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giovedì 14 gennaio 2016

Ecologia le Immagini del 2015


La puzza emanata dal fiume Giallo
in Mongolia
GUARDANE ALTRE 
dal Surfista in un mare di rifiuti
alle città più grandi del mondo






















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giovedì 7 gennaio 2016

Immagini del 2015 Ecologia


Scioglimento a cascata 
non piu' sgretolamento del Ghiaccio
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domenica 1 novembre 2015

Dissuasori Antipescaastrascico Funzionano





I dissuasori antistrascico funzionano:
 nelle Egadi dimezzato quello illegale sotto costa

Lo strascico sotto costa, all’interno della batimetrica dei 50 metri, è vietato in tutta Italia da una legge nazionale, anche fuori delle aree marine protette. La pesca a strascico sotto costa distrugge i fondali, 
danneggiando coralligeno e praterie di Posidonia oceanica, e depaupera la risorsa ittica, catturando 
anche pesci allo stadio giovanile, non commercializzabili, costituendo in più una concorrenza sleale per la piccola pesca artigianale e per la pesca strascico svolta al largo, nel rispetto delle regole. Un  
fenomeno che è particolarmente grave in un’area marina protetta, perché ne vanifica l’effetto 
ripopolante. Ma le azioni dei bracconieri potrebbero aver trovato un forte ostacolo: la direzione dell’Area marina protetta delle Isole Egadi ha reso noti i risultati del monitoraggio sulla  pesca a strascico illegale sotto costa, effettuato acquisendo dal Comando Generale delle Capitanerie di porto i dati relativi ai segnali blue-box, i dispositivi satellitari per la rilevazione della posizione delle motobarche da pesca di lunghezza superiore ai 15 metri, registrati all’interno dell’Amp.

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domenica 6 settembre 2015

Marò: Rubarono Soldi ai Profughi Soccorsi in Mare


Rubarono soldi e fedi nuziali ai profughi soccorsi in mare: 8 marò rinviati a giudizio
I militari si appropriarono di ingenti somme di denaro ed altri beni personali durante le perquisizioni. I profughi erano appena stati soccorsi a largo di Lampedusa.


Otto marò, militari della Brigata Marina San Marco, sono stati rinviati a giudizio con l'accusa di aver rubato effetti personali a dei profughi durante un'operazione di salvataggio in mare dell'ottobre di due anni fa. I militari saranno processati dal tribunale militare di Napoli e a stabilirlo è stato il gup Stanislao Saeli, che ha accolto la richiesta di rinvio a giudizio presentata dal pm Marina Mazzella. Il sottufficiale M.M., di 38 anni, dovrà rispondere di peculato militare pluriaggravato e mancata consegna. Per gli altri 7, l’accusa è solo di mancata consegna.

Era la notte tra il 25 e il 26 ottobre del 2013 quando un centinaio di profughi siriani furono soccorsi in acque internazionali – a 45 miglia da Lampedusa – dalla nave "Chimera" che aveva a bordo alcuni uomini in servizio alla Brigata San Marco. I migranti, appena arrivati in Sicilia, riferirono alla polizia giudiziaria di essere stati derubati di soldi e beni personali durante i controlli da parte del nucleo di marò.

Gli investigatori hanno appurato che i militari riponevano denaro e oggetti in buste prive di dati identificativi, obbligando i profughi perquisiti a distogliere lo sguardo durante le operazioni restando inginocchiati e rivolti verso il mare. Il pubblico ministero e gli investigatori hanno raccolto le testimonianze di numerosi migranti recuperati dal Chimera, compresi donne e bambini. Secondo le accuse uno dei marò si sarebbe fatto consegnare del denaro, 34.850 euro e 26.354 dollari Usa oltre a oggetti preziosi – incluso un anello nuziale – violando gli ordini e le disposizioni operative secondo le quali i militari si sarebbero dovuto limitare a ritirare soltanto armi e materiale pericoloso, qualora fosse stato trovato in possesso dei migranti. I profughi vennero ospitati nel centro di accoglienza di Geraci Siculo (Palermo) e assistiti gratuitamente, su richiesta del sindaco, Bartolo Vienna, dall'avvocato Guido Bellanca. La prima udienza del processo è stata fissata per il prossimo 29 settembre.

