Inceneritori siciliani, l'affare del secolo
Infiltrazioni mafiose nell'«affare del secolo», quello degli inceneritori siciliani, sui quali sta indagando la Procura di Palermo. Tra le persone «informate sui fatti», il presidente della regione Raffaele Lombardo.
«La mafia si è infilata in un sistema che le avrebbe consentito un affare che avrebbe fruttato, chi dice cinque, chi dice sette miliardi di euro, e una rendita annua di centinaia di milioni di euro per i prossimi 20-30 anni». Così scrive Raffaele Lombardo, presidente della regione Sicilia, sul suo blog, prima di essere ascoltato ieri in tarda serata dai pm di Palermo come testimone nell’ambito dell’inchiesta sugli inceneritori siciliani.
La miccia è stata un dossier presentato a marzo alla magistratura dall’assessore regionale all’energia Piercarmelo Russo, dove erano state denunciate presunte irregolarità sui progetti di realizzazione degli inceneritori.
Una vicenda che parte da lontano, con le gare d’appalto indette nel 2002 dall’allora commissario straordinario per l’emergenza rifiuti e presidente della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, come si legge in una nota diramata dalla guardia di finanza di Palermo, che ieri ha perquisito le sedi di tutte le Ati, le associazioni temporanee d’impresa, delle società consortili e delle agenzie pubbliche coinvolte nella costruzione degli inceneritori. Una vicenda che portò nel 2007 l’annullamento delle gare da parte della Corte di giustizia europea, a causa della scarsa pubblicità data ai bandi e all´errato sistema adottato: la concessione al posto del’appalto.
I quattro inceneritori, previsti dal piano rifiuti regionale, finiti sotto inchiesta sono quello di Bellolampo [Palermo], Casteltermini [Agrigento], Paternò [Catania] e Augusta [Siracusa]. Ad aggiudicarsi l’appalto furono quattro raggruppamenti di imprese: la Pea di cui faceva parte la Safab, poi coinvolta in un’inchiesta di corruzione, la Platani Energia Ambiente, la Tifeo e la Sicil Power. Tre Ati erano capeggiate dal gruppo Falck e uno da Waste Italia.
L’indagine, oltre che su presunte infiltrazioni mafiose nell’affare, cerca di far chiarezza sulla regolarità della gara e sull’eventuale esistenza di «accordi di cartello» tra le Ati che, con la compiacenza di funzionari pubblici a cui sarebbero andate tangenti, si sarebbero spartite a tavolino i lavori e poi, dopo la bocciatura europea, avrebbero fatto andare deserte le gare successive per indurre la Regione ad abbandonare la strada del bando pubblico.
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Rifiuti, il governo vuole lo stato di emergenza in Sicilia
Al grido «Realizzare termovalorizzatori o sarà crisi», il presidente della commissione parlamentare d’inchiesta sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, Gaetano Pecorella [Pdl], indica la via maestra per gestire i rifiuti in Sicilia. Per realizzare in tempo più dei quattro inceneritori già previsti dal piano regionale, dice, «è necessaria la dichiarazione dello stato di emergenza e il commissariamento. Altrimenti, senza l’accorciamento delle procedure, si potrebbe verificare una vera situazione di crisi». E consegna la partita alla protezione civile E’ la conclusione della tre giorni della commissione a Palermo, dove Pecorella, avvocato di fiducia del presidente del consiglio Silvio Berlusconi, ha ascoltato fra gli altri il sindaco di Palermo, il presidente dell’Agenzia regionale per le acque e i rifiuti, gli assessori regionali Gaetano Armao e Mario Milone. Non è invece riuscito a incontrare il presidente della Regione, Raffaele Lombardo [Mpa]. «Non vogliamo fare polemiche, ma la commissione si è trattenuta a Palermo per tre giorni e Lombardo non è riuscito a incontrarci», ha detto Pecorella. «Ho fatto presente, per iscritto, al presidente Pecorella, la mia impossibilità a essere presente all’audizione della commissione stessa, programmata a Palermo», ha replicato Lombardo, che forse sarà ascoltato nei prossimi giorni.
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