Dal 20 marzo parte della giustizia civile
sarà amministrata da
privati
sarà amministrata da
privati
Dal 21 di marzo, in Italia, chi vorrà intentare una causa civile nei confronti di una banca, un’assicurazione, una Asl, un giornale o anche un parente più o meno prossimo, non dovrà rivolgersi a un tribunale. Recita infatti la norma, questa sì “epocale”, tenuta a battesimo dal ministro della Giustizia Angelino Alfano, che per i diritti reali, le divisioni, le successioni ereditarie, i patti di famiglia, i contratti di locazione, comodato, affitto di aziende, il risarcimento da responsabilità medica e da diffamazione a mezzo stampa, i contratti assicurativi, bancari e finanziari, è fatto obbligo di passare, prima del giudice, per un tentativo di “conciliazione” tra le parti. Che vuol dire? Che se uno ha un contenzioso con un’assicurazione per un mancato risarcimento dovrà obbligatoriamente rivolgersi a un “mediaconciliatore”. Vale a dire a un soggetto privato, che, dietro pagamento, proverà a metterci d’accordo.
Chiariamo una cosa. La mediazione, in sè, non è un mostro. Può servire ad esempio tra imprenditori e fornitori che hanno problemi con debiti o contratti, e le Camere di commercio da tempo si sono dotate di strumenti utili a facilitare l’incontro tra le parti. Lo spirito della nuova legge, nata per snellire la mole di lavoro dei tribunali civili, innescherà però un business di milioni di euro che graverà sui soggetti più deboli, e sarà un costo ulteriore per i cittadini.
Motivo in più, assieme all’evidente perdita di lavoro che ne deriverà, per spingere gli avvocati a proclamare, ieri, uno sciopero che terminerà il 22 marzo, a manifestare in piazza Montecitorio sotto la sigla dell’Oua (l’Organismo unitario dell’avvocatura) e a presentare un ricorso al Tar che verrà discusso nei prossimi giorni.
I costi. La prima novità per i cittadini è il costo. Per accedere alla mediazione entrambe le parti in lite devono pagare il mediatore (il quale avrà quattro mesi a disposizione per metterli d’accordo). Quanto? In base al “valore della lite”. Il ministero ha fatto una tabella, cui si possono uniformare i mediatori. Prima, però, il cittadino dovrà pagare i 40 euro per le “spese di avvio del procedimento”. Facciamo un esempio: avanziamo 70 mila euro da un’assicurazione. Vorremmo adire le vie legali (ma in Italia per avere una sentenza occorrono in media 1210 giorni), ma la nuova legge lo impedisce. Allora paghiamo 40 euro e ci rivolgiamo ad un organismo di conciliazione. Poiché la cifra che vorremmo è di 70 mila euro, “all’inizio del primo incontro di mediazione” dobbiamo versarne almeno 500 al mediatore (vale a dire non meno della metà dei mille che dovremmo dargli entro la fine del procedimento). Se il mediatore formula una proposta, allora dovremmo dargli altri 200 euro, e siamo a 1240. A questo punto, se avremo contro una assicurazione, probabilmente dovremo dotarci di un legale. E se di mezzo c’è un qualche incidente, anche di un parere medico. Tutte spese che sono a carico del cittadino. Scaduti i quattro mesi, però, le due parti potranno benissimo non essere d’accordo. Allora che si fa? Solo allora si potrà andare in tribunale. E i soldi spesi? Sono rimasti al mediatore, all’avvocato che ci ha seguito e all’eventuale esperto che abbiamo dovuto consultare. Per nulla.
Davide e Golia. C’è un altro aspetto da tener presente. C’è una regola per cui il primo che adisce alla mediazione “sceglie” il mediatore. Questo vuol dire che gli studi legali che trattano cause di un certo tipo (assicurazioni, banche, giornali), si doteranno un “mediatore” di fiducia da poter allertare appena fiutano la causa. Mettiamo che il “mediatore” di fiducia di una banca sia a Padova e il cittadino “obbligato” a mediare in Sicilia. Che succede? Che quest’ultimo dovrà andare in Veneto, con il mediatore che riceve la maggior parte del proprio “lavoro” dall’assicurazione o dalla banca nostra controparte. Secondo voi quanto sarà la possibilità di mantenersi “terzo” come dice la legge?
Il business. Gli organismi privati di mediazione contenuti nell’elenco del ministero della Giustizia sono per adesso 179. Al numero uno c’è l’Adr Center, che tra i mediatori formati conta anche la moglie del ministro Angelino Alfano, l’avvocato Tiziana Miceli. Nelle loro tasche arriverà la cifra record di 360 milioni di euro (il conto si ottiene moltiplicando i 600mila processi interessati dalla conciliazione obbligatoria alla media di spesa di 600 euro l’uno).
Ma il business è anche quello di coloro che formano i nuovi mediatori (per fare questo lavoro occorre una laurea triennale, anche non in giurisprudenza, e un corso di 50 ore). Ci si sono lanciati anche il Cepu, la Niccolò Cusano. Il costo varia dagli 800 ai 3500 euro a corso. Un altro ricco affare.
Da Il Fatto Quotidiano del 17 marzo 2011
di Eduardo Di Blasi
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