notizia su: http://www.fanpage.it/rubarono-soldi-e-fedi-nuziali-ai-profughi-soccorsi-in-mare-8-maro-rinviati-a-giudizio/


8 i rinvii a giudizio chiesti dalla procura militare: il provvedimento riguarderebbe otto marò della Brigata Marina San Marco di stanza a Brindisi. Tra le accuse più gravi, spiccano quelle al sergente Massimo Metrangolo, 38enne, per peculato militare aggravato. Per gli altri sette, invece, l’accusa è di violata consegna: i colleghi di Metrangolo non avrebbero impedito che il sergente portasse a termine l’illecito.

La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal pubblico ministero Marina Mazzella della procura militare di Napoli, riguarderebbe quindi 8 militari in servizio nel secondo reggimento della Brigata Marina San Marco di stanza a Brindisi. Gli atti sono stati inviati alla procura militare di Napoli dalla procura della Repubblica di Agrigento.

A rendere pubblica la vicenda, è stato un servizio del telegiornale di La7. Durante la notte tra il 25 e il 26 ottobre del 2013 un centinaio di siriani a bordo di un barcone fu tratto in salvo dalla corvetta Chimera, a 45 miglia da Lampedusa. Appena arrivati sulle coste siciliane, i migranti raccontarono di essere stati derubati del denaro e degli effetti personali: ad ascoltarli, la polizia giudiziaria. Le indagini avrebbero stabilito che mentre i migranti dovevano restare in ginocchio a fissare il mare, i loro effetti personali e piccoli preziosi venivano riposti in buste senza indicazioni che potessero farne risalire la provenienza e la proprietà.

Uomini, donne e bambini salvati in quella notte sono stati ascoltati dagli inquirenti: qualcuno avrebbe raccontato anche che alcuni militari, col volto travisato da una mascherina sanitaria, avrebbero tagliato i sacchetti per frodarne il contenuto. Più grave la posizione di Metrangolo: secondo le accuse raccolte, avrebbe intascato denaro dei migranti per oltre 34.800 euro e più di 26 mila dollari, a cui si aggiungerebbero diversi monili: azione assolutamente non permessa, poiché il sergente avrebbe dovuto esclusivamente sequestrare armi e materiale pericoloso in possesso ai migranti.

DA : http://www.brindisioggi.it/migranti-derubati-8-richieste-di-rinvio-a-giudizio-per-militari-della-san-marco/



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domenica 26 luglio 2015

Fukushima: la Situazione Oggi

Fukushima: la situazione oggi

A quattro anni dal disastro dell'11 marzo 2011, 
spieghiamo in dieci punti qual è la situazione oggi a Fukushima.





1. Noccioli fusi. La precisa ubicazione dei diversi noccioli fusi resta sconosciuta a TEPCO come a chiunque altro, ma è accertato che una buona parte si è fusa attraversando i vessel (contenitori d’acciaio a pressione) e scendendo nella parte bassa della struttura di contenimento. L'operazione di raffreddamento del combustibile fuso dovrà continuare ancora per molti anni.

2. Acqua contaminata. L’acqua utilizzata per il raffreddamento rappresenta la maggior parte dell'acqua contaminata immagazzinata nelle circa mille vasche d'acciaio montate sul sito dal 2011 ad oggi. A dicembre 2014, un totale di 320 mila tonnellate di acqua altamente contaminata era immagazzinata nei serbatoi. TEPCO sta utilizzando diverse tecnologie per rimuovere fino a 62 radionuclidi da quest'acqua, ma non l'isotopo radioattivo trizio che non si sa ancora come trattare. L’acqua già trattata ma contenente trizio ammontava lo scorso 8 febbraio a 297 mila tonnellate.

