Sel presenta la proposta
per un reddito minimo garantito!
Sinistra Ecologia Libertà ha presentato a Roma presso la Sala Stampa di Montecitorio la proposta di istituzione del Reddito Minimo Garantito nel nostro Paese. Alla conferenza stampa erano presenti oltre al presidente di Sel Nichi Vendola, il coordinatore della segreteria nazionale Ciccio Ferrara, i capigruppo di Camera e Senato Loredana De Petris e Gennaro Migliore, da Titti Di Salvo e Marco Furfaro.
Una proposta che è il frutto di un lavoro importante e impegnativo realizzato dalla società civile. Essa è stata discussa in decine e decine di assemblee pubbliche ed ha trovato il consenso di oltre 50.00 elettori e di oltre 170 tra associazioni, comitati e forze politiche. Si tratta di una legge di iniziativa popolare che, per ragioni unicamente tecniche, non ha assunto tale veste formale in Parlamento e che i deputati e le deputate di Sinistra Ecologia Libertà condividono e hanno presentato alla Camera. Con quest’ atto vogliamo valorizzare l’importante lavoro di così tante associazioni e cittadini, vogliamo seguire la Costituzione -la via maestra- che richiede il rafforzamento del contributo della società civile e vogliamo rappresentare l’impegno di SEL a favore del reddito minimo garantito. In sede Parlamentare, in occasione della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell’Unione europea del 27 e 28 giugno 2013, Sel ha presentato una risoluzione che chiedeva al Governo di proporre l’introduzione di un sistema continentale di reddito minimo garantito cofinanziato dagli Stati Europei, ricordando che il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa.
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Per un reddito minimo garantito
La presente proposta è il frutto di un lavoro importante e impegnativo realizzato dalla società civile. Essa è stata discussa in decine e decine di assemblee pubbliche ed ha trovato il consenso di oltre 50.00 elettori e di oltre 170 tra associazioni, comitati e forze politiche. Si tratta di una legge di iniziativa popolare che, per ragioni unicamente tecniche, non ha assunto tale veste formale in Parlamento e che i deputati e le deputate di Sinistra Ecologia Libertà condividono e presentano oggi alla Camera. Con questo atto vogliamo valorizzare l’importante lavoro di così tante associazioni e cittadini, vogliamo seguire la Costituzione -la via maestra- che richiede il rafforzamento del contributo della società civile e vogliamo rappresentare l’impegno di SEL a favore del reddito minimo garantito. In sede Parlamentare, in occasione della discussione sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell’Unione europea del 27 e 28 giugno 2013, abbiamo presentato una risoluzione che chiedeva al Governo di proporre l’introduzione di un sistema continentale di reddito minimo garantito cofinanziato dagli Stati Europei, ricordando che il 21 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul «reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa». Siamo convinti che, in attuazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (Carta di Nizza), il reddito minimo sia un diritto sociale fondamentale, destinato a fungere da strumento di protezione della dignità della persona e della sua «possibilità di partecipare pienamente alla vita sociale, culturale e politica.
Vi è fin troppo nota per doverla ricordare in questa sede la condizione di profonda crisi in cui tuttora versa la società italiana. Gli ultimi rilevamenti dell’Istat ci hanno restituito ancora una volta un’immagine drammatica: sono 2,8 milioni i lavoratori precari, la disoccupazione è prossima ormai alla soglia inaudita del 12%, con punte che sfiorano il 40% tra i più giovani, tra i disoccupati solo 1 su 4 riesce a trovare un lavoro, sempre più spesso precario, entro un anno (dati Bankitalia, novembre 2011). I furti dei generi di prima necessità nei supermercati sono aumentati del 7,8% nell’ultimo anno (dato tratto dal “Barometro dei furti nella vendita al dettaglio” a cura del Centre for Retail Research, ottobre 2011). Si aggiunga a tutto questo l’emergere di continui scandali nella gestione delle risorse pubbliche (ammonta a 60 miliardi ogni anno il costo della corruzione, secondo la Corte dei Conti), e la perdurante incapacità dei poteri pubblici di agire in modo convincente sul fronte dell’evasione fiscale (l’Agenzia delle Entrate stima l’evasione fiscale in misura pari a 120 miliardi annui). Il mix esplosivo tra crisi economica e impoverimento di massa da un lato, e corruzione e ingiustizie sociali dall’altro, rende sempre meno differibile l’avvio di un’operazione di importante redistribuzione delle risorse.
