spesso incomunicabilità tra il medico e il paziente. Sconcerta in generale l’assenza delle autorità sanitarie locali e nazionali».
L’associazione, l’unica organizzazione indipendente a produrre un rapporto sui centri per migranti, nota che a dieci anni dalla loro entrata in vigore grazie alla legge Turco-Napolitano, i centri mancano di una politica che non sia la gestione emergenziale.
«Tra i Cie, Trapani e Lamezia Terme andrebbero chiusi subito perché totalmente inadeguati a trattenere persone in termini di vivibilità. Ma anche in altri Cie abbiamo riscontrato problemi gravi: a Roma mancavano persino beni di prima necessità come coperte, vestiti, carta igienica, o impianti di riscaldamento consoni – continua Tramontano –
Nei Cara abbiamo rilevato invece servizi di accoglienza inadeguati. Il caso dei centri di Foggia e Crotone ne è un esempio: 12 persone costrette a vivere in container fatiscenti di 25 o 30 metri quadrati, distanti diverse centinaia di metri dai servizi e dalle altre strutture del centro. Negli stessi centri l’assenza di una mensa obbligava centinaia di persone a consumare i pasti giornalieri sui letti o a terra», conclude Alessandra Tramontano.
Msf denuncia anche che l’entrata in vigore del cosiddetto Pacchetto sicurezza, che ha prolungato il tempo di permanenza nei Cie da due a sei mesi, non è stata accompagnata da parte del ministero dell’interno da alcun adeguamento dei servizi che rimangono attrezzati «a soddisfare solo i bisogni primari». In alcuni casi, addirittura nemmeno quelli.
L’urgenza e la necessità di un rapporto come «Al di là del muro» [edito da Franco Angeli] è confermata dalle difficoltà trovate in alcuni casi dagli operatori dell’associazione, che nel 1999 ha vinto il premio Nobel per la pace. Nei centri di Lampedusa e nel Cie di Bari, Msf non è riuscita ad entrare perché le prefetture non hanno autorizzato la visita, nonostante la richiesta fosse stata inoltrata con molte settimane di anticipo. In altre situazioni, gli operatori di Msf hanno subito dinieghi e limitazioni durante le visite, specialmente nelle aree alloggiative dei vari centri. Evidentemente il lavoro di documentazione e assistena viene mal sopportato tanto dal ministero dell’interno quanto da alcune delle associazioni che gestiscono i centri. Per loro, così come per il ministero, qualsiasi «affacciarsi» oltre i muri di recinzione è un’intrusione.
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