3. Il programma di TEPCO. Inizialmente TEPCO stimava di riuscire a completare il trattamento di tutte le acque altamente contaminate entro la fine di marzo 2015, ma questo piano è stato rivisto a gennaio, quando la società ha annunciato di aver completato "circa il 50 per cento" del lavoro. Un nuovo programma dovrà essere annunciato in questi giorni, con TEPCO che ora prevede di completare il trattamento delle acque entro il prossimo maggio. Allo stesso tempo, circa 300 tonnellate di acqua sono necessarie ogni giorno per raffreddare il nocciolo rimanente e il combustibile fuso nei tre reattori...





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martedì 17 febbraio 2015

ECOLOGIA: La Plastica nel Mare Danneggia e Modifica la Natur...

La Plastica nel Mare Danneggia e Modifica la Natura


Questa tartaruga probabilmente e' rimasta incagliata in un anello di una confezione da 6 lattine di birra quando era piccola, 
ora è per sempre strangolata nel cappio del boia plastica!

leggi anche :
L' ISOLA DI PLASTICA


ECOLOGIA: La Plastica nel Mare Danneggia e Modifica la Natur...: Questa tartaruga probabilmente e' rimasta incagliata in un anello di una confezione da 6 lattine di birra quando era piccola,  or...



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venerdì 9 settembre 2011

Lampedusa , Perché li chiamate sbarchi , E` soccorso in mare





Il motto della Capitaneria di porto di Lampedusa
'In asperitate maris pro humanitate'

Lampedusa 
Perché li chiamate sbarchi 
E` soccorso in mare



A Lampedusa non sbarca nessuno. I migranti non arrivano nell`isola da soli ma accompagnati dalle unità di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza. Le azioni di soccorso hanno salvato migliaia di vite ma restano sconosciute. “Applichiamo solo la legge del mare, quella dell`aiuto reciproco”. Lo specchio d`acqua tra Lampedusa, Tunisia e Libia è pattugliato ogni giorno. Non è protezione dei confini ma emergenza umanitaria. E non ci sono neanche gli scafisti.

LAMPEDUSA (AG) - “In asperitate maris pro humanitate`. E` il motto della Capitaneria di Porto, un pugno di uomini che con i colleghi della Guardia di Finanza pattuglia le acque territoriali e trascina i barconi al molo Favarolo. Spesso salvando uomini, donne e bambini da natanti che imbarcano acqua, che hanno finito la nafta, che hanno perso la rotta e vanno alla deriva. Migliaia di persone sottratte al naufragio.


