Ma la cosa che si è capita meglio è stato il seno nudo, le famose tette che, insolitamente paratesi di fronte ai fedeli, hanno causato lo scompiglio generale. Le comiche rassegne di foto della manifestazione, facilmente reperibili online, mostrano i volti degli astanti a metà tra sbigottimento e malcelata lussuria, e l’intervento della gloriosa Arma, i cui esponenti sono sembrati più intenti a nascondere le inopportune tette che a ristabilire l’ordine vero e proprio, ha aggiunto quel dettaglio di colore tutto italiano che ha giustamente reso celebri i nostrani Carabinieri.
Resta da domandarsi chi abbia davvero paura del seno nudo. E la risposta è: molti. E nella Chiesa, soggetto in questione, moltissimi. A partire dal parroco di San Terenzo, ameno borgo ligure fino a poche settimane fa celebre solo per la casa che ospitò Percy e Mary Shelley e per le acciughe sotto sale alla spezzina, finché il suddetto prete non si è prodotto nella constatazione che ha fatto il giro del mondo: le donne, dice il religioso, lo stupro e l’omicidio se lo vanno a cercare esponendo le loro peccaminose membra.
La paura del corpo, in specie di quello femminile, a ben vedere non dovrebbe appartenere a chi si riempie la bocca di Dio, santi e madonne: chi ha infatti creato, viene da domandare alle costumate gerarchie cattoliche, il corpo della donna? E oltretutto l’ha creato nudo. Un messaggio più chiaro di questo neanche le Femen con il loro miglior topless saprebbero diffonderlo. Invece si continua a coprire le tette come in piena Controriforma si mettevano le mutande ai nudi michelangioleschi, facendo semplicemente finta di niente.
La ferocia dei cattolici si abbatte sulle Femen
A Parigi, nel corso delle proteste dei
gruppi radicali omofobi, le femministe hanno contromanifestato con
pacifiche provocazioni. Ricevendo in cambio calci e pugni.
Con la loro consueta messaggistica, le Femen hanno partecipato alle
manifestazioni che si sono svolte lo scorso weekend in tutta la Francia
contro il matrimonio omosessuale. Hanno partecipato, com'è ovvio, a modo
loro. Cioè con le scritte sul torace nudo che accompagnano sempre le
loro proteste.
Quando le Femen hanno esordito, sembravano una compagine di top model ucraine, bionde, belle e snelle come Barbie caucasiche, desiderose più di mostrare le loro sode tette che di protestare veramente contro ciò che merita le proteste. Come associare tutto ciò al femminismo e ai diritti? Ma piano piano, prima con la croce abbattuta a seno nudo, motosega alla mano, poi con il recente trasferimento a Parigi dove hanno aperto un centro femminista, le attiviste dai capezzoli al vento si sono riscattate. Tanto che cominciano a dare fastidio sul serio.
Le ultime manifestazioni organizzate da associazioni cattoliche, come l'istituto Civitas, contrarie all'estensione dei diritti per tutti, hanno visto degenerare gli intenti. I quali già in partenza non erano dei migliori: una protesta contro i diritti altrui, dall'alto della propria posizione privilegiata di buoni cristiani felici e fortunati, dotati della imprescindibile famiglia, non può che negare quel principio evangelico che invece dovrebbe essere tenacemente praticato da quanti hanno preso parte alle proteste, secondo il quale occorre amare il prossimo niente meno che come se stessi. Se non per un auspicabile dovere civico o per rispondere alla propria coscienza di persone umane in mezzo ad altre persone altrettanto umane, i manifestanti dovrebbero quantomeno praticare i principi teologici che hanno animato il loro scendere in piazza. Ma tant'è: nello spazio tra il messaggio di universale fratellanza di Gesù e gli slogan dei suoi seguaci contemporanei, è entrata la violenza. Quella che ha visto le Femen, scomode ospiti non volute della manifestazione antigay, picchiate e spintonate dagli attivisti cattolici.
