venerdì 11 dicembre 2009
Perché abbiamo lasciato le nostre terre e siamo venuti a Copenhagen...
Perché abbiamo lasciato le nostre terre e siamo venuti a Copenhagen
Henry Saragih Via Campesina
Pubblichiamo il discorso di Henry Saragih, coordinatore generale di Via Campesina, all'apertura di Klimaforum, organizzato dalla società civile a Copenaghen in concomitanza con il vertice sul clima.
Noi, il movimento contadino internazionale La Via Campesina, veniamo a Copenhagen da tutti e cinque gli angoli del mondo, lasciando i nostri terreni agricoli, i nostri animali, le nostre foreste, e anche le nostre famiglie nei villaggi.
Perché è così importante per noi, arrivati a questo punto?
Ci sono un certo numero di ragioni. In primo luogo, il cambiamento climatico ci colpisce già gravemente. Porta inondazioni, siccità ed epidemie, che sono alla base di cattivi raccolti. Questi cattivi raccolti non dipendono dagli agricoltori. Al contrario, è chi inquina ad aver causato le emissioni che distruggono i cicli naturali. Così, i piccoli agricoltori sono venuti qui per dire che non pagheranno per gli errori di chi inquina.
Agli inquinatori chiediamo di affrontare le proprie responsabilità. Dati recenti mostrano chiaramente che l’agricoltura industriale e il sistema alimentare globalizzato sono responsabili per una percentuale tra il 44 e il 57 per cento del totale delle emissioni di gas serra a livello mondiale. Ciò significa che il nostro sistema alimentare è un grande agente inquinante. La domanda a cui dobbiamo rispondere ora è: come possiamo risolvere il caos climatico e la fame, e assicurare una vita migliore per gli agricoltori, quando il settore agricolo sta contribuendo a più della metà del totale delle emissioni?
Noi crediamo che alla radice del problema ci sia il modello industriale di agricoltura e agroalimentare, dato che le percentuali menzionate in precedenza provengono dalla deforestazione e dalla conversione delle foreste in piantagioni di monocolture, entrambe effettuate da Corporations dell’Agribusiness e non da parte dei piccoli agricoltori.
Le grosse emissioni di metano da parte dell’agricoltura sono anche dovute all’uso di urea, un fertilizzante petrolchimico diffuso con la «rivoluzione verde» e sostenuto dalla Banca mondiale.
Allo stesso tempo, la liberalizzazione del commercio agricolo promosso dagli accordi di libero scambio e dall’Organizzazione mondiale del commercio contribuisce alle emissioni di gas e all’effetto serra a causa della trasformazione dei prodotti alimentari e del trasporto del cibo in tutto il mondo.
Se vogliamo veramente affrontare la crisi dei cambiamenti climatici, l’unico modo che abbiamo è fermare l’agricoltura industriale, la quale non solo ha fortemente contribuito alla crisi climatica, ma ha anche massacrato i piccoli agricoltori del mondo. Milioni di contadini, uomini e donne provenienti da tutto il mondo, sono stati cacciati dalle loro terre. Milioni di altri subiscono violenze ogni anno a causa di conflitti per la terra in Africa, Asia e America Latina.
Porre fine all’agricoltura industriale è l’unica strada che possiamo percorrere. Prendendo l’agricoltura dalla grandi multinazionali agro-alimentare e mettendola nelle mani dei piccoli agricoltori, siamo in grado di ridurre della metà le emissioni globali di gas serra. Questo è ciò che ci proponiamo, e che chiamiamo Sovranità alimentare. E per raggiungere questo obbiettivo abbiamo bisogno di movimenti sociali che lavorino e lottino insieme per porre fine alle false soluzioni che sono oggi sul tavolo dei negoziati sul clima.
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