A Lampedusa non sbarca nessuno. I migranti non arrivano nell`isola da soli ma accompagnati dalle unità di Capitaneria di Porto e Guardia di Finanza. Le azioni di soccorso hanno salvato migliaia di vite ma restano sconosciute. “Applichiamo solo la legge del mare, quella dell`aiuto reciproco”. Lo specchio d`acqua tra Lampedusa, Tunisia e Libia è pattugliato ogni giorno. Non è protezione dei confini ma emergenza umanitaria. E non ci sono neanche gli scafisti. Il motto della Capitaneria di porto di Lampedusa LAMPEDUSA (AG) - “In asperitate maris pro humanitate`. E` il motto della Capitaneria di Porto, un pugno di uomini che con i colleghi della Guardia di Finanza pattuglia le acque territoriali e trascina i barconi al molo Favarolo. Spesso salvando uomini, donne e bambini da natanti che imbarcano acqua, che hanno finito la nafta, che hanno perso la rotta e vanno alla deriva. Migliaia di persone sottratte al naufragio.
Una lavoro sconosciuto e nascosto dall`idea degli “sbarchi`, sui cui invece è stata costruita la sindrome dell`invasione. In realtà, qui non arriva nessuno da solo. O meglio, sono in pochissimi: tecnicamente si chiamano ‘sbarchi orfani`. E non è un caso che praticamente nessuno giunga a Pantelleria, che è anche più vicina alle coste tunisine. I lampedusani lamentano spesso che quell`isola rimane il “paradiso dei turisti`, mentre la loro è stata scelta come un gigantesco “centro immigrati`.
Lo specchio d`acqua tra Lampedusa, Libia e Tunisia è sorvegliatissimo. Elicotteri e aerei, guardiacoste e unità veloci, pattugliatori e incrociatori. L`attività è senza interruzioni. Guardia Costiera e Finanza fanno a turno, la Marina pattuglia con continuità. Siamo negli uffici della capitaneria, sono le 14. “C`è una unità della Marina Militare in pattugliamento che ha avvistato due target e li tiene sotto controllo`, ci dicono. “Hanno piena navigabilità, non ci sono elementi che ci lasciano presagire delle difficoltà`. Più tardi una delle due unità inizierà a imbarcare acqua. L`intervento italiano arriva quando ci sono segnali di pericolo: la barca che si ferma all`improvviso, segno di motori in avaria. Oppure persone che buttano acqua fuori con i secchi o che hanno perso la rotta e vanno alla deriva.
In questi casi si avvia in automatico la procedura SAR (Search and Rescue). La nave più vicina dà le coordinate e inizia l`intervento. “A prescindere dalla posizione, in mare c`è la legge dell`aiuto reciproco. Quindi anche se l`imbarcazione si trova in acque internazionali o anche se è più vicina alla costa tunisina, noi interveniamo come SAR`. In caso di pericolo viene prima l`umanità, dice il motto. Quando si rischia il naufragio tutte le altre norme vanno in secondo piano. Anche se nasce un conflitto con le “ragioni superiori`, gli ordini che vengono dall`alto o le leggi di Roma. E i conflitti ci sono anche se ovviamente si cerca di tenerli nascosti.
Finché si tratta di anti-immigrazione coordina il comando della Finanza. Se c`è un`operazione di soccorso comanda la Capitaneria. Decidere il quadro di riferimento può essere questione di attimi. Ora siamo ad agosto, col mare piatto. Ma in inverno è tutta un`altra cosa: “E` questione di ore, puoi avere la fortuna di avere condizioni ottime per cui in un giorno o due arrivi`. Altrimenti rischi di andare alla deriva nel Mediterraneo. Nel nostro caso andrà tutto bene. Lo ‘sbarco` – cioè l`accompagnamento in porto – ci sarà solo alle 20,30. Ma le telecamere riprenderanno esclusivamente un centinaio di tunisini che scende sul molo.
E non esistono neanche gli scafisti. “Noi siamo in mare principalmente per una questione doganale, di confine. La Guardia di Finanza è sulle coste per tutelare il Paese dai traffici illeciti, dalle sigarette alla droga agli esseri umani`, spiega il maggiore Fabrizio Pisanelli. Ma Lampedusa è un`altra cosa. “E` un`emergenza umanitaria, è differente rispetto alla Calabria, al Salento, al sud della Sardegna. Qui diamo man forte a chi si occupa di sicurezza in mare`. Anche in acque internazionali.
Lampedusa è un caso a sé anche rispetto ai famosi scafisti. “Essendo così vicina le organizzazioni pensano al trasporto, forniscono l`imbarcazione, spesso danno il GPS, individuano la persona che ha cognizioni marittime tra i migranti, di solito un ex pescatore, e gli dicono: ‘Segui questa rotta e vai`. Perché alla fine sono poche miglia`.
GRAZIE A :
Antonello Mangano, "Lampedusa. Perché li chiamate sbarchi? E` soccorso in mare", terrelibere.org, 09 settembre 2011, http://www.terrelibere.org/terrediconfine/lampedusa-perch-li-chiamate-sbarchi-e-soccorso-in-mare
LEGGI ANKE :
http://www.terrelibere.org/terrediconfine/con-una-telefonata-dal-viminale-il-soccorso-in-mare-diventa-respingimento

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giovedì 7 aprile 2011

Inquinamento radioattivo del Pacifico


L'Associazione per i Popoli Minacciati è seriamente preoccupata per l'inquinamento radioattivo del Pacifico. 
La farina di pesce è pericolosa.

