Nel momento di profonda difficoltà economica che sta attraversando il nostro Paese, ci sembra doveroso dare spazio a una notizia che non ha avuto molta risonanza mediatica e di cui, infatti, la maggioranza degli italiani non è a conoscenza. L’8 aprile 2009 le Commissioni Difesa di Camera e Senato hanno entrambe approvato un progetto chiamato Jsf, cioè Joint Strike Fighter: un programma di riarmo internazionale lanciato dagli Stati Uniti e a cui hanno già aderito diversi Paesi, tra cui l’Italia. Il Governo italiano nel 2009 ha infatti approvato l’acquisto di 131 nuovi caccia bombardieri americani, chiamati F35, per un costo totale di quasi 15 miliardi di euro.
In sede di votazione non si è registrato alcun voto contrario, solo il Pd si è astenuto. Tuttavia la prima intesa per il progetto fu firmata al Pentagono nel 1998 con il governo D’Alema, la seconda nel 2002 con Berlusconi, la terza nel 2007 con Prodi e l’ultima, appunto, nel 2009, di nuovo con il Governo Berlusconi. Come ripetiamo la notizia non è circolata molto nel Paese, sebbene l’acquisto dei suddetti aerei verrà effettuato con i soldi dei cittadini italiani.
La base di assemblaggio dei 131 caccia bombardieri sarà in provincia di Novara, presso la base militare di Cameri, in uno stabilimento apposito che entrerà in funzione nel 2012. I primi aerei saranno pronti invece nel 2013: ogni F35 vale 91 milioni di euro.
Proprio a Novara si è costituito nel 2007 un coordinamento stabile, chiamato “Coordinamento contro gli F35”, cioè un insieme di gruppi, associazioni e organizzazioni anti militariste che si sono unite con lo scopo di opporsi alla costruzione e all’assemblaggio dei 131 caccia bombardieri e che cercano di portare all’attenzione di tutti questa situazione, sensibilizzando l’opinione pubblica. Abbiamo intervistato Oreste Strano, il responsabile di “Coordinamento contro gli F35”.
Come giudica la notevole cifra economica spesa dal Governo italiano per l’acquisto di questi 131 caccia bombardieri in un periodo così difficile, dal punto di vista economico, per l’intero Paese?
"Innanzitutto voglio specificare che l’Italia non ha un progetto solo di acquisto, ma anche di fabbricazione di questi caccia bombardieri. L’Italia ha già investito nel progetto 1028 milioni di dollari. Nella spesa complessiva, tra l’acquisto dei 131 caccia e l’assemblaggio degli altri che saranno venduti in altri Paesi, si tratta di un investimento totale di 16 miliardi di dollari, cioè quasi 15 miliardi di euro. La giudico come una grande contraddizione".
I soldi spesi per finanziare questo progetto militare, infatti, provengono dalle tasche degli italiani: ma dove vanno a finire? Chi è davvero che ci guadagna?
"All’interno della base aerea di Cameri deve essere costruito un capannone che si chiamerà FACO e destinato all’assemblaggio dei vari pezzi di aereo. Questi verranno costruiti in diverse ditte della Finmeccanica, Holding italiana nei settori dell’aeronautica, dell’elicotteristica, dello spazio e della difesa, sparse su tutto il territorio nazionale. Ci sono cioè una serie di fabbriche, legate alla Finmeccanica e dislocate in varie città italiane, da cui arriveranno i vari pezzi degli aerei che saranno poi assemblati a Cameri. Alla ditta Maltauro di Vicenza, invece, hanno dato l’appalto per iniziare a costruire questo capannone: un appalto da 250 milioni di euro per costruire un capannone in un’area demaniale. Praticamente è tutto nelle mani di ditte private ed è davvero una cosa anomala considerando che i soldi ce li mettono gli italiani. Anche per questo riteniamo che la notizia debba circolare nel Paese".
Voi riuscite, come organizzazione che si oppone a questo progetto, a dialogare con i politici? Ad avere un confronto per esprimere le vostre perplessità?
"No, i politici sono tutti trasversalmente d’accordo. Adesso alcuni di loro cominciano a criticare l’eccesso delle spese militari che effettua il nostro Paese. In ogni caso il progetto è stato approvato, che è quello che conta".
Il progetto, tra l’altro, è stato approvato l’8 aprile 2009, cioè due giorni dopo il terremoto che ha distrutto l’Abruzzo. Proprio vari politici dissero che per la ricostruzione sarebbero stati necessari circa 13 miliardi di euro, la stessa cifra che è stata spesa per l’acquisto dei caccia bombardieri. L’Aquila però è ancora in ginocchio… "Noi infatti stiamo raccogliendo delle firme, anche tramite il sito della nostra associazione, nof35, affinché questi soldi siano destinati alla ricostruzione dell’Abruzzo, per il quale hanno detto che mancano i fondi: i fondi, se vogliono, ci sono eccome".
Martina Lacerenza
Fonte : LaVeraCronaca
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