L'Italia non arretra e lo ha urlato, compatta, in un coro di indignazione.
Di fronte alla minaccia di una nuova «legge bavaglio», centinaia di persone sono scese in piazza per protestare contro il ddl intercettazioni e, in particolare, contro l'ormai famigerato comma 29, meglio conosciuto come comma «ammazza-blog» (leggi di cosa si tratta).
Giornalisti e non si sono radunati all'ombra del Pantheon capitanati dal presidente dell'Ordine, Enzo Jacopino, dai rappresentanti della Federazione nazionale della stampa italiana e dell'Associazione cronisti.
Per Iacopino, «questa legge indica che siamo scomodi e questa è una cosa sana, perché compito del giornalista è essere scomodo», ha detto con un pizzico di orgoglio. «Il filo che intesse il bavaglio è più lungo di quello che compone la legge sulle intercettazioni. Passa per il ricatto degli editori che obbligano i collaboratori ad accettare 2-3 euro a pezzo e passa per i troppi conflitti di interesse che affliggono questo Paese».
LA PUNTA DELL'ICEBERG. Sulla stessa lunghezza d'onda Fulvio Fammoni di Cgil. Secondo il rappresentante del sindacato, il Bavaglio «è solo un pezzo di un'iniziativa più generale che mette insieme le censure, i tagli e il depotenziamento del servizio pubblico, gli interventi sui giornalisti».
La dimostrazione? «Viene riattivato solo quando emergono problemi di carattere giudiziario relativi al presidente del Consiglio». Una situazione torbida, resa ancora più ambigua dalla strategia del governo: «Sembra che si utilizzi la crisi, il fatto che i cittadini sono impegnati a pensare a come arrivare alla fine del mese, per continuare l'affondo verso la libertà d'informazione», ha dichiarato Fammoni.
GLI AVVOCATI TENDONO UNA MANO. Nel frattempo, l'associazione di blogger Agorà ha iniziato un processo di sensibilizzazione nei confronti di diversi parlamentari per far presentare emendamenti per modificare la legge.
L'avvocato Antonio D'Amati invita i giornalisti a continuare a fare il loro dovere: «Se i giornalisti verranno portati a frotte davanti ai tribunali, i giudici li assolveranno. Non temo l'istigazione a delinquere quando dico ai giornalisti che di questa futura legge non dovranno tenerne conto. Nessuno può essere condannato per aver fatto il proprio dovere. Questa legge sarà un buco nell'acqua serve solo a spaventare».
http://www.lettera43.it/attualita/27141/piazza-strappa-bavaglio.htm
Intercettazioni: un comma-bavaglio per l'informazione online.
di Fabio Chiusi
E dunque nemmeno il comma 29 dell'articolo 1. Una norma che estende la disciplina della stampa a tutti i «siti informatici». E che prevede, in particolare, l'estensione dell'obbligo di rettifica anche a blog e siti amatoriali.
RITORNA IL COMMA “AMMAZZA-BLOG”. Il comma, rinominato “ammazza-blog” o “ammazza-Rete”, ha fatto insorgere esperti di diritto informatico, attivisti, blogger e società civile già la scorsa estate. Quando l'esecutivo sembrava determinato, proprio come in questi giorni, a chiudere una volta per tutte l'annosa questione dell'abuso delle intercettazioni imponendo sanzioni severissime alla stampa.