La presente proposta di legge, istitutiva del reddito minimo garantito, si propone di porre un argine alla spirale di declino che sta avviluppando il Paese in modo sempre più grave. La proposta, modellata sugli schemi di tutela del reddito presenti nella maggior parte dei Paesi europei e rispettosa delle indicazioni in materia del Parlamento europeo, prevede un sostegno ai soggetti disoccupati, precariamente occupati o in cerca di prima occupazione pari a 600 euro mensili, oltre integrazioni in beni e servizi a carico delle Regioni. Il beneficiario del reddito minimo garantito è tenuto ad accettare eventuali proposte di impiego, purché le stesse siano effettivamente compatibili con la carriera lavorativa pregressa del soggetto e con le competenze, formali o informali, in suo possesso. Sono infine previste delle deleghe al Governo per la fissazione di un salario minimo orario e per il riordino degli ammortizzatori sociali e della spesa assistenziale in genere, allo scopo di rendere l’insieme del welfare italiano coerente con la nuova misura di garanzia dei minimi vitali. I proponenti auspicano che da tale iniziativa possa finalmente scaturire per l’Italia una riforma da lungo attesa, adatta a fornire tutela al cittadino nell’epoca della crisi e della così detta “produzione flessibile”. Da troppo tempo il nostro Paese attende che vengano corrette le drammatiche carenze di un sistema di protezione sociale incapace di offrire protezioni adeguate ai soggetti più esposti ai rischi di esclusione sociale: giovani, donne e lavoratrici e lavoratori precari primi fra tutti.
La Commissione europea ci esorta da anni a combattere quella che definisce la “segmentazione“ del nostro mercato del lavoro e ci chiede di adottare in particolare misure in favore del precariato e dei giovani nonché di adottare forme inclusive e universali di indennità di disoccupazione, oltre che efficienti misure di sostegno al reddito. Risale addirittura al 1992 la prima Raccomandazione in questo senso, con la quale veniva chiesto all’Italia di “adottare misure di garanzia a partire dal reddito minimo come elemento qualificante del modello sociale europeo. Il Parlamento europeo ha adottato nell’ottobre del 2010 a larghissima maggioranza una Risoluzione dai toni ancora più netti. E’ noto che in numerosi Stati europei quando si perde il posto di lavoro si ha la possibilità di accedere ad un sussidio di disoccupazione (in Italia solo il 17,2 per cento di disoccupati riesce a farlo, contro il 94,7 per cento dell’Olanda o il 91,8 per cento del Belgio o il 70,9 per cento della Francia o l’80 per cento della Germania) e sappiamo anche che quando questo tipo di misura termina si può ancora avere un sostegno economico quale il reddito minimo garantito. E non si tratta di sostegni simbolici perché l’ammontare medio è pari a circa 600 euro al mese in Belgio, a circa 700 euro in Austria, altrettanti in Irlanda o in Belgio, senza poi menzionare i livelli di tutela offerti dagli ordinamenti scandinavi. E’ noto poi che oltre al sostegno finanziario i nostri concittadini europei in stato di bisogno possono contare sull’accesso alla casa, ai trasporti, alla cultura o alle misure di supporto per la famiglia o per i figli.
Il testo di legge proposto al dibattito parlamentare prende le mosse dalla legge numero 4/2009 della Regione Lazio che seppure solo in via sperimentale, ha introdotto sul territorio di quella regione una misura di reddito garantito dalle caratteristiche fortemente innovative, che molti osservatori hanno salutato con entusiasmo come possibile momento di svolta per le politiche sociali del nostro Paese.
