La battaglia di Seattle
Pierluigi Sullo
Qualche giorno fa, con mia sorpresa, ho visto che Sky [la tv satellitare] trasmetteva un film intitolato «La battaglia di Seattle». Il film poteva vantare nel cast attori assai noti, come Charlize Theron e Ray Lotta, e raccontava le giornate della Wto, nella città statunitense, di dieci anni fa: la ricorrenza è in questi giorni. Film un po’ ingenuo, però ben fatto e soprattutto certo delle ragioni dei manifestanti. Fu allora che il mondo scoprì come l’Organizzazione mondiale del commercio e altre istituzioni internazionali decidevano per nostro conto senza nemmeno dircelo. E lo scoprì grazie a un movimento nuovo nel modo di esprimersi, di organizzarsi, di tenere insieme le sue differenze. Era l’annuncio del nuovo secolo, che si sarebbe aperto con il Forum sociale mondiale di Porto Alegre, con il G8 di Genova e con il movimento globale contro la guerra.
Guardando il film, quei tempi mi sono sembrati lontanissimi: i movimenti di allora hanno rapidamente mutato natura, come il virus dell’H1N1, e si fa fatica a riconoscerne le tracce. Genova, poi, ha rappresentato, per il movimento del nuovo secolo, quel che Piazza Fontana è stata per il ’68: la perdita dell’innocenza, come ha detto qualcuno. Non bastava dire le cose giuste, per cambiare il mondo: il potere reagisce, ed è violento. Però se abbiamo un grande movimento dell’acqua e per i beni comuni, una diffusione enorme di focolai di economia sociale, movimenti cittadini di resistenza alle aggressioni dello «sviluppo» al territorio e di sperimentazione neo-democratica, una trama «clandestina» che si oppone al razzismo, se abbiamo tutto questo, cioè una speranza, lo dobbiamo a quelli che a Seattle, nel 1999, cominciarono a dire che un altro mondo è possibile.
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