Formigoni dimissioni e subito al voto
Nicoli Cristiani sorpreso con la mazzetta in casa per una vicenda legata a cave di amianto e a pezzi di autostrada costruiti con rifiuti proibiti. Per arrivare a Nicole Minetti indagata per induzione alla prostituzione, senza dimenticare le pericolose commistioni nel crack del San Raffaele.
L’ultimo caso dell’ex assessore, membro dell’ufficio di presidenza Massimo Ponzoni, arrestato per bancarotta, corruzione, concussione e finanziamento illecito è la goccia che fa traboccare il vaso. Sullo sfondo legami con la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta del nord.
LeG chiede nuovamente, con forza, che si torni alle elezioni, per ridare la parola ai cittadini. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.
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“Alle elezioni regionali del 2015, non mi ricandiderò: sono al 16esimo anno, completerò questa legislatura e poi ragioneremo insieme se ci saranno altri incarichi. Sono a disposizione del mio partito”. E’ quanto ha detto stamani il presidente della Regione Lombardia Formigoni. “Sono molto soddisfatto di quello che ho potuto fare in questi anni – ha aggiunto – cioè modernizzare la Lombardia e di portarla al livello dei migliori Stati europei. Non ambisco ad altro”. Il Governatore ha anche detto che è stato un errore ricandidare Nicoli Cristiani e Ponzoni, coinvolti nelle inchieste per corruzione.
L’INCHIESTA SU PONZONI. Libri e abiti pesanti. Sono queste le prime richieste dal carcere dell’ex assessore regionale lombardo del Pdl Massimo Ponzoni, che martedì mattina si è costituito in seguito all’ordinanza del gip di Monza Maria Rosaria Correra nell’ambito di un’inchiesta per corruzione, concussione e bancarotta nata dal crac della società Il Pellicano. L’ex coordinatore locale del Pdl è «provato, ma sereno e combattivo», così lo descrivono i suoi avvocati Sergio Spagnolo e Luca Ricci che gli hanno fatto visita e ai quali ha chiesto degli abiti pesanti perché ha freddo. Ha anche chiesto dei libri.
L’ex assessore è molto vicino a Roberto Formigoni, il governatore della Regione più importante d’Italia del quale i mantovani non dimenticano una frase pronunciata nel 2010 quando il Comune passò al centrodestra dopo 65 anni di amministrazioni di centrosinistra: “Bentornati in Lombardia”.
Ponzoni è pronto a rispondere alle domande del giudice che domani mattina lo interrogherà. Intanto il giudice Correra ha interrogato le altre quattro persone arrestate lunedì su richiesta dei pm Walter Mapelli, Giordano Baggio e Donata Costa. In mattinata è stato sentito Antonino Brambilla, vice presidente e assessore della Provincia di Monza e Brianza (cariche da cui si è dimesso) che si è difeso dalle accuse contestate. Ha poi risposto alle domande del gip anche l’imprenditore bergamasco Filippo Duzioni, i cui legami con il mondo politico, oltre che imprenditoriale, non lo relegano a «un piano subordinato rispetto a Ponzoni. Anzi», si legge nelle carte.
Proprio l’imprenditore, come scritto nell’ ordinanza, «nella prospettiva di una mancata rielezione di Ponzoni, si attivava presso i vertici del Pdl per sponsorizzare il nome di un candidato sostituto, a conferma dell’assoluta fungibilità dei politici asserviti ai suoi interessi». Tra le duecento pagine del provvedimento il gip trova anche spazio per ricordare che Duzioni «è evasore totale quantomeno dal 2004».
500MILA EURO NASCOSTI NELLE TUBATURE. Sono stati ascoltati Franco Riva ex sindaco e assessore all’urbanistica del Comune di Giussano, e l’ex assessore della provincia di Monza e Brianza Rosario Perri, entrambi ai domiciliari. Proprio l’influenza di Perri, osserva il giudice Correra, «non discende certo dalla carica di direttore dell’ufficio tecnico di Desio ricoperta per lungo tempo, ma dai discoperti contatti con esponenti del clan Moscato» il quale, nel 2005, avrebbe convogliato voti anche su Ponzoni. Il magistrato richiama poi i 500mila euro in contanti che nell’aprile del 2009 sarebbero stati nascosti nelle tubature della sua abitazione. A fare menzione del denaro sarebbe stato lo stesso Perri, intercettato nell’ambito dell’inchiesta allora condotta dalla Dda milanese. Perri faceva riferimento anche a un conto cifrato in Svizzera.