Sulla scia di quanto previsto nella summenzionata legge regionale, e in accordo con le migliori prassi in vigore nei Paesi europei, l’erogazione ha carattere individuale (e non familiare, come molte prestazioni assistenziali del nostro welfare) ed è destinata non soltanto ai soggetti irrevocabilmente esclusi dal mercato del lavoro, bensì anche ai soggetti in cerca di prima occupazione o ai lavoratori precariamente occupati o a basso reddito. La trasformazioni sociali degli ultimi decenni hanno infatti ridimensionato il ruolo del lavoro e della famiglia, baluardi un tempo, rispettivamente, dei diritti di cittadinanza e dell’inclusione sociale in caso di bisogno, e tale mutata condizione rende indispensabile una revisione critica di alcune impostazioni tradizionali della nostra politica assistenziale.
Il carattere individuale dell’erogazione non impedisce un’interferenza con il reddito familiare. Infatti se più sono gli aventi diritto all’interno della famiglia (art. 3, co 4) l’erogazione individuale decresce (e quella complessivamente a disposizione della famiglia aumenta) secondo delle scale di equivalenza comunemente utilizzare dall’Istat per calcolare gli indici di povertà e dunque la situazione di bisogno degli individui.
L’ammontare in termini monetari per un beneficiario singolo è pari a 600 euro mensili, la detta previsione rispetta l’indicazione del Parlamento europeo che ha raccomandato agli Stati membri di prevedere schemi di reddito minimo in misura almeno pari al 60% del reddito mediano. Oltre all’allocazione fissa versata mensilmente la legge prevede di destinare agli aventi diritto – con modalità da stabilire con un regolamento di attuazione – un contributo economico per fronteggiare spese impreviste. L’accesso al così detto reddito indiretto e alle prestazioni del welfare locale è regolamentato dall’art. 5 che mira ad ottenere – con l’introduzione della nuova misura – una complessiva riorganizzazione del sistema di tutele multilivello. La Conferenza unificata Stato-Regioni è la sede istituzionale individuata per la discussione e la realizzazione di un simile obiettivo. La razionalizzazione del sistema della spesa sociale è un fine perseguito anche dall’art. 9 che affida al Governo una delega per il riordino delle principali prestazioni assistenziali erogate dallo Stato, in modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito.
La gestione della misura è stata demandata sul piano amministrativo ai centri per l’impiego, seguendo in ciò la “buona prassi” avviata dalla Regione Lazio nell’esperienza sopra menzionata. I centri per l’impiego hanno la dimensione territoriale ottimale e gli strumenti operativi adeguati per situare l’erogazione del beneficio in una più vasta strategia d’intervento e per, eventualmente, propiziare l’attivazione del beneficiario con proposte acconce di tipo lavorativo o formativo. Si stima inoltre che la misura qui in discussione non sia rivolta in via esclusiva a soggetti irretrattabilmente esclusi dal mondo del lavoro. La procedura amministrativa è strutturata secondo criteri di speditezza, semplificazione, buon andamento; è stabilito che la domanda possa essere presentata anche on line e si postula la rapida capacità del sistema di registrare mutazioni della situazione di fatto del beneficiario che possano comportare di volta in volta un diverso atteggiarsi del diritto al reddito garantito.
La previsione di obblighi più o meno stringenti di attivazione da parte del beneficiario è un punto particolarmente sensibile in qualsiasi legislazione in tema di reddito minimo. Una subordinazione troppo netta del beneficiario alle indicazioni e ai desiderata dell’ente erogatore della misura rischia infatti di porsi in frontale contrasto con gi obiettivi perseguiti dalla legge. Va scongiurata la formazione di un mercato del lavoro destinato a soggetti di serie B, indirizzati verso impieghi di scarsa qualità, dietro minaccia più o meno esplicita di essere privati di ogni residuo sostegno. Le esperienze in Italia dei lavoratori socialmente utili negli anni Novanta, così come quelle del così detto workfare in alcuni Paesi europei hanno dato pessima prova di sé e sono decisamente da non replicare. L’art. 7, co 5 indica dunque a tale riguardo un punto di equilibrio tra contrapposte esigenze, stabilendo che non opera la decadenza dal beneficio nella ipotesi di non congruità della proposta di impiego eventualmente offerta, ove la stessa non tenga conto del salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali in suo possesso certificate dal Centro per l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di competenze. La logica del provvedimento è in definitiva quella di imporre un obbligo di qualità delle proposte di attivazione formulate dai centri per l’impiego.