Rettifica entro 48 ore o fino a 12 mila euro di multa
Ma la legge punisce anche i semplici appassionati. Se il famigerato comma 29 dovesse diventare legge nella sua attuale stesura, infatti, un blogger o chiunque faccia informazione «non professionale» avrebbe 48 ore di tempo per procedere a una rettifica di quanto scritto, a prescindere dalla fondatezza della richiesta ricevuta, pena una sanzione fino a 12 mila euro. Un week-end al mare, oppure più semplicemente due giorni senza controllare la posta elettronica, potrebbe bastare dunque per finire nei guai. La rettifica inoltre, si legge nel testo inspiegabilmente accorpato a quello sulle intercettazioni, dovrebbe essere data rispettando precisi criteri grafici, di posizionamento, visibilità e di metodologia di accesso.«UN CLIMA DI INTIMIDAZIONE». «Per sottrarre il premier alla giustizia la rete questa volta rischia la censura», ha commentato l'avvocato e presidente dell'Istituto per le politiche dell'innovazione Guido Scorza, tra gli oppositori della prima ora del provvedimento. E non meno critico è Juan Carlos De Martin, fellow del Berkman center for internet & society di Harvard e fondatore del centro Nexa del Politecnico di Torino: «Si vuole creare un clima di paura, di intimidazione, perché indurrebbe delle forme di autocensura. Per il timore di non poter correggere il sito entro 48 ore, tra l'altro per un singolo e non per una struttura, vincerebbe una forma di autocensura feroce. Tanto più se ci sono 12 mila euro in ballo». Anche per enti pubblici e aziende: «Il rischio è un “effetto gelata” per neutralizzare la capacità della Rete di dare la parola a tutti».
Anche il Pdl vuole cambiare la norma
Durante l'estate del 2010 le proteste contro la “legge bavaglio” portarono la maggioranza a più miti consigli. Ma non certo per la mobilitazione, che pure ci fu, contro il comma “ammazza-Rete”. Allora, infatti, le voci critiche fuori e dentro il Pdl, su tutte quelle dei finiani (che erano ancora nella maggioranza) e dei deputati pidiellini Antonio Palmieri e Roberto Cassinelli, non bastarono a convincere il governo della necessità di modificare il dettato dell'articolo potenzialmente lesivo della libera espressione in Rete.Così che gli emendamenti, sia quelli soppressivi dell'opposizione che quelli migliorativi del Pdl, furono giudicati «inammissibili» da Giulia Bongiorno e accantonati.
«MODIFICARE UN TESTO DANNOSO». Ora che la maggioranza è tornata alla carica, Cassinelli, interpellato da Lettera43.it, ha annunciato di avere intenzione di ripresentare le sue proposte per cambiare il comma “ammazza-Rete”. Ma pur riconoscendo la «necessità, incontestabile, di modificare un testo potenzialmente dannoso», di stralcio della norma non vuol sentire parlare. E questo per due ragioni: «La prima è che non passerebbe, lasciando quindi il comma 29 così com'è; la seconda è che», pur con i distinguo del caso, ha proseguito Cassinelli, «credo che il diritto di rettifica vada rispettato, visto che per quanto amatoriale sia ogni contenuto pubblicato su internet può minare la reputazione di un libero cittadino». Insomma, come ha scritto sul suo sito, per Casinelli «oggi è bene cercare convergenze piuttosto che urlare a un'inesistente censura di Stato».
Ma i blogger berlusconiani non ci stanno
Eppure a criticare la proposta di legge non sono soltanto le opposizioni, ma anche alcuni dei principali blogger di area berlusconiana. Come Diego Destro, di Daw-blog.com. Che a Lettera43.it ha espresso un giudizio molto severo sul comma “ammazza-blog”, pur esordendo con una battuta: «Avremo tutti bisogno di una grande assicurazione. Scherzi a parte, la cosa è molto grave: non è possibile che un blog sia trattato come il sito del Corriere e di Repubblica».«MA SI RENDONO CONTO DI QUELLO CHE FANNO?». E non è certo la prima volta che il centrodestra si presta a progetti liberticidi. Basti pensare al disegno di legge, presentato soltanto a luglio scorso, che con la scusa della tutela del diritto d'autore se approvato renderebbe possibile inibire l'accesso a Internet senza passare per l'autorità giudiziaria.
Per Destro c'è una questione di fondo da sottoporre agli esponenti della maggioranza: «La domanda che mi faccio è se si rendano conto di quello che stanno facendo. Se sia intenzionale o meno. Forse sì... Il mio giudizio è comunque molto negativo». Senza contare, ha concluso Destro, che «gli strumenti» per punire eventuali illeciti online «già ci sono».
«NESSUNO CONSULTA LA RETE». «Da blogger ero contrario prima e sono contrario anche adesso», concorda Simone Bressan, di The Right Nation. «Spero cambino il testo con un minimo di buonsenso», aggiunge, «ma mi lascia sconcertato come il centrodestra riesca sempre in un modo o nell'altro a rendersi ostile la rete anche nelle espressioni che gli sarebbero più vicine. Anche uno come me, di centrodestra, si trova obbligato a mettersi contro quando vede cose come questa».
