68° anniversario
dell’eccidio delle
Fosse Ardeatine
24 marzo 1944: alle sette della sera la strage è finita.
Non rimane che far saltare in aria la cava e murarne l’ingresso per coprire la terribile verità dei giustiziati. Circa 75 sono ebrei detenuti in base all’ordine generale di rastrellamento e in attesa di essere avviati a un campo di concentramento, molti sono prigionieri politici presi dalle celle di Regina Coeli, altri da via Tasso, altri ancora rastrellati per strada e numerosi sono detenuti per reati comuni, oltre a due ragazzi di 15 anni. «Per la dimensione della strage, le Fosse Ardeatine restano una ferita aperta nella memoria e nei sentimenti della città. Basta guardarsi intorno, grattare la superficie della memoria, e i racconti che ne sgorgano. Roma ne è piena. Furono trucidate trecentotrentacinque persone, che vogliono dire ormai tre generazioni di altrettante famiglie, parenti stretti, parenti lontani; per ognuno, vogliono dire amici, compagni di lavoro, di partito, di sindacato, di scuola, di chiesa, e vicini di casa, di quartiere: il racconto delle Fosse Ardeatine è un seguito di anelli concentrici che si espandono fino a pervadere lo spazio della città. Certo non è né l’unica né la peggiore delle stragi naziste. È, però, l’unica strage “metropolitana” avvenuta in Europa. E non solo perché è l’unica perpetrata entro uno spazio urbano, ma anche perché è l’unica che nell’eterogeneità delle vittime riassuma tutta la complessa stratificazione di una grande città».
Non rimane che far saltare in aria la cava e murarne l’ingresso per coprire la terribile verità dei giustiziati. Circa 75 sono ebrei detenuti in base all’ordine generale di rastrellamento e in attesa di essere avviati a un campo di concentramento, molti sono prigionieri politici presi dalle celle di Regina Coeli, altri da via Tasso, altri ancora rastrellati per strada e numerosi sono detenuti per reati comuni, oltre a due ragazzi di 15 anni. «Per la dimensione della strage, le Fosse Ardeatine restano una ferita aperta nella memoria e nei sentimenti della città. Basta guardarsi intorno, grattare la superficie della memoria, e i racconti che ne sgorgano. Roma ne è piena. Furono trucidate trecentotrentacinque persone, che vogliono dire ormai tre generazioni di altrettante famiglie, parenti stretti, parenti lontani; per ognuno, vogliono dire amici, compagni di lavoro, di partito, di sindacato, di scuola, di chiesa, e vicini di casa, di quartiere: il racconto delle Fosse Ardeatine è un seguito di anelli concentrici che si espandono fino a pervadere lo spazio della città. Certo non è né l’unica né la peggiore delle stragi naziste. È, però, l’unica strage “metropolitana” avvenuta in Europa. E non solo perché è l’unica perpetrata entro uno spazio urbano, ma anche perché è l’unica che nell’eterogeneità delle vittime riassuma tutta la complessa stratificazione di una grande città».
L'eccidio delle Fosse Ardeatine è il massacro compiuto a Roma dalle truppe di occupazione della Germania nazista il 24 marzo 1944, ai danni di 335 civili e militari italiani, come atto di rappresaglia in seguito a un attacco partigiano contro le truppe germaniche avvenuto il giorno prima in via Rasella. Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione.
Le "Fosse Ardeatine", antiche cave di pozzolana situate nei pressi della via Ardeatina, scelte quali luogo dell'esecuzione e per occultare i cadaveri degli uccisi, sono diventate un monumento a ricordo dei fatti e sono oggi visitabili.
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