Il sospetto è che quella somma sia stata costituita, almeno in parte, con l’illecita contropartita riconosciuta a Perri (dallo stesso Ponzoni o da Ponzoni e taluno degli altri soggetti beneficiati) per gli atti contrari mantenuti in relazione al PGT di Desio appena licenziato. Il magistrato sottolinea la «prossimità temporale» tra la detenzione illecita e gli atti amministrativi trattati. Siamo nel 2009. Proprio alla fine di quell’anno nell’ambito dell’ inchiesta sul fallimento della società Il Pellicano, nel corso di una perquisizione, veniva trovata dagli inquirenti la lettera-testamento di Sergio Pennati, l’ex socio e uomo di fiducia di Ponzoni, in cui il ragioniere metteva nero su bianco le «malefatte» dell’ex assessore regionale lombardo del Pdl.
LEGATO ALLA ‘NDRANGHETA. Ponzoni si è dimesso dalla carica di segretario della Presidenza del Consiglio della Regione Lombardia. Dall’ordinanza del gip, emergono nuovi particolari di quel «radicato e diffuso sistema di illegalità – si legge nell’ordinanza – che presenta, come dato comune, l’asservimento della funzione pubblica all’ interesse privato». Un «contesto affaristico» non solo fatto, secondo la ricostruzione di presunte mazzette,«voti comprati», appoggi per scalate all’interno delle amministrazioni locali in cambio di interventi sui piani di governo del territorio, ma anche legato con un filo alla ’ndrangheta e che ha portato a iscrivere nel registro degli indagati, accanto a Ponzoni, oltre venti persone, tra suoi parenti, imprenditori, commercialisti e pubblici ufficiali.
LA SQUADRA. Tra i particolari rilevati dal giudice c’è il fatto che Ponzoni, capo di quella «squadra – sono sue parole intercettate – che comincia a funzionare alla grande», sarebbe stato «solo sporadicamente interessato agli impegni istituzionali della carica ricoperta o a riunioni di lavoro». In realtà, annota ancora il giudice, sarebbe stato «completamente assorbito in una molteplicità di affari, principalmente nel campo delle speculazioni immobiliari, ma non solo».
COCAINA E VIAGGI DEL GOVERNATORE. C’è anche «la sua dedizione al consumo di droga», la «cocaina», a cui si aggiungono i «costi del lusso», è scritto sempre nell’ ordinanza, per cui era necessario «procurarsi liquidità». Necessità, questa, che l’avrebbe portato a commettere «fatti corruttivi», e per la quale sarebbero state «strumentali (…) anche le condotte distrattive poste in essere nella gestione delle società» poi fallite o a lui riconducibili. Società svuotate, per l’accusa, per comprare voti o finanziare la sue campagne elettorali. E poi per pagare «noleggi di barche» e anche «viaggi esotici» al Governatore della Lombardia Roberto Formigoni fino ad arrivare agli oltre 13 mila euro pagati da il Pellicano alla pasticceria Cova di via Montenapoleone, a Milano, o ai 62.400 euro versati a un ’centro studi arredamenti« della Brianza.
L’APPELLO DI LIBERTA’ E GIUSTIZIA. LeG chiede di nuovo che si torni alle elezioni. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.L’appello sta ricevendo migliaia di adesioni. Ecco il testo:
Già nello scorso dicembre Libertà e Giustizia aveva chiesto le dimissioni di Formigoni, della Giunta, del Consiglio a fronte dei gravissimi fatti commessi da esponenti di rilievo. A partire da Filippo Penati che ancora siede nei banchi del consiglio regionale all’ex vice presidente Nicoli Cristiani sorpreso con la mazzetta in casa per una vicenda legata a cave di amianto e a pezzi di autostrada costruiti con rifiuti proibiti. Per arrivare a Nicole Minetti indagata per induzione alla prostituzione, senza dimenticare le pericolose commistioni nel crack del San Raffaele. L’ultimo caso dell’ex assessore, membro dell’ufficio di presidenza, Massimo Ponzoni, arrestato per bancarotta, corruzione, concussione e finanziamento illecito è la goccia che fa traboccare il vaso. Sullo sfondo legami con la criminalità organizzata, la ‘ndrangheta del nord. LeG chiede nuovamente, con forza, che si torni alle elezioni, per ridare la parola ai cittadini. Formigoni non può continuare a trincerarsi dietro il “Io non sapevo” gridando al complotto politico. Lui è il responsabile della regione Lombardia e di tutta la ciurma. Si assuma le sue responsabilità invece di cercare una penosa via d’uscita sulla scialuppa di salvataggio.
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