Se le particelle radioattive emesse dalla centrale nucleare giapponese di Fukushima sono state in parte spinte dal vento verso l'oceano Pacifico, con il momentaneo e legittimo sollievo della popolazione locale, “Le dichiarazioni degli scienziati giapponesi - ha spiegato mercoledì scorso Hugo Senoner dell''Associazione per i Popoli Minacciati  (Apm) - secondo cui la contaminazione dei pesci non sarebbe poi tanto grave visto che la radioattività si concentrerebbe nelle spine che l'uomo non mangia, non sono solo un’irresponsabile minimizzazione, ma sono addirittura criminali”. Migliaia di tonnellate di pesce, infatti, incluse le spine vengono ogni anno trasformate in farina di pesce da cui a sua volta si ricavano alimenti per animali, ma anche i famosi bastoncini, “tanto che - ha ricordato Legambiente - il portavoce dell’esecutivo Yukio Edano non esclude di valutare la sospensione della vendita di pesce (dopo quella di latte e verdure), se le concentrazioni di radioattività dovessero aumentare ancora”.

”Le popolazioni indigene del Pacifico si considerano a tutti gli effetti vittime dell'era nucleare - ha continuato Senoner - Mai nessuno ha chiesto loro se erano favorevoli a questo tipo di produzione energetica, ma ciò nonostante ne subiscono tutte le conseguenze. Così dopo il lancio delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki con le loro conseguenze e in seguito a decenni di test atomici eseguiti nel Pacifico da USA e Francia, “l'Oceano Pacifico si è trasformato in una cloaca radioattiva dalle conseguenze incalcolabili”. Non si tratta in questi casi di catastrofi fortuite, che Legambiente ricorda “sono oltre un centinaio, venti dei quali molto gravi, solo negli ultimi 50 anni” (.pdf), ma di esperimenti deliberatamente provocati che in tutto il globo arrivano all’incredibile cifra di 2.054.

Nelle zone dei test atomici francesi e nella Micronesia ex-statunitense le vittime della radioattività si sono unite in associazioni di lotta. Per decenni è stato loro mentito sul proprio stato di salute mentre la percentuale di malati di tumore e di malformazioni nei neonati andava assumendo valori eccezionalmente alti. Per le popolazioni indigene del Pacifico non è mai stato possibile tutelarsi dalle radiazioni che secondo gli scienziati non avrebbero dovuto causare loro alcun danno.

Articolo completo su www.unimondo.org


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martedì 5 aprile 2011

Abbiamo Sole Vento e Mare!! NO al Nucleare!!




Abbiamo Sole Vento e Mare!!

Vaffanculo al Nucleare!!


Il12 giugno vota "SI" per fermare il nucleare in Italia!!

Meglio attivi oggi che radiattivi domani!!!


...Perchè dire "Si" al referendum sul nucleare del 12 giugno 2011

La discussione sull’opportunità del referendum è ormai alle spalle. Il referendum per abrogare la legge 99/2009 che vuole reintrodurre il nucleare in Italia ci sarà. Infatti è stato ammesso dalla Corte e quindi entro il 15 giugno, a meno di elezioni anticipate, le italiane e gli italiani dovranno pronunciarsi sul quesito referendario.

La forzatura del Governo italiano, che ha fatto approvare al parlamento la legge 99/2009 con il voto di fiducia e in spregio all’esito dei referendum del 1987, ha l’appoggio della lobby affaristica che vuole ad ogni costo investire in un affare di almeno 30 miliardi di euro per soli 4 reattori.

Come hanno detto 200 imprenditori che hanno firmato un appello, se il nostro paese investirà nel nucleare non avrà le risorse per fare altre scelte. Non a caso Enel, capofila italiano della lobby nuclearista, ha venduto parte delle sue rinnovabili per fare cassa in vista dell’investimento nucleare. Non a caso è in corso un attacco agli incentivi per le energie da fonti rinnovabili, che prelude alla richiesta di sostegni al nucleare.

Eppure le energie rinnovabili offrono importanti opportunità occupazionali, di innovazione, di investimenti distribuiti che sul modello della Germania valgono 15/ 20 volte i risultati occupazionali ottenibili con il nucleare e potrebbero anche consentire all’Italia di rispettare entro il 2020 gli impegni presi con l’Europa (20/20/20) per contrastare il cambiamento climatico.

Energie rinnovabili e nucleare sono 2 scelte alternative tra loro.

