L'analisi sociosemiotica della pubblicità. Una sintesi dei concetti e delle riflessioni tratti dai libri: Semiotica, Marketing e Comunicazione di J. M. Floch, Franco Angeli; Corpi sociali di G. Marrone, Einaudi e Trailer, spot, clip, siti, banner di Isabella Pezzini, Meltemi Editore.
La pubblicità coinvolge la nostra vita in ogni sua forma, assumendo un ruolo determinante sia come motore economico di sviluppo che come strumento di orientamento e segmentazione dei pubblici. Una simbiosi tra pubblicità e produzione culturale che finisce per collegare trasversalmente i differenti media.
In tale contesto comunicativo, il discorso
pubblicitario ha assunto un ruolo particolare come insieme risultante di
differenti pratiche significanti riconoscibili e descrivibili,
stabilizzate in procedure e routine produttive, all’origine di generi e
testi prodotti ma anche di mode linguistiche e comportamentali.
Nell’approccio semiotico, grazie al lavoro di
ricercatori come Jean Marie Floch e Eric Landowski, l’attenzione viene
portata da un lato sulle specificità delle strategie di produzione di
senso adottate dal singolo testo o ambito discorsivo studiati e
dall’altro sulla generalità dei modelli interpretativi utilizzati.
Sin dalle sue origini, la scienza della
significazione ha mostrato un grande interesse per la pubblicità
(obiettivi comunicativi, meccanismi testuali, aspetti sociali). I primi
studi semiologici considerano la pubblicità un’attività comunicativa a
scopo persuasivo. Se la funzione della pubblicità è quella di far
acquistare gli oggetti di cui parla, trasformando il destinatario in
consumatore finale, il codice che essa utilizza è sempre e soltanto di
tipo economico.
Il testo pubblicitario è un messaggio persuasivo che,
riprendendo termini e formule sintattiche, li trasforma in funzione dei
suoi scopi economici, accentuandone il valore espressivo. Il ricorso
alla retorica per analizzare la comunicazione pubblicitaria permette di
trattare il testo pubblicitario come una macchina che possiede diversi
livelli di senso, interagenti tra loro ma diversi per efficacia
comunicativa. Gli artifici retorici vengono considerati come tecniche
per moltiplicare i significati del testo, ponendo accanto al contenuto
denotato che viene fornito dal codice linguistico, tanti altri possibili
significati connotati che rinviano a universi culturali o sottocodici
di tipo ideologico, antropologico, estetico.
Lo sguardo linguistico e semiologico sulla
pubblicità, supportato dalle nozioni della retorica, supera l’idea della
comunicazione commerciale come persuasione occulta. Nel messaggio
pubblicitario, nulla agisce a livello subliminale su un destinatario
consumatore del tutto passivo che, al contrario, viene costantemente
sollecitato dalla molteplicità dei livelli semantici del messaggio, a
vivificare la sfera di esperienze individuali e sociali entro cui si
riconosce e costituisce.
Accanto al messaggio prettamente linguistico, la
ricerca semiotica inizia a porsi il problema di analizzare quella parte
del testo pubblicitario che fa ricorso a sostanze espressive di tipo
visivo. Lo studio delle immagini pubblicitarie inaugura una vera e
propria semiologia della visualità. Se c’è un’immagine in un annuncio
pubblicitario, essa possiede un qualche valore comunicativo e, dunque,
un qualche potenziale di significazione. L’immagine pubblicitaria è
franca ed enfatica.
Come la parola, anche l’immagine possiede due livelli
di lettura: quello propriamente pubblicitario, di tipo connotativo e
quello visivo, di tipo denotativo, legato al fatto che l’immagine sta lì
in quanto rappresentazione di qualcos’altro. La comunicazione
pubblicitaria risulta efficace perché l’immagine che essa adopera viene
messa in relazione con il messaggio verbale e iscrive il piano
connotativo in quello denotativo. Lo studio semiotico dell’immagine
permette una comparazione tra visivo e verbale, sul piano delle forme
adoperate da entrambi i linguaggi in questione.
