Il Nord Est come Rosarno
La denuncia della Cgil di Padova: «Immigrati sfruttati e sottopagati lavorano di 12 -14 ore al giorno per pochi euro, senza contratto o con contratti che non vengono rispettati. Una realtà, questa, che non è solo di Rosarno: è diffusa in modo regolare su tutto il territorio nazionale»
«Anche chi ha un contratto, in realtà viene pagato 3-4 euro l’ora. Molti vengono picchiati, altri hanno preferito tornarsene a casa». Immigrati sfruttati e sottopagati che lavorano 12, 14 ore al giorno per pochi euro, senza contratto o con contratti che, nella prassi, non vengono rispettati. Una realtà, questa, che non è solo quella di Rosarno ma purtroppo è diffusa in modo regolare su tutto il territorio nazionale».
Non fa eccezione il nord est, l’area più ricca del nostro paese. Solo in Veneto, di stranieri, comunitari e non, ce ne sono 36 mila, occupati a tempo determinato. Si tratta di quelli «regolari», quindi della punta dell’iceberg. La nazionalità più rappresentata è quella romena.
Gran parte di questi stranieri lavorano nel settore agricolo, quello, secondo la Cgil, dove lo sfruttamento è più intenso e spietato. Spiega Alessandra Stivali, responsabile del dipartimento immigrazione della Cgil di Padova, che «le condizioni degli immigrati in agricoltura, soprattutto nelle coltivazioni più diffuse, quelle di patate e radicchio, sono drammatiche e purtroppo sconosciute. Spesso si tratta di lavoratori in nero, con salari da fame. Seguiamo ancora il caso di un ragazzo marocchino che era stato assunto in un’azienda agricola: era obbligato a lavorare dodici ore al giorno, veniva pagato 4 euro all’ora e viveva nella stalla. Maltrattato e picchiato. Lui ha avuto coraggio: ha denunciato il datore di lavoro».
Si tratta, per la sindacalista, di una situazione simile in tutto e per tutto a quella di Rosarno.
«Purtroppo in agricoltura il lavoro nero è diffusissimo – spiega la sindacalista al quotidiano Il Gazzettino – ed è naturalmente difficile quantificarlo. Ma anche per gli oltre 2500 regolari, la situazione non è facile. In molti casi non vengono retribuiti secondo contratto, non percepiscono più di 3 o 4 euro all’ora, dovendo impegnarsi tutta la giornata. Hanno paura di ribellarsi, paura di perdere il permesso di soggiorno. Qualche tempo fa una ragazza romena, assunta in un’azienda agricola padovana, è scappata. Stava nell’acqua 13 ore al giorno a coltivare radicchio. Le mani corrose, una condizione disumana. Il problema è che quello dell’agricoltura è un mondo difficile da controllare anche per la molteplicità di piccole aziende che lo compongono e che non producono tutto l’anno. E con i venti di crisi attuali, la situazione è ulteriormente peggiorata: orario ridotto a condizioni disperate».
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