Bressan sottolinea poi l'ennesima occasione sprecata: «Mai una volta che il Pdl chiamasse i tanti blogger di centrodestra e li consultasse anche solo dieci minuti per capire se una cosa del genere può stare in piedi o no». Eppure, ha concluso, «quando si legifera di industria sente Confindustria, quando di artigianato Confartigianato. Per la Rete, invece, ciò non succede».
Civati: «Siamo all'italiacidio»
Nel frattempo, l'opposizione chiama il web alla mobilitazione. Antonio Di Pietro, dalla sua pagina Facebook, ha annunciato che «noi dell'Idv non staremo con le mani in mano» di fronte al tentativo di «mettere il bavaglio al web» con una misura, ha poi rincarato, di stampo fascista. E Pippo Civati, consigliere regionale e membro della direzione nazionale del Pd, ha rivelato che il suo partito sta ragionando sulle forme di protesta da utilizzare, «perché c'è lo sconcerto che in questo Paese si debba discutere dei blog, pur nella gravità della cosa, con la crisi che c'è. Stiamo arrivando all'italiacidio». «Un intervento contro la libertà di stampa e di espressione in questo momento è significativo», ha aggiunto Civati. «Del resto la crisi “è colpa dei media”, dice Berlusconi: evidentemente deve aver pensato di cominciare dai blog».VALIGIA BLU: «DISOBBEDIENZA CIVILE». Anche gli attivisti digitali stanno affilando le armi. Come Agorà Digitale, per esempio, e Valigia Blu. Che ha già dichiarato la sua adesione alla manifestazione di giovedì 29 settembre a Roma contro «la legge bavaglio ai media e ai blog, che per noi», ha spiegato Arianna Ciccone, l'animatrice del collettivo, «sono due cose unite».
E se il governo, fiducia o meno, riuscisse a tramutare il progetto in legge? «Allora faremo disobbedienza civile», ha risposto, «e questo significa prendersi anche le conseguenze di non obbedire alla legge, in modo pubblico, trasparente, esplicito, senza anonimati e cose del genere». Il pericolo è concreto, ha aggiunto, perché «siamo di fronte a un muro di gomma». Mentre «in altri Paesi forme di protesta come petizioni e richieste di dialogo con le istituzioni vengono prese in considerazione come cose normalissime, qui», ha concluso Ciccone, «non solo non vengono viste come cose normali, ma addirittura non sono considerate».
http://www.lettera43.it/tecnologia/web/26782/come-ti-ammazzo-il-blog.htm
Sette emendamenti al ddl sulle intercettazioni
È la mossa di 26 parlamentari contro il comma «ammazza-blog».
A preoccupare più di ogni altra cosa gli addetti ai lavori è il cosiddetto comma «ammazza-blog» contenuto nel ddl, che estende a tutti i siti internet l'obbligo di rettifica previsto dalla legge sulla stampa (leggi di cosa si tratta).
Otto esponenti del Partito democratico, sei dei Radicali, cinque dell'Unione di centro, tre del Popolo della libertà, due dell'Italia dei valori e due del Gruppo misto hanno presentato alla Camera sette diversi emedamenti che, in vario modo, cercano di limitare ai soli contenuti professionali e, in particolare, alle testate registrate la validità del comma incriminato.
SANZIONI FINO A 12 MILA EURO. Se il comma 29 dovesse diventare legge nella sua stesura attuale, infatti, qualunque blogger «non professionale» avrebbe 48 ore di tempo per procedere a una rettifica di quanto scritto, a prescindere dalla fondatezza della richiesta ricevuta, pena una multa fino a 12.500 euro.
Perché gli emendamenti presentati dai 26 parlamentari vengano approvati alla Camera è necessaria l'adesione di 316 componenti dell'aula. Qualsiasi parlamentare può, fino al momento della votazione, apporre la sua firma su tutti o solo alcuni di questi emendamenti.
http://www.lettera43.it/attualita/27019/sette-emendamenti-al-ddl-sulle-intercettazioni.htm
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