Superata l’idea di una persuasione subdola e occulta,
anche se resta un forte sospetto nei confronti della pubblicità
considerata come un linguaggio legato soltanto al mondo del mercato, le
scienze umani e sociali iniziano a guardare con interesse al mondo della
pubblicità. Si comprende che la comunicazione pubblicitaria fa parte
della realtà sociale, è una delle sue componenti costitutive e
contribuisce attivamente a determinare le dinamiche della società.
La pubblicità va pensata come un discorso che dice e
che fa, che rappresenta e modifica, dove ogni parola è una mossa
strategica ed ogni azione ha un valore significante. I modelli teorici
usati nell’analisi sociosemiotica della pubblicità non sono più di tipo
retorico ma di tipo logico narrativo. Si avverte la necessità di
sostituire l’analisi semiologica adottata negli anni Sessanta e Settanta
(che individua segni da classificare in apposite rubriche retoriche)
con uno sguardo semiotico che va alla ricerca delle strutture testuali
che stanno al di sotto dei segni, per ricostruire le logiche interne e
le componenti dell’intera comunicazione pubblicitaria.
Il testo pubblicitario non presenta tanti messaggi
quante sono le sostanze espressive da esso utilizzate ma emette un solo
messaggio che fonda la propria unità nelle strutture profonde del testo
di tipo narrativo. I modelli narrativi adoperati nell’esame delle
modalità di consumo proposte dai testi pubblicitari vanno intesi come
forme dell’immaginario collettivo che passano temi e simboli al vaglio di situazioni soggettive e intersoggettive storicamente e culturalmente determinate.
Il discorso pubblicitario non è tanto una forma
retorica di persuasione del consumatore a comprare determinati prodotti,
quanto una procedura di valorizzazione dei prodotti e una costruzione
dell’immagine di marca che li sostiene. Il consumatore non si limita a
scegliere un prodotto per ragioni di calcolo economico ma attribuisce ad
esso determinati valori.
Emerge così la questione centrale della costruzione
dell’identità, nella sua duplice funzione del fare (le azioni compiute
dai soggetti per dotare di valore gli oggetti) e dell’essere (le
passioni vissute nelle relazioni intersoggettive). La sociosemiotica,
attraverso modelli discorsivi generali, cerca di spiegare a monte le
scelte di consumo che si trovano rappresentate nei testi pubblicitari.
Attraverso il quadrato semiotico (rappresentazione
grafica dell’articolazione logica di una qualsiasi categoria semantica),
è possibile ricostruire una tipologia delle possibili forme a cui la
comunicazione pubblicitaria ricorre per valorizzare gli oggetti che deve
pubblicizzare. Ne è venuta fuori la cosiddetta assiologia dei valori di consumo.
Un racconto, secondo l’ipotesi semiotica è sempre la
storia di un Soggetto che va in cerca di un Oggetto. Quest’ultimo però
non è importante di per sé ma per il fatto di essere desiderato, per i
valori che il Soggetto proietta al suo interno. In ogni caso qualunque
sia il contenuto semantico di tale valore, esso non è quasi mai una
caratteristica intrinseca dell’Oggetto cercato; è piuttosto un valore
per il Soggetto, dunque una qualcosa che serve alla realizzazione di
quest’ultimo, alla costruzione e al riconoscimento della sua identità.
Per questo motivo, esso viene chiamato valore di base o in termini più generali esistenziale.
Una storia però non è soltanto il resoconto del modo
in cui il Soggetto si ricongiunge con l’Oggetto quanto quella del modo
in cui quel Soggetto si procura i mezzi per potersi poi ricongiungere a
esso. Prima di ricongiungersi con il suo valore di base, l’eroe deve
entrare in possesso di altri Oggetti che gli permettono di poter agire
efficacemente al momento in cui incontrerà l’Anti-soggetto. Anche questi
oggetti sono dotati per lui di un valore ma di tipo diverso rispetto al
primo: sono infatti strumenti di lotta e di affermazione, non oggetti
del desiderio. Questo secondo tipo di valore si definisce pertanto valore d’uso o in termini più generali pratico.
