La rotta balcanica è chiusa per i profughi ma apertissima per le armi. Infatti molte delle armi e munizioni che uccidono nella guerra in Siria e in Yemen vengono dall’Est Europa. Un flusso per un valore di oltre un miliardo di euro negli ultimi quattro anni.
Ad accendere i riflettori su questa nuova rotta balcanica è un’inchiesta condotta da una squadra di giornalisti del Balkan Investigative Reporting Network (Birn) insieme all‘Organised Crime and Corruption Reporting Project (Occrp).
Migliaia di fucili d’assalto AK-47, mortai, lancia razzi, armi anticarro e mitragliatrici pesanti sono stati fatti arrivare con discrezione nei Paesi della Penisola arabica e in quelli confinanti con la Siria. Di fatto, quella stessa Europa che non vuole l’arrivo di rifugiati sulle sue coste, alimenta le stragi che fanno fuggire queste persone.
L’inchiesta del Birn – durata in anno – incrocia i dati sull’export di armi, i rapporti Onu, i dati aeroportuali e i contratti per la vendita di armi. I carichi di armi e munizioni partono da Bosnia, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Montenegro, Slovacchia, Serbia e Romania.
Dal 2012, da quando il conflitto in Siria si è intensificato, questi otto Paesi hanno approvato contratti di esportazione di armi e munizioni per 1,2 miliardi di euro verso Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi e Turchia. Ufficialmente le armi dovrebbero rimanere in questi 4 paesi, ma di fatto finiscono illegalmente in Siria. Questi paesi infatti sono i principali punti di approvvigionamento di armi per i conflitti in Siria e Yemen.
In passato, Arabia Saudita, Giordania, Emirati Arabi e Turchia non avevano motivo di acquistare armi dall’Est Europa. Il loro eserciti infatti usano armi di fabbricazione occidentale (statunitensi e europee). Ma dal 2012 questi paesi hanno improvvisamente cominciato a interessarsi agli arsenali ex-sovietici e il commercio è aumentato vertiginosamente. Come mai?
Del traffico di armi dai Balcani si sapeva. Ma quello che emerge ora è che alcuni dei Paesi coinvolti nell’esportazione di armi fanno parte dell’Unione Europea, quindi la loro partecipazione a questo flusso è ancora più grave e avviene in violazione di leggi a livello nazionale, comunitario e internazionale.
Le licenze per l’export, indica l’inchiesta, sono state accordate dai governi europei nonostante il timore che le armi potessero finire in mano alle varie fazioni siriane. Eppure il rischio era stato denunciato sia dagli esperti, sia da esponenti dei governi interessati.
Secondo l’inchiesta, il primo grosso carico è partito nel 2012 quando decine di aerei cargo carichi di armi che risalivano al conflitto nella ex Jugoslavia sono decollati dalla Croazia verso la Giordania. L’acquisto era stato concluso da compratori sauditi. Poco dopo alcune di quelle armi furono localizzate in Siria nelle mani delle fazioni armate.
L’uso di armi dell’ex-Jugoslavia nel conflitto siriano era stato denunciato già nel 2013 dal New York Times. E sui social media ci sono innumerevoli video e foto che ritraggono i ribelli siriani mentre usano armi di fabbricazione est-europea (nel video qui sotto, missili di fabbricazione bulgara utilizzati dall’Esercito libero siriano lo scorso giugno).
I giornalisti che hanno condotto l’inchiesta hanno analizzato i dati sui voli e hanno identificato almeno 70 voli cargo che solo l’anno scorso hanno portato armi verso il Medio Oriente. I principali aeroporti di partenza sarebbero Belgrado, Sofia e Bratislava. L’Autorità per l’aviazione serba ha confermato che 49 di questi aerei trasportavano armi.
Dati dell’Unione Europea confermano che aerei bulgari e slovacchi hanno consegnato migliaia di tonnellate di merci “non identificate” ad alcune basi militari in Arabia Saudita e Emirati Arabi a partire dall’estate 2014. Si tratta delle stesse basi menzionate dai giornalisti autori dell’inchiesta.
Le armi e munizioni vengono poi instradate verso la Siria attraverso 2 centri di smistamento segreti in Giordania e Turchia. Qui vengono portate al confine siriano o vengono paracadutate. Sia l’Arabia Saudita, sia la Turchia sono state accusate in passato di appoggiare non solo l’Esercito libero siriano, ma anche gruppi islamici estremisti, come Al Nusra.
Anche gli Stati Uniti, secondo l’inchiesta, hanno acquistato armi nell’Est Europa. Nel dicembre 2015 tre navi cargo cariche di armi e munizioni dell’ex Patto di Varsavia avrebbero lasciato un porto del Mar Nero alla volta del Medio Oriente. Il trasporto era stato commissionato dal SOCOM, il Comando militare statunitense per le operazioni speciali, incaricato di rifornire segretamente di armi i ribelli siriani. Le navi trasportavano 4,700 tonnellate di mitragliatrici, lanciarazzi, armi anticarro, proiettili, granate, razzi ed esplosivi provenienti da da Bulgaria e Romania.
L’industria delle armi serba non riesce a star dietro alle commesse, per stessa ammissione del premier serbo Aleksandar Vucic. Lo scorso giugno Vucic ha dichiarato in una conferenza stampa che il suo paese potrebbe accrescere di molto la produzione di armi senza tuttavia riuscire a soddisfare la domanda, perché “sfortunatamente – ha detto – in molti paesi del mondo si combatte più che mai”.
Secondo gli esperti, le regole europee prescrivono che si dovrebbe fermare il commercio di armi quando c’è il rischio che queste vengano usate per serie violazioni dei diritti umani. Ma il solo paese europeo che finora ha preso una posizione chiara è l’Olanda. Nel marzo scorso l‘Olanda è diventata il primo paese UE a interrompere l’esportazione di armi verso l’Arabia Saudita, in seguito ai massacri compiuti dai sauditi in Yemen.
Ufficialmente la Gran Bretagna e la Francia sono i principali fornitori europei di armi dell’Arabia Saudita e finora nessuno ha messo in discussione questo commercio.
Anche le armi usate dall’ISIS sono in gran parte di fabbricazione occiudentale, ha decunciato nel 2015 un rapporto di Amnesty International. La maggior parte viene dall’arsenale dell’esercito iracheno, rifornito ampiamente da Stati Uniti e Europa fra il 2003 e il 2007. L’arsenale include fucili d’assalto statunitensi M16, fucili austriaci e mitragliatrici belghe. Amnche le armi usate nell’attacco a Charlie Hebdo a Parigi venivano dai Balcani e dall’Est Europa.
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