«Una decina di militanti di Femen», ha raccontato Caroline Fourest, giornalista presente alla manifestazione, «avevano deciso di inscenare una protesta pacifica e ironica, ma quando sono andate verso i manifestanti degli individui le hanno inseguite, erano scatenati. Le ragazze hanno preso botte e colpi in tutte le parti del corpo». Già, il corpo. Il corpo del reato, il mezzobusto femminile nudo tipico delle Femen, faceva stavolta da cassa di risonanza a scritte del tipo «al diavolo la religione», «crediamo nei gay», «occupati del tuo didietro». Quello che deve aver dato molto fastidio, tuttavia, probabilmente è stato il velo da suora che le Femen hanno indossato alla manifestazione. Scritte provocatorie, seno nudo e testa devotamente velata: un'ironia sufficiente per scatenare l'aggressione nei confronti dello scettico o, come in questo caso, della scettica. Perché è proprio la rabbia che suscita una donna seminuda vestita da suora, nell'associazione estremamente provocatoria tra sesso e santità, a spingere gli integralisti religiosi alla violenza: l'unico modo per affermare un'idea sbagliata.
Quando le Femen hanno esordito, sembravano una compagine di top model ucraine, bionde, belle e snelle come Barbie caucasiche, desiderose più di mostrare le loro sode tette che di protestare veramente contro ciò che merita le proteste. Come associare tutto ciò al femminismo e ai diritti? Ma piano piano, prima con la croce abbattuta a seno nudo, motosega alla mano, poi con il recente trasferimento a Parigi dove hanno aperto un centro femminista, le attiviste dai capezzoli al vento si sono riscattate. Tanto che cominciano a dare fastidio sul serio.
Le ultime manifestazioni organizzate da associazioni cattoliche, come l'istituto Civitas, contrarie all'estensione dei diritti per tutti, hanno visto degenerare gli intenti. I quali già in partenza non erano dei migliori: una protesta contro i diritti altrui, dall'alto della propria posizione privilegiata di buoni cristiani felici e fortunati, dotati della imprescindibile famiglia, non può che negare quel principio evangelico che invece dovrebbe essere tenacemente praticato da quanti hanno preso parte alle proteste, secondo il quale occorre amare il prossimo niente meno che come se stessi. Se non per un auspicabile dovere civico o per rispondere alla propria coscienza di persone umane in mezzo ad altre persone altrettanto umane, i manifestanti dovrebbero quantomeno praticare i principi teologici che hanno animato il loro scendere in piazza. Ma tant'è: nello spazio tra il messaggio di universale fratellanza di Gesù e gli slogan dei suoi seguaci contemporanei, è entrata la violenza. Quella che ha visto le Femen, scomode ospiti non volute della manifestazione antigay, picchiate e spintonate dagli attivisti cattolici.
«Una decina di militanti di Femen», ha raccontato Caroline Fourest, giornalista presente alla manifestazione, «avevano deciso di inscenare una protesta pacifica e ironica, ma quando sono andate verso i manifestanti degli individui le hanno inseguite, erano scatenati. Le ragazze hanno preso botte e colpi in tutte le parti del corpo». Già, il corpo. Il corpo del reato, il mezzobusto femminile nudo tipico delle Femen, faceva stavolta da cassa di risonanza a scritte del tipo «al diavolo la religione», «crediamo nei gay», «occupati del tuo didietro». Quello che deve aver dato molto fastidio, tuttavia, probabilmente è stato il velo da suora che le Femen hanno indossato alla manifestazione. Scritte provocatorie, seno nudo e testa devotamente velata: un'ironia sufficiente per scatenare l'aggressione nei confronti dello scettico o, come in questo caso, della scettica. Perché è proprio la rabbia che suscita una donna seminuda vestita da suora, nell'associazione estremamente provocatoria tra sesso e santità, a spingere gli integralisti religiosi alla violenza: l'unico modo per affermare un'idea sbagliata.
Belinda Malaspina
http://cronachelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=47372&typeb=0
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http://femen.org/
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