Inoltre il nucleare è pericoloso non solo per gli incidenti ma anche nel funzionamento normale. Gli incidenti di Chernobyl in Ucraina e di Three miles Island negli Usa hanno segnato pesantemente quei territori e hanno rilasciato i loro veleni anche su grandi aree del mondo. Non è vero che oggi non ci sono più incidenti nelle centrali, semplicemente non ne vengono date le notizie. Certo, per fortuna, non hanno avuto la gravità di quelli citati ma di qui a dire che le centrali sono sicure ce ne corre. Ambiente circostante delle centrali e salute sono a rischio e troppo spesso le notizie degli incidenti vengono nascoste per non allarmare le popolazioni interessate. Popolazioni e lavoratori sono coinvolti dalle conseguenze delle radiazioni anche durante il normale funzionamento delle centrali nucleari, come dimostrano ad esempio studi tedeschi e francesi sull’aumento delle leucemie nei bambini (oltre 3 volte) in rapporto alla distanza dalle emissioni. Del resto le emissioni sono il problema non risolto anche per le scorie radioattive, di cui nessun paese al mondo fino ad ora ha risolto il problema dello smaltimento in sicurezza. Così le aree delle centrali restano contaminate per tempi lunghissimi. Questo la dice lunga sul rapporto che si verrebbe a stabilire con le future generazioni che verrebbero condannate a convivere per centinaia, migliaia di anni con gli effetti delle scorie e delle aree contaminate.

Il nucleare è una scelta sbagliata, che non darebbe neppure energia elettrica a costi inferiori come promettono a vanvera i nuclearisti.

Occorre fermare questa scelta. Il referendum può essere l’occasione per farlo a condizione che proceda la costruzione di un fronte ampio e unitario, proseguendo il lavoro fin qui fatto. L’Italia dei valori ha promosso il referendum, tuttavia ora riconosce che occorre una dimensione molto più ampia e diversa da quella originale immaginata, al punto da chiedere contributi al Comitato per il SI e da offrirgli sostegno proprio perché raggruppa tutte le altre forze interessate a fare prevalere il Si per fermare il nucleare. Ognuno con le sue forze, caratteristiche, originalità. Tutti insieme per arrivare al difficile quorum del 50 % più 1 di votanti e per fare prevalere la cancellazione di questa legge irresponsabile che il Governo ha voluto ad ogni costo. Matteoli ha affermato che se si aspettano le Regioni le centrali nucleari non si faranno mai. Ha ragione. Per questo il Governo ha cercato di escludere le Regioni dal persorso, ma ora la Corte Costituzionale ha reintrodotto l’obbligo di acquisire il loro parere, anche a parziale correzione delle forzature istituzionali contenute nella legge 99/2009 che arriva alla militarizzazione dei siti prescelti e a tagliare fuori i Comuni e le popolazioni interessate da qualunque diritto di espressione.

Fare il quorum e fare vincere il Si al referendum è assolutamente necessario, insieme alla vittoria per garantire l’acqua bene pubblico, del resto si votano tutti i referendum lo stesso giorno.


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domenica 27 marzo 2011

ECOLOGIA: Fukushima. L'errore dei media che tolgono i riflet...


GIAPPONE: MARE RADIOATTIVO A FUKUSHIMA,
1250 VOLTE OLTRE LIMITE


ECOLOGIA: Fukushima. L'errore dei media che tolgono i riflet...: "Fukushima. L'errore dei media che tolgono i riflettori sul Giappone mentre il livello d'allarme sale ed i danni sono infiniti GIAPPONE: MAR..."


