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mercoledì 5 giugno 2013

Italia : Far soldi con la cultura si può



Italia. Far soldi con la cultura si può, se lo si vuole

Chi lo ha detto che l’Italia è un Paese per forza destinato alla povertà, alla miseria e alla marginalità?
 E soprattutto perchè bisogna competere con altri paesi su terreni per noi ostili quando esiste un campo, quello della cultura, nel quale non abbiamo eguali? Di cultura volendo si potrebbe anche mangiare, volendo…
Di cultura non si mangia. Questa è la clamorosa balla che ci hanno raccontato negli ultimi tempi, cercando di inculcarci una visione del mondo unilaterale nella quale non ci sarebbe spazio per nulla che non sia produttivo o economicamente sostenibile. Tutto ciò che non riguarda direttamente la produzione di beni e di profitto, viene interpretato dal sistema capitalista come un mero orpello, superfluo se non addirittura inutile.
 Una visione questa che si sposa alla perfezione con la situazione di paesi come gli Stati Uniti dove di cultura ne esiste ben poca, e dove, effettivamente, sarebbe ben difficile campare delle vestigia del passato. In Italia come sappiamo il modello capitalista all’americana ha sfondato da diverso tempo, e negli ultimi trent’anni ha avuto modo di dispiegarsi in lungo e in largo, producendo, possiamo dirlo, un arretramento delle condizioni generali di vita della popolazione. Questo però è un altro discorso, qua si vuole parlare di quello che chiameremo il “petrolio italiano”, ovvero quell’incredibile e straordinario patrimonio culturale che possediamo ma che stiamo facendo di tutto per dilapidare. Secondo uno studio relativo al 2011 di Eurostat, solo per fare un esempio, l’Italia è all’ultimo posto in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell’Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l’8,5% a fronte del 10,9% dell’Ue a 27). Un paradosso di proporzioni ciclopiche dal momento che proprio l’Italia e la Grecia sono i due paesi con il maggior patrimonio culturale al mondo.

Ad approcciarsi al problema con un piglio razionale chiunque sarebbe d’accordo nel sostenere che, ogni paese, dovrebbe specializzarsi in ciò che gli conviene. L’Italia e la Grecia non lo stanno facendo dal momento che non sono affatto le mete mondiali predilette dai turisti, cosa che invece dovrebbe essere naturale vista la bellezza incredibile dei due paesi e l’immenso patrimonio culturale di cui dispongono. Come mai allora Atene e Roma non investono nella cultura e raccontano che proprio la cultura non produce ricchezza? Come mai nessuna forza politica pone al centro della discussione un rilancio totale delle strutture turistiche come volano per la ripresa economica? Sembra quasi che siamo destinati, non si sa perchè e per conto di chi, a un futuro di miseria e di lavori precari e sottopagati. Ma per quale motivo gli italiani non possono valorizzare le proprie risorse architettoniche, turistiche e culturali che rappresentano un patrimonio assolutamente unico al mondo? Si obietterà che mancano gli investimenti per farlo, ma per trovare miliardi di euro per comprare gli F-35, le risorse si sono trovate.

 Non tutti i paesi sono uguali, e ci sembra assolutamente incredibile, oltre che deprimente, che la nostra classe politica sia incapace di proporre una ricetta adeguata alla soluzione italiana, rinunciando a priori a valorizzare le proprie risorse per inseguire modelli che poco o nulla hanno a che fare con la nostra cultura. Siamo il Paese più bello del mondo, eppure ci comportiamo come un paese come gli altri, e a questo punto emerge una domanda, Qui Prodest?

Gracchus Babeuf .
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