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domenica 1 febbraio 2015

1° Febbraio 1945 : Voto alle Donne in Italia



 VOTO ALLE DONNE IN ITALIA

All'inizio del 900 si verificarono importanti cambiamenti dal punto di vista elettorale in Italia: si iniziò prima con una  richiesta sempre più pressante per l’allargamento del diritto di voto per arrivare poi all' introduzione del suffragio universale maschile e finalmente al diritto di voto per le donne nel 1946.
Ci furono diverse, significative tappe  in questo lungo e difficile cammino, ma il mondo intero in quegli anni mostrava segni di profondi cambiamenti in tal senso. Sulla spinta dei movimenti emancipazionisti, infatti, avvengono le prime concessioni di voto alle donne: nel Wyoming nel 1869, in Nuova Zelanda nel 1893, in Norvegia e Finlandia nel 1901.
In Italia invece, ne viene nuovamente affermata l’esclusione con la legge elettorale del 1895 che, se da una parte allargava il diritto di voto a tutti i cittadini in grado di leggere e scrivere, dall’altra vietava espressamente la partecipazione femminile.


Un primo passo verso il riconoscimento dell'uguaglianza civile avvenne nel 1912 quando il Parlamento italiano discusse e approvò una nuova legge elettorale per modificare i criteri di accesso al voto: questa legge è  ricordata come quella che istituì in Italia il suffragio universale, anche se le donne continuavano ad esserne escluse. In quegli anni, infatti, avevano diritto di voto solo gli uomini che avevano frequentato il corso di istruzione obbligatorio e coloro che avevano prestato servizio nell’esercito, nella marina e negli altri corpi armati


Nel 1925 arriva in Senato una legge che concede il voto alle donne con la limitazione di poter esercitare tale diritto nelle sole consultazioni amministrative. Oltre a questa vi erano altre importanti limitazioni: potevano votare solo le donne che avessero compiuto 25 anni e che fossero state decorate di medaglie; che fossero madri o vedove di caduti di guerra; che avessero compiuto gli studi elementari e che pagassero almeno 100 lire di tasse comunali

Da allora la battaglia per i diritti politici continuò fino alle due date fondamentali che decretano  l’emancipazione delle donne come cittadine: il 1° febbraio 1945 e il 2 giugno 1946: nel febbraio del '45 il secondo governo Bonomi vota all’unanimità il diritto  di voto alle donne e il 2 giugno dell'anno dopo le donne fanno il loro ingresso ufficiale nella vita politica italiana.


IL 1° FEBBRAIO DEL 1945 VIENE RICONOSCIUTO, PER LA PRIMA VOLTA IN ITALIA, IL DIRITTO DI VOTO ALLE DONNE


Pochi mesi prima della conclusione del secondo conflitto mondiale, il secondo governo Bonomi – su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide De Gasperi – introduceva in Italia il suffragio universale, con Decreto Legislativo Luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945, “Estensione alle donne del diritto di voto”.


A 154 anni dalla “Dichiarazione dei diritti delle donne e delle cittadine” firmata da Olympe de Gouges che purtroppo le valse – nel 1793 – la ghigliottina, in Italia finalmente le donne si poterono recare alle urne.

Una prima volta che assunse una valenza ancor maggiore poiché avvenne in occasione del Referendum del 2 giugno 1946 in cui gli italiani furono chiamati a scegliere fra Monarchia e Repubblica.

Si trattava di un diritto riconosciuto tardivamente nel panorama occidentale; non solo, ma si trattava, in un certo senso, di un diritto “concesso”.

La struttura del decreto era la seguente:

l’art. 1 ne sanciva l’esercizio alle condizioni previste dalla legge elettorale..;

l’art. 2 ordinava la compilazione di liste elettorali femminili distinte da quelle maschili;

l’art. 3 stabiliva che, alle categorie escluse dal diritto di voto, dovevano aggiungersi le donne indicate nell’art. 354 ,..ovvero le prostitute schedate che esercitavano “il meretricio fuori dei locali autorizzati“.

Il Decreto n. 74 “Norme per l’elezione dei deputati all’Assemblea Costituente“, sanciva – un anno più tardi – la loro eleggibilità.

Le Donne italiane votarono effettivamente per la prima volta in occasione delle elezioni amministrative di marzo – aprile 1946 e del succesivo Referendum Repubblica-Monarchia del 2 giugno.


La Costituzione garantiva l’uguaglianza formale fra i due sessi, ma di fatto restavano in vigore tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e nel Codice Penale.

Ad onor del vero, in Italia, le donne potevano gia votare – solo per le amministrative – sin dal 1924. Benito Mussolini sulla carta le aveva riconosciuto il diritto di voto al fine di dimostrare che non temeva l’elettorato femminile, anzi.

Fu però solo un atto di pura demagogia, in quanto la dittatura aveva già deciso la proibizione di qualsiasi elezione per comuni e province, sostituendoli con i podestà ed i governatori.

n Francia, tale decisione venne presa con qualche mese di anticipo, per l’esattezza il 21 aprile del 1944, ma con essa anche la possibilità alle donne di essere elette.

Ma facendo un passo indietro, questo passo segnò il definitivo ingresso della donna come punto di riferimento nella società di allora? La risposta è no.

Il diritto di voto non garantì un diritto di cittadinanza consolidato.

Sul lavoro il cammino fu molto più arduo, attraverso un percorso di emancipazione che arrivò almeno fino al 1963, quando entrarono nella magistratura prendendo possesso di ogni tipo di carica.

Fino ad allora le donne si accontentarono di ruoli “scartati” dall’uomo. Accrebbe sicuramente il numero di insegnanti nelle scuole, a conferma della qualità e della necessità di una formazione al femminile per i propri figli.

Il diritto di voto resterà una pura formalità fino a quando le strutture politiche non saranno popolate da donne libere

Una donna può – anzi deve – essere ambiziosa, cosa diversa dall’esser competitiva. L’ambizione significa dire “so che sarei capace di…” e uscire dalla corazza di timidezza che inibisce ogni passo avanti.

Le donne non sono nate né per essere modeste, né per essere sottomesse.È non elemosinare il diritto.

Non è sufficiente il diritto di voto per sbloccare le libertà sociali.

A titolo di esempio servono due occhi per vedere la profondità del mondo in cui viviamo. Con un occhio solo il mondo viene percepito piatto. Lo stesso per quello che udiamo: con un orecchio solo non si percepisce da dove proviene la voce, anche in questo caso il suono si appiattisce.

Fonti:

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