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giovedì 2 dicembre 2010

Bossi, un mare di bugie




Bossi, un mare di bugie

Aveva negato di essere stato iscritto al Pci. Aveva escluso che il figlio prendesse soldi dalle Coop padane. Aveva smentito gli affari poco limpidi del partito. Un libro-inchiesta rivela: era tutto vero


Si intitola "Umberto Magno, l'imperatore della Padania" la biografia non autorizzata del leader della Lega Nord che uscirà in libreria il 3 dicembre per Aliberti (480 pagine). E' un'accurata inchiesta di Leonardo Facco, giornalista che ha conosciuto la Lega (e Bossi) da molto vicino, avendo tra l'altro lavorato per quattro anni al quotidiano "la Padania". L'autore parte dagli "albori della Lega", quando un giovanotto della provincia di Varese senza un lavoro riesce a coagulare attorno all'idea autonomista – non senza screzi e fatti poco chiari – prima alcune decine di amici, poi centinaia e infine migliaia di persone pronte a dare il loro consenso a un progetto politico sempre in bilico tra il federalismo e la secessione Bossi è la Lega e la Lega è Bossi, secondo Facco, anche oggi, nonostante la malattia abbia ridotto il senatùr all'ombra di quel personaggio movimentista del passato recente.

Per dimostrarlo, l'autore racconta fatti, episodi, ricordi personali, con tanto di documentazione (sono quasi 400 le note bibliografiche). «Bossi», sostiene l'autore, «è il responsabile principale della trasformazione della Lega in un soggetto politico partitocratico, dove agli scandali si uniscono le truffe perpetrate ai danni, in primis, dei militanti e simpatizzanti.

I crac delle Cooperative Padane, del Villaggio in Croazia e della banca padana rappresentano l'epitome del modo di fare politica del "lumbard", circondato da sempre di yes-men (and women) in carriera». Nel libro ci sono diversi fatti inediti, mai conosciuti e-o raccontati: dalla strana busta paga del figlio primogenito a spese dei militanti ignari, fino alla famosa questione della militanza comunista del giovane Umberto: da lui sempre negata, ma ora provata da un documento scoperto in una vecchia sezione del Pci. E poi si va dai tempi in cui elogiava "Mani pulite" alla sequela di condanne penali incassate dai leghisti odierni.

Un capitolo, infine, è dedicato alla vita privata di Bossi che «ama la famiglia tradizionale» ma, secondo l'inchiesta di Facco, non sembra negarsi svaghi al di fuori di essa.

«E' un'inchiesta che dovevo a me stesso perché ho un passato da leghista, ho creduto in questo movimento e sono stato anche sul Po, alla metà degli anni '90», dice l'autore. «Era giusto scrivere questo libro adesso, in cui la Lega si sente particolarmente forte e pensa di fare il pieno di voti. Bisogna che tutti gli elettori sappiano chi è il padrone del partito che pensano di votare: un cialtrone, né più né meno».


http://espresso.repubblica.it/dettaglio/bossi-un-mare-di-bugie/2139584

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lunedì 31 maggio 2010

GAZA , ASSALTO IN MARE

Sono 19 le vittime dell'incursione israeliana a bordo di una delle navi della flotta umanitaria diretta nella Striscia. Il presidente dell'Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, Abu Mazen, ha dichiarato tre giorni di lutto nei Territori e nei campi di profughi palestinesi nei paesi arabi vicini in memoria delle vittime dell'assalto israeliano

QUA IL LINK PER LE ULTIME NOTIZIE ...
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giovedì 20 agosto 2009

Burkini in piscina, i bagnanti protestano


Burkini al mare, i bagnanti protestano



Durante la Belle Epoque a Cannes fino ai primi del '900,
 le donne si bagnavano come oggi si bagnano le islamiche.
Ricordo negli anni '70 sempre a Cannes i gendarmi multavano
 le signore che in spiaggia portavano il bikini (multarono anche Brigitte Bardot, nella foto) ...
Insomma ho l'impressione che stiamo trasformando in guerra di religione una semplice manifestazione di costume da bagno fuori moda...