Completano la proposta di legge, come già accennato, tre deleghe al Governo (artt. 9, 10 e 11) in tema di salario minimo orario, di riordino della spesa assistenziale e di riforma degli ammortizzatori sociali. Ci si propone così di raggiungere una certa coerenza tra i livelli di reddito nei vari momenti della vita lavorativa della persona, con una modulazione coerente delle forme di protezione nei casi di disoccupazione di breve o di lunga durata.
Art. 1. (Istituzione del reddito minimo garantito)
1. Al fine di dare attuazione al diritto fondamentale sancito dall’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e ai principi di cui agli articoli 2, 3, 4 e 38 della Costituzione è istituito il reddito minimo garantito.
2. Il reddito minimo garantito ha lo scopo di contrastare la marginalità, garantire la dignità della persona e favorire la cittadinanza, attraverso l’inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e all’esclusione sociale nonché quale strumento di rafforzamento delle politiche finalizzate al sostegno economico, all’inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro.
3. Le prestazioni del reddito minimo garantito costituiscono livelli essenziali concernenti i diritti sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera m) della Costituzione.
4. Entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge è emanato un regolamento d’attuazione ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Art. 2. (Definizioni)
1. Ai fini di cui alla presente legge si intende per:
a) «reddito minimo garantito»: quell’insieme di forme reddituali dirette ed indirette che mirano ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa; le forme reddituali dirette consistono nell’erogazione di somme di denaro, quelle indirette nell’erogazione di beni e servizi in forma gratuita o agevolata da parte di Stato, Enti territoriali, enti pubblici e privati convenzionati;
b) «centri per l’impiego»: le strutture previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469;
c) «nucleo familiare»: l’insieme delle persone che dividono una medesima abitazione che, indipendentemente dalla composizione anagrafica, formano una relazione di coniugio o del tipo genitore-figlio;
d) «lavoratori autonomi»: i lavoratori che prestano attività lavorativa senza vincoli di subordinazione e che sono titolari di partita IVA;
e) «lavoratori a tempo parziale»: i lavoratori che prestano attività di lavoro subordinato con un orario di lavoro inferiore a quello normale individuato all’articolo 13, comma 1, della legge 24 giugno 1997, n. 196, e successive modificazioni, o l’eventuale minor orario normale fissato dai contratti collettivi.
Art. 3. (Reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito, quanto alla forma reddituale diretta, consiste nella erogazione di un beneficio individuale in denaro pari a 7200 euro l’anno, da corrispondere in importi mensili di 600 euro ciascuno, rivalutate annualmente sulla base degli indici sul costo della vita elaborati dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
2. La persona ammessa a beneficiare del reddito minimo garantito riceve altresì un contributo parziale o integrale per fronteggiare le spese impreviste, secondo i criteri e le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
3. Le somme di cui al comma 1 sono ricalcolate secondo i coefficienti di cui all’allegato A, in ragione del numero dei componenti del nucleo familiare a carico del beneficiario.
4. L’erogazione in denaro del reddito minimo garantito, per ogni nucleo familiare, è pari alla somma di cui al comma 1, maggiorata secondo i coefficienti di cui all’allegato A. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di erogazione in presenza di minorenni o di più aventi diritto all’interno del nucleo familiare, assicurando il principio di pari trattamento tra i coniugi e tra tutti gli aventi diritto.
5. Le prestazioni di cui al comma 1 non sono cumulabili dai soggetti beneficiari con altri trattamenti di sostegno al reddito di natura previdenziale, ivi compresi i trattamenti di cassa integrazione, nonché con gli altri trattamenti assistenziali erogati dallo Stato indicati dell’elenco di cui all’allegato B.