Nelle campagne pubblicitarie, secondo Floch, molto
spesso valori di base e valori d’uso non vengono concepiti come due
tappe successive di un unico percorso narrativo ma come elementi
alternativi, addirittura contrari. Da qui, sempre secondo Floch, la
possibilità di costruire una tipologia dei possibili modi con cui un
Soggetto tende a valorizzare un Oggetto, mediante la proiezione sul
quadrato semiotico dell’opposizione tra una forma di valorizzazione
utopica e una pratica e dunque tra valori intesi come esistenziali,
importanti per la vita stessa del Soggetto che desidera congiungersi con
essi e valori intesi come utilitari, necessari soltanto per il
raggiungimento dei primi.
La valorizzazione dell’Oggetto da parte del Soggetto,
si suddivide in quattro grandi classi in cui si raccolgono le possibili
forme di razionalità più o meno consapevolmente adottate dai
consumatori al momento di acquistare determinati prodotti:
-
valorizzazione pratica (valori utilitari, d’uso): considera l’oggetto come strumento;
-
valorizzazione ludica (valori non-utilitari): secondo le relazioni del quadrato semiotico, è la negazione diretta della valorizzazione pratica. L’oggetto viene valorizzato non tanto per il suo valore funzionale ma per le sue qualità formali e fisiche, per la bellezza, per il piacere che procura;
-
valorizzazione critica (valori non esistenziali): secondo le relazioni del quadrato semiotico, è contraria alla ludica e complementare alla pratica. L’oggetto viene scelto per la sua convenienza economica, per il rapporto qualità/prezzo;
-
valorizzazione utopica (valori esistenziali, di base): secondo le relazioni del quadrato semiotico, è contraria alla pratica e complementare alla ludica; L’attenzione viene spostata dall’oggetto verso il soggetto che si congiunge con il suo oggetto di valore, realizzando la propria identità profonda.
Il prodotto merce, a differenza del marketing, non
viene considerato dal consumatore per le sue caratteristiche fisiche ma
in base ai valori immateriali che egli vi iscrive; allo stesso modo
l’identità del consumatore si determina volta per volta sulla base dei
valori che sono presenti negli oggetti e quindi delle valorizzazioni in
cui esso si trova narrativamente coinvolto.
Prodotto e consumatore si costituiscono nella loro
relazione reciproca, relazione che è il racconto pubblicitario a
proporre in modi ogni volta diversi sulla base delle congiunture
economiche del mercato e dei desideri circolanti negli immaginari
sociali del momento.
L’universo pubblicitario si rivela in tal modo come
una grande macchina che riprende dall’immaginario collettivo situazioni,
desideri o bisogni già esistenti e li trasforma al suo interno per i
propri obiettivi comunicativi specifici, li traduce sotto forma di
storie di Soggetti che per realizzare se stessi, vanno alla ricerca
degli Oggetti più diversi nei quali si trovano iscritti i valori sociali
più diversi.
Compito dell’analisi semiotica della pubblicità che
diviene così una vera e propria indagine sociale sulle motivazioni di
consumo è quello di ritrovare al di sotto di questa apparente
diversità del mondo, una serie di costanti narrative, di forme
invarianti di valorizzazione di Oggetti da parte di Soggetti.
Il modello delle assiologie di consumo elaborato da
Floch, finisce per schiacciare l’uno sull’altro due diversi livelli di
pertinenza della struttura narrativa: quello dei valori profondi e
quello dei programmi narrativi che prevedono la presenza di attanti
quali Soggetto e Oggetto.
Se si tiene separato il livello profondo dei valori
da quello più superficiale dei programmi narrativi, ognuna delle forme
di valorizzazione previste da Floch, presenterà al suo interno una serie
di possibilità, date dalle diverse prospettive narrative adoperate: ora
a partire dal Soggetto, ora a parte dall’Oggetto, ora a partire dalla
loro Relazione.
La valorizzazione utopica (soggetto che si congiunge
con il suo oggetto di valore, realizzando la propria identità profonda)
presenta anche un nesso e una differenza di natura, tra il fare e
l’essere del Soggetto, tra i suoi progetti di azione in vista di un
qualche obiettivo e la sua soggettività fatta di passioni, umori e
sensorialità.
Ecco, quindi, l’esigenza di un’analisi di alcuni
testi pubblicitari in cui emerge, in tutta la sua importanza, il tema
della costruzione pubblicitaria dell’identità che non si forma soltanto a
partire dai modelli pragmatici della narratività ma anche da fenomeni
di tipo passionale ed estetico.
di Giandomenico Belliotti
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