MA FINO A 50 ANNI FA ANCHE IN EUROPA IL COSTUME DA BAGNO ERA COSì









LE DONNE DI ALTRA CULTURA FANNO IL BAGNO AL MARE IN BURKINI ma non ci soffermiamo sulla nostra depravazione pubblicitaria dove la donna viene usata come l'oggetto del desiderio. STRANA GENTE GLI OCCIDENTALI, ma di che valori primari parliamo.FINO A 30 ANNI FA ANCHE IN EUROPA IL COSTUME DA BAGNO ERA COSì




Burkini in piscina, i bagnanti protestano


Si chiama burkini, l’ha lanciato una stilista di Sydney dal nome arabo e cognome italiano, Aheda Zanetti, e sta diventando il casus belli di Ferragosto, più del divieto dei matrimoni con clandestini e delle inenarrabili condizioni dei detenuti nei Cie o nelle patrie galere. Ovvio, dato che si tratta di un oggetto balneare, un costume per donne musulmane che copre tutto il corpo, esclusi viso, mani e piedi, e che rischia, però, di non essere «balneabile». A Verona, la città che ha eletto con il 61% di preferenze un sindaco incriminato e poi definitivamente condannato per propaganda razzista, il direttore del centro natatorio comunale «Santini» ha chiesto a una donna in burkini di comunicargli la composizione del tessuto del suo costume, che potrebbe non essere «regolare».
Secondo le dichiarazioni dello stesso direttore, sarebbero state le lamentele di alcune madri, i cui bambini si sarebbero spaventati alla vista di una bagnante così coperta, a convincerlo ad intervenire. La signora in burkini aveva già fatto il bagno in quella piscina, dove accompagnava i suoi tre figli, almeno altre due volte prima della fatidica domanda. Della donna e dei suoi tre bambini si sa soltanto che non sono più tornati al centro sportivo: «E questo ci dispiace molto – dice Silva Polo, responsabile delle piscine comunali – anche perché, se la signora mi avesse chiamato, le avrei spiegato che non c’è nessun problema. Solo una situazione nuova che ha creato un po’ di scompiglio, le novità sono prese come una stranezza». Nessuna discriminazione, quindi, e nessuna limitazione, solo «la preoccupazione delle mamme per i loro bambini. Tra l’altro – sottolinea la dirigente comunale – la vicenda risale almeno a un paio di mesi fa e non capisco perché il caso sia scoppiato proprio ora».
La spiegazione non è difficile, basta pensare a quanto accaduto qualche giorno fa a Emerainville, nella banlieue della democraticissima Parigi, dove un bagnino ha vietato a Carole, trentacinquenne convertita all’Islam, e dunque in burkini, di immergersi in acqua. Il caso veronese creerebbe un «illustre» precedente. Ma, se in città ferve la «discussione tecnica» su quanti batteri siano imputabili al burkini e quanti alle braghette da bagno dei ragazzini che si buttano in piscina dopo aver magari giocato a pallone, sulla rete, nei blog e nelle mailing list, il dibattito è serratissimo. Qui i partiti sono tanti (e confusi): c’è chi se la prende con le «mamme» della piscina veronese, accusate di essere razziste e xenofobe perché, invece di spiegare ai figli le differenze fra culture, protestano per il burkini, c’è chi inneggia alla libertà assoluta, topless o burkini che differenza fa, basta che le regole igieniche siano salve, chi vuole usare l’«occhio per occhio, dente per dente», se le donne occidentali non possono fare il bagno in bikini a Dubai, neanche le musulmane possono farlo qui in burkini, chi si indigna, le femministe che se la prendono con la «falsa tolleranza» di chi ammette veli e burkini, simbolo della sottomissione delle donne ai maschi della famiglia, chi è furibondo, i libertari, che denunciano i pericoli della longa manus delle religioni sulla vita della gente, e i leghisti, che temono «l’islamizzazione» in un futuro molto prossimo.
Forse il pragmatico equilibrio anglosassone potrebbe rivelarsi il male minore. Al centro sportivo di Croydon ci sono speciali sessioni natatorie per musulmani. In giorni e ore stabilite uomini e donne nuotano separati, i maschi in costume al ginocchio, le donne con il burkini. Obbligatorio per tutte, anche per le inglesi. Il che ovviamente ha scatenato, anche là, una ridda di polemiche sull’integrazione e sulla presunta «islamizzazione» della società inglese.


Siccome vedo che tutti sono convinti che tutte le donne dei paesi arabi portino il burka ecco uno schema che spega che solo in pochissimi paesi le donne sono in gran maggioranza coperte , nella maggioranza dei paesi hanno solo un foulard in testa in altri , la metà delle donne copre solo i capelli .

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