6. Le prestazioni previste dal comma 1 sono personali e non sono cedibili né trasmissibili a terzi.
7. Le funzioni amministrative di cui alla presente legge, tenuto conto dei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, sono attribuite ai centri per l’impiego. La domanda di reddito minimo garantito va presentata al centro per l’impiego del luogo di residenza del richiedente. Il centro per l’impiego acquisisce la documentazione necessaria e provvede nel termine di dieci giorni. In caso di mancata risposta la domanda si intende accolta, fatta salva la facoltà di revoca del beneficio in caso di adozione tardiva del provvedimento di reiezione della domanda. Il regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4 disciplina le modalità di presentazione, anche telematica, delle domande e stabilisce gli ulteriori compiti dei centri per l’impiego.
Art. 4. (Soggetti beneficiari e requisiti)
1. Sono beneficiari del reddito minimo garantito coloro che, al momento della presentazione dell’istanza per l’accesso alle prestazioni di cui all’articolo 3, siano in possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza sul territorio nazionale da almeno ventiquattro mesi;
b) iscrizione alle liste di collocamento dei centri per l’impiego, salvo che si tratti di lavoratori autonomi, di lavoratori a tempo parziale, oppure di lavoratori che hanno subito la sospensione della retribuzione nei casi di aspettativa non retribuita per gravi e documentate ragioni familiari ai sensi dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53;
c) reddito personale imponibile non superiore ad 8 mila euro nell’anno precedente alla presentazione dell’istanza ;
d) reddito del nucleo familiare in cui il soggetto richiedente è inserito non superiore all’ammontare stabilito dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento opera un ragionevole bilanciamento tra il carattere individuale dell’attribuzione e criteri di equità e solidarietà sociale;
e) non aver maturato i requisiti per il trattamento pensionistico;
f) non essere in possesso a livello individuale di un patrimonio mobiliare o immobiliare superiore a quanto stabilito dal regolamento di attuazione di cui all’articolo 1, comma 4. Il regolamento assicura che nella determinazione della soglia patrimoniale oltre la quale si perde il diritto al reddito minimo garantito non si tenga conto della titolarità della casa di prima abitazione, né degli altri beni mobili e immobili necessari alla soddisfazione dei bisogni primari della persona, come indicati dall’art. 5, comma 2.
Art. 5. (Compiti delle regioni e degli enti locali)
1. In sede di Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definite, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida per il riconoscimento e l’erogazione di prestazioni di reddito minimo garantito nelle forme dirette e indirette, ulteriori e aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’art. 3.
2. Le linee di guida di cui al comma 1 stabiliscono le modalità con cui:
a) garantire la circolazione gratuita, previo accordo con gli enti e con i soggetti privati interessati, sulle linee di trasporto pubblico locale e regionale su gomma, rotaia e metropolitane;
b) favorire la fruizione di attività e servizi di carattere culturale, ricreativo o sportivo;
c) contribuire al pagamento delle forniture di pubblici servizi;
d) garantire la gratuità dei libri di testo scolastici;
e) erogare contributi per ridurre l’incidenza del costo dell’affitto sul reddito percepito nei confronti dei soggetti beneficiari di cui all’articolo 4, titolari di contratto di locazione;
f) garantire la gratuità delle prestazioni sanitarie;
g) erogare somme in denaro aggiuntive rispetto a quelle di cui all’articolo 3, tenuto conto delle particolari esigenze di protezione e sostegno nei differenti contesti territoriali.
3. Le regioni che intendono partecipare al raggiungimento degli obiettivi definiti nelle linee guida di cui al comma 1, di concerto con i comuni e gli enti locali, stabiliscono un piano d’azione annuale e un piano d’azione triennale, nel quale definiscono la platea dei beneficiari e il contenuto dei diritti da garantire che eccedono i livelli essenziali di cui all’articolo 3.
Art. 6 (Durata del beneficio e obblighi del beneficiario)
1. Il provvedimento di concessione del reddito minimo garantito ha una durata di dodici mesi. Alla scadenza del periodo indicato il beneficiario che intenda continuare a percepire il reddito minimo garantito è tenuto a ripresentare la domanda al centro per l’impiego competente con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4.
2. Il beneficiario è tenuto a comunicare tempestivamente al centro per l’impiego, con le modalità stabilite dal regolamento d’attuazione di cui all’articolo 1, comma 4, ogni variazione della propria situazione reddituale, lavorativa, familiare o patrimoniale rilevante ai fini dell’erogazione del reddito minimo garantito.
Art. 7 (Sospensione, esclusione e decadenza dalle prestazioni)
1. Nel caso in cui uno dei beneficiari di cui all’articolo 4, comma 1, all’atto della presentazione dell’istanza o nelle successive sue integrazioni, dichiari il falso in ordine anche ad uno solo dei requisiti previsti, l’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 3 è sospesa e il beneficiario medesimo è tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito ed è escluso dalla possibilità di richiedere l’erogazione di tali prestazioni, pur ricorrendone i presupposti, per un periodo doppio di quello nel quale ne abbia indebitamente beneficiato.
2. Il beneficiario decade dal reddito minimo garantito al compimento dell’età di 65 anni ovvero al raggiungimento dell’età pensionabile.
3. La decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 opera nel caso in cui il beneficiario venga assunto con un contratto di lavoro subordinato o parasubordinato, ovvero nel caso in cui lo stesso svolga un’attività lavorativa di natura autonoma, ed in tutti i casi, qualora percepisca un reddito imponibile superiore alla soglia di cui all’articolo 4, comma 1, lettera c).
4. La decadenza opera altresì nel caso in cui il beneficiario rifiuti una proposta di impiego offerta dal centro per l’impiego territorialmente competente.
5. Non opera la decadenza di cui al comma 4 nella ipotesi di non congruità della proposta di impiego, ove la stessa non tenga conto del salario precedentemente percepito dal soggetto interessato, della professionalità acquisita, della formazione ricevuta e del riconoscimento delle competenze formali e informali in suo possesso certificate dal centro per l’impiego territorialmente competente attraverso l’erogazione di un bilancio di competenze.
6. In caso di rifiuto, di sospensione o di decadenza dalle prestazioni di cui all’articolo 3 i centri per l’impiego rendono un provvedimento motivato da notificare all’interessato. Tutte le controversie relative alla presente legge sono esenti da spese.
Art. 8 (Oneri derivanti dal reddito minimo garantito)
1. Il reddito minimo garantito è erogato dall’INPS a seguito di comunicazione del centro per l’impiego competente.
2. A tal fine sono trasferite dal bilancio dello Stato all’INPS le somme necessarie, con conguaglio, alla fine di ogni esercizio, sulla base di specifica rendicontazione.
3. Per il finanziamento del reddito minimo garantito di cui all’articolo 3 è istituito un Fondo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in cui confluiscono dotazioni provenienti dalla fiscalità generale.
Art. 9 (Delega al Governo in materia di riordino della spesa assistenziale)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riordinare la disciplina delle prestazioni assistenziali erogate dallo Stato di cui all’allegato B, in modo da renderle coerenti con l’istituzione del reddito minimo garantito prevista nella presente legge.
Art. 10 (Delega al Governo in materia di ammortizzatori sociali)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a riformare la disciplina degli ammortizzatori sociali, in modo tale da introdurre un sussidio unico di disoccupazione, esteso a tutte le categorie di lavoratori in stato di disoccupazione, indipendentemente dalla tipologia contrattuale di provenienza e dall’anzianità contributiva e assicurativa.
Art. 11 (Delega al Governo in materia di istituzione del salario minimo garantito)
1. Il Governo è delegato, entro il termine di novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, a stabilire le modalità di determinazione del compenso orario minimo applicabile a tutti i rapporti aventi ad oggetto una prestazione lavorativa, inclusi quelli di natura parasubordinata e quelli con contenuto formativo.
2. Il salario base dei lavoratori dipendenti e parasubordinati non può essere determinato in misura tale che il reddito del lavoratore risulti inferiore a quello che risulterebbe dall’applicazione del compenso orario minimo di cui al comma 1.
DA : http://www.sinistraecologialiberta.it/notizie/sel-presenta-la-propostaper-un-reddito-minimo-garantito/
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